Borsa di studio all’assessore, il no del sindaco è da applauso

Borsa di studio all’assessore, il no del sindaco è da applauso

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Valerio Achille Baraldi, sindaco di Ponte San Pietro
Valerio Achille Baraldi, sindaco di Ponte San Pietro

Il più delle volte, la lettura quotidiana dei notiziari ha la capacità di ribaltarmi lo stomaco o di farmi secernere quantitativi atrabiliari fuori scala. Qualche volta, magari, il travaso di bile lascia il posto alla riflessione filosofica: ma vi confesso che accade di rado in una personcina incline più all’invettiva che ai teoremi, com’è il sottoscritto. Rarissime sono le notizie che mi suscitino un po’ di ilarità o, perlomeno, di buonumore. Tra queste, vi segnalo il giro di valzer che si è svolto nei giorni scorsi a Ponte San Pietro, tra due assessori ed il sindaco, a proposito della concessione di una borsa di studio. La fonte è Bergamonews e, in verità, la mia attenzione era stata attirata, più che dal titolo, dalla fotografia di un giovanotto dall’aria seria e perbenino, vestito come i bravi giovanotti si sentono in dovere di fare, in occasioni particolari come matrimoni, cresime o lauree. E, appunto, di laurea pareva trattarsi, visto che il predetto giovanotto appariva incoronato da un ingombrante cespuglio di alloro, che faceva pendant con la sua espressione tra l’attonito ed il sorridente e con un’improbabile giacca pied-de-poule carta da zucchero, di quelle che puoi indossare soltanto in quelle ferali circostanze obbligative. Devo dire che il malcapitato, sbattuto in prima pagina in quella mise tanto poco impaginabile, ha immediatamente suscitato la mia amichevole solidarietà. D’altronde, io non capisco perché, da qualche anno, i poveracci che si portano a casa la sudatissima laurea debbano uscire dalla cerimonia conciati come dei Barabba, con queste siepi ridicole sul crapone: quando mi sono laureato io, si limitavano a tentare di piazzarti costosissime foto dell’evento o di venderti un kit personalizzato di biglietti da visita con su scritto il fatidico “Dott.”. Sia come sia, il tapino, incespugliato e poi spernacchiato dal quarto potere si chiama Matteo Macoli, e pare essere una specie di fenomeno scolastico, dato che asserisce di aver portato a casa una collezione di borse di studio mica da ridere: l’occhiale da studioso ce l’ha e, quanto al resto, non ho ragione di dubitare della sua parola.

Causa della spernacchiatura l’ennesima borsa di studio, concessagli, stavolta, dall’assessore all’istruzione del comune di Ponte San Pietro, Marzio Zirafa. Non ci sarebbe niente di strano, se il Macoli non fosse, lui pure, un assessore del medesimo comune: insomma, mica è proibito concedere una borsa di studio ad un proprio collega e sodale, però, acciderba, non è cosa elegantissima. Infatti, il sindaco di Ponte, Valerio Achille Baraldi, ha pensato bene di fermare la pratica, postulando che la cosa non fosse eticamente opportuna: il che, vi faccio osservare, non si configura precisamente come un complimento. Insomma, il pluripremiato neolaureato se ne va dietro alla lavagna, insieme al responsabile dell’istruzione, a riflettere su ciò che sia opportuno o meno, sulle rive del Brembo. Un bravo al sindaco, che, in un’Italia in cui l’opportunità, tanto etica quanto politica, ha lo stesso valore del due di coppe se la briscola è ori, difende le ragioni del buon gusto e della signorilità: magari fossero altrettanto sensibili all’etica tutti quei politici che insultano, imbrogliano, infrangono ogni comandamento di Dio e dell’uomo e, finché un giudice non li manda in galera, non si schiodano dalla sedia nemmeno con le tenaglie.

Una storiella minima, dunque, ma altamente significativa. Che, tra l’altro, me ne fa venire in mente un’altra di diversi anni fa, passata del tutto sotto silenzio, vuoi per la diversa connotazione politica dei protagonisti, vuoi per l’assenza, all’epoca, di giornalisti spernacchianti: fu quando il direttore di un noto ed illustre istituto di ricerca, tutto sdegno e moralità, assegnò un premio per la miglior ricerca ad un suo nipote, che, peraltro, quasi a sottolineare l’agnazione, portava il suo stesso cognome. Non so dirvi se il premiato meritasse o meno il riconoscimento: dal tenore della ricercuzza, direi, ad occhio e croce, di no. Tuttavia, scherza coi fanti e lascia stare i santi: a nessuno venne in mente di tirare in ballo l’opportunità etica, e il nipote incamerò olimpicamente il premio. E’ pur vero che il tempo è galantuomo e che, nelle stanze della ricerca vera, il giovane ricercatore non si è mai visto, nonostante lo ziesco riconoscimento: tuttavia, capirete che, su di un tema come quello dell’opportunità etica, converrebbe essere tutti della stessa parrocchia. Quindi, un semplice richiamo verbale per i due assessori, un tantino disinvolti sul versante dell’eleganza istituzionale; un sincero applauso per il sindaco, capace di tagliare il nodo gordiano con autorevole dignità; un pernacchione, fuori tempo massimo, al direttore illustrissimo e al nipotino, difensori a parole di intramontabili valori e, nella realtà, italiani piccoli piccoli, di quelli che tengono famiglia. E, talvolta, la premiano persino.

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