Addio 2015, un anno all’insegna del controsenso

Addio 2015, un anno all’insegna del controsenso

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Botto_CapodannoQua, tutti si affannano a raccogliere album fotografici del 2015, a ricordare quel che hanno fatto, e cercare di dare un nome ed un carattere a questi 365 giorni: io, dal mio rifugio filosofico-montano, guardando alle cose d’Italia, come la poiana osserva le greggi che sgambettano giù in valle, felicitando di bagole e belati sentieri e tratturi, direi che è stato l’anno del grottesco. Tali e tanti sono stati, infatti, i paradossi, i nonsense, le gioppinate di questo 2015, che altra definizione, davvero, non mi viene. Un anno all’insegna del più assoluto irrealismo: dodici mesi votati al racconto di un mondo che non esiste, di una vita che nessuno vive e, soprattutto, di una cecità trasformata in visione del mondo.

Paradosso dei paradossi: dei ciechi che hanno una visione! Perché, va detto, da anni ed anni ormai, questo nostro Occidente mignolo mignolo, che ristagna fra le Alpi e Lilibeo, ha perso contatto con le cose reali: insegue fanfaluche, frasi ad effetto divenute carne, vangeli da ubriachi. Però, fino a quest’anno, non avevo ancora visto l’idiozia sostituire l’intelligenza e farsene beffe, cancellando con un colpo di spugna tutti i fenomeni reali in grado di smentire i dogmi: va bene raccontarsi che le cose vanno bene, ma non si può fare finta di essere d’estate, quando si è d’inverno, solo perché sul libretto rosso dei pensieri di qualche palamidone rincoglionito c’è scritto che dev’essere estate tutto l’anno, andiamo!

Prendete la scuola, malata terminale d’Italia, origine di tutte le nostre magagne, fucina di disoccupati, di svogliati e di analfabeti: la scuola, rifugio di martiri e lazzaroni, extrema ratio per qualunque laureato senza prospettive. Pensate che sia sempre stata così, la scuola italiana? Ennò: quarant’anni fa ce la invidiavano in tutto il mondo, la nostra scuola: lo so che, detto oggi, sembra fantascienza, eppure era proprio così. Se, oggi, la scuola fa schifo, non credete che, forse forse, si potrebbero prendere in considerazione un paio di riflessioni un tantino fuori del coro? Del tipo: non è che, magari, le teorie didattiche estruse dai baldi pensatori dal ’68 ad oggi si siano rivelate un’autentica, scusate il francesismo, cagata? E non è che, magari, qualcuno possa essersi sbagliato: che il vecchio sistema, riveduto e corretto, con meno cravatte e grembiuli e un po’ più di tecnologia, andasse molto meglio del guazzabuglio facilista vomitatoci addosso dai pedagogisti e dai docimologi coccolati da certa sinistra?

Insomma: possiamo tenere un pochino conto della realtà, oltre che della teoria? E se la teoria produce spazzatura, concludere che, in definitiva, quella teoria stessa è spazzatura? Ho parlato della scuola, perché è l’esempio forse più eclatante di questa cecità volontaria, ma lo stesso si potrebbe dire per la sicurezza, i servizi sociali, la sanità. Per non parlare della cultura, della filosofia, del sapere: parole che, a un dipresso, qui da noi non significano più nulla. Eppure, a fronte di questo irrealismo cretineggiante e frivolo, vi sono esempi di interventismo pragmatista, che si dimostrano, se possibile, ancora più desolanti. Prendiamo l’idea di proibire i botti di Capodanno, ad esempio. Si tenga presente che chi scrive è, da sempre, acerrimo nemico dei botti: fastidiosi, pericolosi, del tutto estranei alla nostra tradizione insubre, che vorrebbe rami d’agrifoglio, semmai, e liete canzoncine. Però, se devi proibire dei prodotti, perché sei convinto che vadano proibiti, fallo a giugno: non lanciare proclami draconiani il 29 dicembre, quando, ormai, un sacco di poveri fessi ha dilapidato patrimoni in miccette e raudi e, soprattutto, quando le fabbriche di fuochi e il loro indotto sono in trepidante attesa del picco di vendite.

Se non sei del tutto scemo o, peggio, del tutto incompetente in materia di realtà, non fare il sindaco: fai il brahmino, stattene in riva al Gange a gambe incrociate e ripeti tutto il giorno frasette senza senso. Perché non si gioca, in nome del coup de theatre, con la vita delle persone. Insomma, vuoi per eccesso di teoria, vuoi per eccesso di prassi, la sensazione è che questo 2015 sia stato il trionfo dell’imbecillità, del mero controsenso, della patente inettitudine, da parte di chi prende le decisioni per noi, di prenderle con un minimo di sale in zucca. E, viste le prospettive, perfino augurarsi reciprocamente un felice anno nuovo assume i toni del paradosso grottesco: come potrà mai essere migliore, se non si cambia radicalmente direzione? Se non altro, potremo incolpare il 2016 di ogni nefandezza per il fatto che è bisestile: è che, in Italia, sono bisestili anche le persone!

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