Cari bergamaschi, è ora di reagire. Occupiamo piazzale degli Alpini

Cari bergamaschi, è ora di reagire. Occupiamo piazzale degli Alpini

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piazzale degli AlpiniI Bergamaschi sono un popolo meraviglioso: parafrasando Pertini. Sono capaci di imprese sensazionali, come abbracciarsi per chilometri lungo le Mura, stabilendo una serie di formidabili record, o incolonnarsi disciplinatamente per ore ed ore per zampettare sul lago d’Iseo. Poi, inspiegabilmente, quando si tratta di situazioni meno creative, quando non c’è di mezzo un Guinness, ma il benessere e la dignità di una città intera, spengono la luce e diventano una matassa grigia. Furetti, se c’è da fare un festone per la Dea o un giovedì danzante, bradipi, se c’è da salvare la faccia. Strana gente, la mia gente: capace di vorticanti piroette tra il civismo talebano e la più infingarda delle ignavie. Voi direte: ma con chi ce l’ha stavolta, il maledetto piantagrane? Fedele alla sua impresa di “mai contèt de negot”, il Cimmino è ostile perfino agli abbraccioni pubblicitari e alle passerelle indomenicate? Ma no, cari compatrioti mesopotamici: gli è che duro fatica a capire come una città, capace di mobilitarsi per una goliardata, non sia, viceversa, capace di farlo quando in gioco c’è l’immagine vera di Bergamo, la sua sicurezza, la sua capacità di accogliere il forestiero sotto la sua veste migliore: e mi riferisco all’intollerabile situazione del piazzale degli alpini.

Sarà che sono un alpino e vedere gli alpini, che hanno sconfitto gelo, guerra e sfortuna, costretti alla resa da un branco di teppisti e di spacciatori, mi rende un filo idrofobo. Sarà che l’idea che casa mia non sia più casa mia mi fa tremendamente incazzare. Sarà che constatare che nessuno muove un dito, perché una malintesa e criminale tolleranza, venata di pelosissimo umanitarismo a vanvera, lega le mani alle forze dell’ordine, sotto la specie di precise indicazioni politiche, a me le mani le fa, invece, prudere. Sarà quel che vi pare, ma, quando uso il termine “intollerabile”, intendo proprio che non si debba più tollerare: intendo che sia ora farla finita una volta per tutte con questa marmaglia che pensa di poter spadroneggiare in un parco pubblico in pieno centro cittadino e proprio sotto gli occhi di chi arriva in treno in città. E, allora, cari Bergamaschi, perché non organizzate un bel presidio in piazzale degli alpini, esattamente come vi siete mobilitati per fare quella gioppinata dell’abbraccio da record? Si crea un bel comitato organizzatore, si ottiene l’appoggio dei media locali, si stampano delle belle magliette con su scritto: “Mi riprendo la mia città” e si occupa in pianta stabile il piazzale per un mese, due mesi, sei mesi, se necessario: si fa, insomma, quello che le istituzioni non si sognano nemmeno di fare. Perché no? Ve lo dico io il perché. Nessun comitato organizzatore super partes si potrebbe creare, perché nessuno vorrebbe passare da razzista, leghista, nazista: abbracciarsi è un conto, ma pretendere sicurezza è un altro paio di maniche, è materia pericolosa di questi tempi.

Quanto ai media locali, sarebbe già tanto se non boicottassero apertamente un’iniziativa del genere: troppo impopolare stare dalla parte del popolo, meglio stare con le élites! Quanto a stampare delle magliette: indossarle potrebbe essere considerato una provocazione, anzi, magari si rischierebbe una multa. A questi chiari di luna, perfino un presidio di cittadini, che vada contro le disposizioni supreme, potrebbe venir perseguito come occupazione abusiva di suolo pubblico: ormai, si è capito che chi dovrebbe difenderci difende quelli da cui dobbiamo difenderci: what else? In questo simpatico giocare a nascondino con il buon senso e la logica, privilegiando a tal punto i ‘circensens’ da dimenticarsi, non si dice il benessere cittadino, ma perfino quel ‘panem’ che, una volta, ai giochi del circo veniva sempre accomunato nella descrizione delle necessità del popolo bue, noi stiamo serenamente affondando di prua, seppure teneramente abbracciati. Perché, se si molla in piazzale degli alpini, si molla dappertutto: lì ci sono le scuole, lì c’è il centro pulsante di questa città, lì ce la giochiamo, quando le ciccione americane sbarcano alla stazione, in cerca di gelati e di scorci per poter esclamare Oh my God! E se rinunciamo a quel pezzo di Bergamo, vuol dire che abbiamo rinunciato a Bergamo tout court.

Eppure non c’è un solo politichetto locale, un amministratore, un oppositore, che getti nella questione un centesimo di quella foga e di quell’entusiasmo che si spende per abbracci, notti bianche, balletti serali e quisquilie consimili. E lo stesso dicasi per gli imbarbariti giovanoidi, tutti contenti di farsi i selfie con la maglietta delle Mura: sembra che stiamo parlando di due città diverse, una da Guinness per gli abbracci e l’altra da Guinness per i calci in culo! Io non vi riconosco più, cari Bergamaschi: è davvero possibile che vediate la nostra città trasformarsi in una città americana, con la zona bene e i quartieri trasformati in ghetti per spostati, senza battere ciglio. Veramente vi importa di più di finire sul giornale per un record di abbracci che per un necrologio o per una rapina? E se toccasse a voi, ai vostri figli, di incappare in una bella rissa lungo viale Papa Giovanni? Allora, immagino, sdegno e dolore. Sdegnatevi un attimino prima, allora: si chiama profilassi. E funziona.

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