Si afferma sempre più sul mercato la birra artigianale con i produttori che crescono sia per fatturato (oltre il 60% dei birrifici guadagna tra i 100 mila e gli 800 mila Euro) che per dimensioni (oltre il 51% si avvale di personale a tempo indeterminato), e volumi di birra prodotti, ossia 445 mila hl in media in un anno sul territorio nazionale (pari al 3,3% degli hl totali di birra prodotti in Italia, + 2,2% rispetto al 2011).
Sono alcuni dei dati che emergono dal Rapporto di ricerca commissionato da Unionbirrai allo staff di Altis (Alta Scuola Impresa e Società) dell’Università Cattolica di Milano, presentato al Parco della biodiversità di Expo. “Le stime, ricavate da un campione di 63 imprese – microbirrifici, brew pub e beer firm – interpellate via mail o ‘vis a vis’ durante eventi fieristici tra maggio e giugno 2015, rivelano impennate di numeri sui rispettivi fronti produttivo e qualitativo – spiega il rapporto -. Il questionario (33 domande divise per caratteristiche, dimensioni commerciali, rapporti con le banche, scelte di produzione) disegna una situazione di salute generale di questo segmento del mercato dovuta alla crescita significativa dell’indotto, dei consumi rispetto alle birre industriali, dell’export, del numero di Festival e concorsi dedicati, e al sempre più alto livello di qualità del prodotto”.
“Il trend di crescita costante, +18,3% rispetto al 2011, anno del primo report Altis, si evince dai dati relativi al grado di saturazione della capacità produttiva. Rispetto alle edizioni precedenti il questionario del 2015 ipotizza in partenza un aumento considerevole della produttività e mira diretto a conoscerne il livello. I risultati sono all’altezza delle aspettative, quasi 1 birrificio su 2 (46,9%) ha dichiarato di aver saturato la capacità produttiva e di essere dunque vincolato a nuovi investimenti. Gli importanti margini di crescita si devono in via generale al raggiungimento di una maggiore efficienza in fase produttiva e ad un’effettiva capacità di collocare volumi più ampi sul mercato”, spiega ancora l’indagine che rileva come “il settore si fa concorrenziale, i produttori, siano essi microbirrifici, brew pub (produttori con mescita diretta in loco) o beer firm (con impianti presso terzi) dimostrano di poter espandere la propria quota di mercato sullo scenario nazionale. Ne è un effetto il dato osservato sulle dimensioni dei soggetti intervistati – spiega ancora l’indagine -: quelle che erano start up solo tre anni fa sono oggi in grado di avere persona le dipendente oltre che un fatturato medio (valutato in capo ai soli microbirrifici) di oltre 100 mila euro. Nei report 2011 e 2013 oltre 1 birrificio su 2 (57,7% nel 2013 e 54,3% nel 2011) non disponeva di addetti, ricorrendo esclusivamente al lavoro dei soci di capitale; nel 2015 si assiste ad una inversione di tendenza, cala infatti la percentuale di birrifici che possono fare a meno di personale (sono circa il 49%) mentre aumenta quella che favorisce l’occupazione, apre le porte al praticantato e soprattutto non licenzia (4 imprese su 5)”. “Cresce mediamente anche il giro di affari – rileva infine il rapporto -, che va dai 100mila agli 800mila euro per il 62,8% dei (micro) birrifici, +23,4% rispetto al 2011. Anzi, tocca l’11,6% la quota di micro birrifici con fatturato intorno al milione di euro”.