Antonia Klugmann, la cuoca che ama l’orto

Antonia Klugmann, la cuoca che ama l’orto

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Molti la ricorderanno a Masterchef dove è stata la prima giudice donna. I più fortunati per i suoi piatti creativi ed ecosostenibili. Antonia Klugmann, chef triestina, 40enne patron del ristorante L’Argine a Vencò, frazione di Dolegna del Collio, sul confine tra Italia e Slovenia, è una delle espressioni più interessanti della ristorazione italiana. E anche l’esempio di come in una manciata di anni si possa rivoluzionare la propria vita e passare dal fare la lavapiatti alla stella Michelin. Mica da tutti.

In realtà saresti dovuta diventare avvocato, cosa ti ha spinta a scegliere la cucina? I miei genitori e i miei nonni sono tutti laureati, lo studio è sempre stato importante nella mia famiglia e l’ho sempre vissuto non come un dovere ma come una cosa bella, un modo per realizzarsi. Iscrivermi a giurisprudenza era il percorso più corretto dopo che avevo fatto gli studi classici. Sapevo che avrei fatto bene qualsiasi lavoro perché sono una persona seria che si impegna. Ma mi sono chiesta: “sarò felice?”. Facendo l’avvocato tutto un aspetto legato alla mia creatività veniva sacrificato. Mi sono resa conto che le ore dedicate ai fornelli erano le più belle della giornata.

La tua famiglia come l’ha presa?
Quando ho detto ai miei genitori che volevo entrare nel mondo della ristorazione la loro prima domanda è stata: “E come si fa?”, allora non c’erano tante scuole e cuochi come adesso. Ho cominciato come cameriera e lavapiatti. Ho trovato uno chef nei Colli Orientali, ho capito che era di talento e mi sono appiccicata a lui come una zecca. Mi sono avvicinata tardi alla cucina, dopo cinque anni di apprendistato, ho aperto in pochissimo tempo il mio locale. Essere imprenditore mi permetteva di esprimere la mia creatività e di guadagnarmi da vivere sul campo.

Chi ti ha trasmesso l’amore per i fornelli?
Ho una famiglia molto variegata. Un nonno medico di origine ebraica con la moglie di Ferrara e un altro nonno, Antonio, pugliese con una moglie triestina. A tavola c’era un mix incredibile di ricette. Questa differenza culturale ha riempito la mia infanzia e mi ha fatto appassionare al cibo.

Quale piatto ami di più?
In punto di morte sicuramente chiederei lo spaghetto al pomodoro, come lo preparo io. Ma in base al periodo in cui mi trovo risponderei un piatto diverso. Gli chef di solito sono affezionati all’ultima ricetta, l’ultima che ho creato è una entrée di asparago bianco, bambù e nocciola.

Hai un dolce preferito?
Al ristorante non c’è un pasticciere, propongo i dessert che mi rappresentano. Ho una linea per le colazioni dove propongo ricette legate alla mia storia personale come la torta di mele di mia mamma, le marmellate. Per la sera l’ultimo dolce che ho inserito in lista è un semifreddo di ricotta con gelato di miele e polline, spugna di clorofilla fiori nascosti fermentati di ciliegio e sopra una cialda fatta con il polline.

Ti piace mangiare fuori?
Lo adoro, amo andare dai miei colleghi. Purtroppo ho poche occasioni perché quando il ristorante è chiuso lo sono anche gli altri. Tutte le mie uscite sono molto ben calcolate, le faccio combaciare con i miei impegni.

Sei stata il primo giudice donna di Masterchef, che esperienza è stata?
Mi ha messa in gioco sotto molti aspetti e mi ha arricchita moltissimo. Ho dovuto trasferirmi per un po’ a Milano, avendo più tempo libero mi sono messa a dieta e ho fatto sport. Ho lavorato su me stessa più che in altri momenti della mia vita.

Ti vedremo ancora in TV?
Non farò più Masterchef. Milano è troppo lontana dal mio ristorante dovrei sacrificarlo e non voglio. Il mio è un piccolo ristorante di provincia in mezzo alla campagna .Quando non ci sono è chiuso.

In televisione ti hanno definita “asburgica”, per il tuo stile rigoroso. Sei davvero così severa? A parlarti non sembrerebbe…
Credo di essere apparsa così perché da una donna ci si aspetta un atteggiamento materno. In realtà in cucina sono come gli uomini. Sicuramente hanno giocato anche il ruolo di giudice e le esigenze televisive. È un gioco.

Con chi hai legato di più, Bruno Barbieri, Joe Bastianich o Antonino Cannavacciuolo?
Sono tutti e tre ragazzi splendidi.

La tua cucina nasce dalla terra, cosa rappresenta per te l’orto?
Cucino quello che offre la natura. L’orto è fonte di ispirazione. Finché non si coltiva una verdura non si comprende quanta fatica c’è dietro. Per questo non voglio sprecare niente. Consiglio alle mamme di far coltivare ai propri bambini perché insegna a rispettare il cibo. Vedere i frutti che crescono in campo è bello e la bellezza è di ispirazione.

Cosa ha significato ricevere la stella Michelin?
È stata una felicità per tutta la famiglia e una spinta importante. È arrivata dieci mesi dopo l’apertura del ristorante. Sono proprio grata. È stato difficilissimo costruire il locale, ci sono voluti diversi anni ed è stata una scommessa aprire qui in Collio.

É uscito per Giunti il tuo primo libro “Di cuore Di coraggio”, ce lo racconti?
Ci sono 60 ricette che sono importantissime per me, quelle che abbiamo fatto al ristorante in questi anni. Mostro il lavoro che c’è dietro e riporto alcuni racconti che spiegano chi sono, come è nata la scelta di fare il cuoco. È un libro per tutti, non solo per i professionisti.

Foto di Francesco Orini Photographer