I conti tirati a fine anno non hanno fatto altro che confermare la continua e netta caduta delle vendite di auto. Secondo i dati forniti dal ministero dei Trasporti, a dicembre la Motorizzazione ha immatricolato 86.735 autovetture: il 22,51% in meno rispetto allo stesso mese del 2011 (quando ne furono immatricolate 111.928), portando il totale del 2012 a quota 1.402.089, ovvero il 19,9% in meno rispetto alle 1.749.739 del 2011. È così ulteriormente peggiorato l’andamento già critico del 2011, chiusosi con un -10,88%, trasferendo il titolo di annus horribilis a quello appena concluso. Bergamo non si sottrae all’andamento generale, anzi. Secondo i dati dell’Unrae, l’Associazione delle Case automobilistiche estere in Italia (che offre sostanzialmente lo stesso quadro del ministero a livello nazionale, con un –19,8%), le immatricolazioni di auto e fuoristrada nella nostra provincia sono scese in un anno del 22,6%, passando da 31.218 a 24.160, cioè più di settemila vetture, che vanno ad aggiungersi alle 5.400 perse dal 2010 al 2011 (-14,7%). Con 3.921 auto, Fiat resta il marchio più venduto, ma accusa un calo del 26,1%. Seguono Volkswagen con 2.472 (-21%), Opel con 1.859 (-27,8%), Ford con 1.608 (-35,5%) e Citroen con 1.171 (-16,3%). A pari merito con 987 vetture Toyota (che perde il 24,3%) e Audi (con un calo più contenuto, dell’11,6%).
Una flessione ancora più netta è quella che ha investito i veicoli commerciali, vera e propria cartina di tornasole dell’andamento dei settori produttivi, capace di registrare la fiducia o meno nelle prospettive di crescita delle aziende. In Italia le vendite sono passate in un anno dalle 160mila del 2011 alle 106mila di quest’anno, con un calo del 33,4% ed anche Bergamo si è attestata sul medesimo livello, con un –33,9%. Nella nostra provincia, però, il calo era già stato vistoso e di molto superiore alla media nazionale al termine dello scorso anno, con un calo di quasi il 24% rispetto al 6% generale. Un dato legato al tessuto economico, più ricco rispetto ad altri territori di aziende, soprattutto piccole, che non hanno mancato, quindi, far sentire le proprie difficoltà sul mercato delle quattro ruote. Prendendo in considerazione gli ultimi due anni la crisi del settore – e con essa quella delle attività economiche – si mostra perciò con ancor più evidenza. Le immatricolazioni di veicoli commerciali si sono infatti dimezzate, passando dalle 5.060 del 2010 alle 2.517 del 2012 (i dati totali forniti da Unrae comprendono anche gli autocaravan). La scure non ha risparmiato nessun marchio, colpendo più duro chi ha le fette più ampie di mercato. Fiat è passata da 1.955 nel 2010 a 1.183 nel 2011, a 818 nel 2012 (-58,1%), Iveco da 545 a 423, a 255 (-53,2%), Renault da 407 a 402, a 252 (-38%), Opel da 369 a 315, a 227 (-38,4%), Mercedes da 265 a 272, a 198 (-25,2%), Citroen da 347 a 334, a 177 (-48,9%).
I commenti
La diminuzione della possibilità di spesa di famiglie ed aziende non è l’unica causa della flessione delle vendite di auto. Difficoltà nell’accesso al credito, aumento delle spese per il mantenimento delle automobili e della fiscalità sono altri aspetti di questa crisi che sta profondamente segnando, e ridisegnando, il settore.
«Un volume così esiguo di immatricolazioni ci riporta indietro ai livelli del lontano 1979 – ha evidenziato Jacques Bousquet, presidente dell’Unrae, l’Associazione delle Case automobilistiche estere in Italia -. La crisi coniuga al suo interno sia aspetti congiunturali sia strutturali. Il generalizzato aumento della pressione fiscale e dei costi di gestione, in particolare, ha determinato, oltre al depauperamento delle risorse economiche degli automobilisti, una modifica nelle abitudini di consumo della mobilità. Gli italiani si sono trovati davanti alla necessità di ridurre l’uso dell’automobile, con conseguente calo delle percorrenze medie e dei consumi di carburante (in media oltre il 10% in meno per benzina e gasolio), pur continuando a sostenere spese più elevate proprio per il carburante, per l’assicurazione, il bollo, ecc.». L’aumento della pressione fiscale sulle quattro ruote ha avuto così un effetto solo negativo, fa notare ancora l’Associazione, «influenzando in modo significativo la riduzione dei consumi complessivi nazionali e l’aumento del tasso di disoccupazione del Paese, senza fornire le risorse sperate alle casse dello Stato. Nell’intero anno, infatti, a causa delle mancate immatricolazioni si saranno persi 2,3 miliardi di euro di Iva rispetto all’andamento medio del mercato delle nuove immatricolazioni, a cui si aggiungono circa 95 milioni di euro di minor incasso Ipt, rispetto ai volumi dello scorso anno». Un quadro che diventa anche la base per le richieste al nuovo Governo: «I bisogni della filiera in termini di redditività, di mantenimento dei livelli occupazionali e le opportunità di gettito fiscale da parte dello Stato andranno viste in ottica di sinergia e come priorità per l’Esecutivo che guiderà il Paese dopo le elezioni. Se questo avverrà, potremo guardare con un po’ più di ottimismo alla prossima primavera».
«Il mercato automobilistico subisce l’overdose di imposte indirizzate a colpire, se non criminalizzare, l’acquisto, il possesso e l’uso degli autoveicoli», è stato ancor più diretto nel sottolineare Filippo Pavan Bernacchi, presidente di Federauto, l’associazione che rappresenta i concessionari di tutti i brand commercializzati in Italia di auto, veicoli commerciali, veicoli industriali e autobus. «Sono aumentati i pedaggi e l’Rc, e recentemente sono rincarati accise, bolli, Imposte Provinciali di Trascrizione, Iva. Ma il Governo Monti ha anche dato scacco alle vetture aziendali portando la deducibilità dal 40% al 20% (mentre in Europa chi acquista una vettura aziendale può scaricare il 100%). Senza dimenticarci che il varo del superbollo per le auto prestazionali ha massacrato le auto di lusso con cali fino al 70%, abbattendosi come uno tsunami sui colleghi che si sono trovati, dalla sera alla mattina, in difficoltà enormi, spesso insormontabili». Anche Federauto confida che il prossimo Governo, «di qualunque colore esso sia, prenda coscienza della grave crisi e ponga in essere delle misure idonee. Il Paese, dopo tasse, tasse, e ancora tasse, ha bisogno di misure vere e condivise per il rilancio dell’economia e della competitività sui mercati mondiali, senza dimenticare il fondamentale "consumo interno", che pesa per l’80% del Pil». In caso contrario le previsioni dell’associazione sono ancora fosche con un mercato che scenderà a 1.330.000 unità.
Concessionarie, anche Livio Cella fa i conti con la crisi
Anche un nome storico come Livio Cella, concessionario Toyota e Lexus in via Borgo Palazzo, sta facendo i conti con la crisi dell’auto. L’azienda ha infatti avviato la richiesta di concordato ma resterà sul mercato come rivenditore specializzato indipendente Toyota e Lexus, ai quali affiancherà l’emergente cinese Great Wall. Come sede unica rimarrà l’attuale salone Lexus. «È un passaggio difficile – afferma Stelio Cella, socio dell’azienda -. In sessant’anni di attività non ci siamo mai trovati di fronte ad una decisione simile. Negli ultimi anni, viste le difficoltà del settore, abbiamo sostenuto l’attività con capitali personali e ci siamo ridotti i compensi, ma di fronte al continuo calo del fatturato e soprattutto dell’utile sulle vetture vendute ci siamo chiesti se avesse senso avere un marchio e perdere soldi».
«In un momento critico come questo – spiega – rispettare gli obblighi della casa madre, come quelli sulla pubblicità e sugli standard o del pagamento in anticipo delle auto, solo per fare qualche esempio, è diventato insostenibile. Dire addio alla rivendita ufficiale è una svolta netta, ma crediamo, o almeno auspichiamo, che, al di là del marchio, possano sostenerci nel nuovo corso il nome e l’immagine che ci siamo costruiti in tutti questi anni e che un studio, tra l’altro, indica al secondo posto nella classifica dei rivenditori di auto più conosciuti a Bergamo. Anche vent’anni fa, del resto, quando siamo passati da Peugeot a Toyota, allora pochissimo diffusa oggi il primo costruttore al mondo, sembrava una mossa azzardata, ma siamo stati premiati dalla fiducia dei clienti».
Nella vicenda, a pesare in maniera significativa sono le direttive della casa automobilistica, un aspetto generalmente meno evidenziato tra i vari problemi che gravano sul settore. «Aver rispettato le richieste fino in fondo ha finito con il penalizzarci – constata Cella -. Siamo stati gli unici in Italia ad avere un salone totalmente dedicato a Lexus, come voleva l’azienda, ed avevamo anche cominciato a lavorare per l’apertura di una nuova sede a Carobbio degli Angeli, sempre su richiesta di Toyota che, per la verità, ne avrebbe voluta una anche in Val Seriana. Non rispettare le richieste significava perdere subito il mandato. Oggi quella stessa eventualità sarebbe letta come una fortuna, considerando quanto pesano le imposizioni del costruttore».
Se nella crisi qualche opportunità e strada nuova bisogna pur cercarla, la scelta della Livio Cella è andata verso il marchio cinese Great Wall. «Il 2013 sarà l’anno del sorpasso della Cina sull’Europa nella produzione di auto – nota -, e Great Wall, che può ora contare anche su designer tedeschi provenienti dall’Audi, ha in serbo prodotti molto interessanti. In un contesto in cui c’è scarsa disponibilità di spesa, credo che potrà essere interessante la possibilità di spendere il 30% in meno. I produttori in questi anni hanno continuato ad implementare i contenuti delle auto facendo aumentare di conseguenza i prezzi, oggi invece l’esigenza è in primo luogo quella di risparmiare».