Ubi, il dg della “Popolare” Masnaga indossa i panni del pompiere

image_pdfimage_print

Tra i due litiganti, il terzo gode? Dopo l’annuncio del varo della terza lista, “Ubi, Banca Popolare!”, un nome che è bel mix tra l’Unione di Banche Italiane e l’aggettivo popolare, non senza l’entusiasmo che denota il punto esclamativo finale, quali scenari si prefigurano per il 20 aprile, quel “dies irae” che, alla Fiera di Bergamo, vedrà convergere migliaia di soci chiamati a scegliere i nuovi vertici del terzo (o quarto, trattasi di stime contrastanti) gruppo bancario italiano? Difficile fare previsioni, anche se lo statuto dell’istituto, per via di una macchinosa ripartizione di voti e percentuali, mette già fuori gioco una delle tre liste. Comunque andranno le votazioni ad una delle tre non sarà riservato neanche uno sgabellino, mentre la lista maggioritaria avrà diritto ad un minimo di 18 poltrone fino ad un massimo di 22. Alla “minoranza” spetterà un numero variabile di rappresentanti da 5 a 1, se proprio la faccenda dovesse andare malissimo e la lista vincente dovesse incassare un consenso plebiscitario. Stando così le cose, un paio di “vittime sacrificali”, ci sono già, Graziano Caldiani (Lista Moltrasio) e Carla Maria Nelli (Lista Ubi Ci siamo) che, essendo in ventitreesima posizione, verranno inesorabilmente impallinati. Per i sostenitori delle compagini in lizza, in particolar modo per quella capitanata dal professor Resti, sono questi i giorni di passione, con un discreto anticipo sulla Settimana Santa. Sempre in virtù del regolamento statutario, le “squadre” – per concorrere validamente in assemblea – devono essere “sostenute e presentate” da cinquecento soci cui corre l’incombenza di sottoscrivere le candidature (o in alternativa detenere lo 0,5% del capitale). Il che, tra tagliandini da recuperare presso le filiali e le autentiche di firma presso un notaio o un delegato della banca, non è proprio un compitino agevole e i cinque giorni di una settimana lavorativa, come tempo utile per l’impresa, sono oggettivamente un po’ pochini (il termine ultimo, ricordiamo, scadrà il prossimo 25 marzo). Se la lista “Ubi Banca Popolare!” dovrà aggiungere accanto al nome un altro punto esclamativo preceduto dalle parole “mannaggia a te”, lo dovrà esclusivamente ai cincischiamenti del rettore dell’Università Stefano Paleari, pur sempre magnifico anche se tardifico nel comunicare la sua decisione di farsi da parte. In attesa di un “sì” che prima tardava ad arrivare e poi non è più arrivato, le terze forze hanno perso, oltre che la pazienza, anche del tempo prezioso. L’individuazione, quasi in zona cesarini, del professor Resti e il suo ok, hanno salvato capra e cavoli, anche perché l’accusa dantesca di Doriano Bendotti, “bergamaschi ignavi”, lanciata dalle colonne del Corsera Bg, ha rappresentato un piccolo capolavoro di astuzia mediatica, in grado di svegliare di soprassalto qualche bell’addormentato orobico e di rianimare un progetto tutt’altro che moribondo. Non nuoce ricordare, in tale frangente, il proverbio della miglior tradizione che recita come, per la gente bergamasca, certe apparenze ingannino: sota la sender (bruci) la brasca. A tal proposito, cioè di fuochi apparentemente spenti, il direttore generale di Banca Popolare di Bergamo ha provato ad indossare le vesti di pompiere per gettare acqua sui pissi pissi bao bao apparsi, la scorsa settimana, sulla stampa nazionale (Mf e Il Giornale) che hanno parlato di lui come di “animatore” della terza compagine. In una e-mail indirizzata ai principali collaboratori della Banca Popolare, Masnaga si è smarcato con decisione dall’idea di ambire ad altre e più alte cariche, ritenendosi onorato del ruolo attualmente ricoperto, smentendo di fatto ambizioni ma non azioni (o promozioni). Decisamente più tranquillo il versante “istituzionale”, con Moltrasio che, con una liturgica conferenza stampa, ha presentato lista, un programma in dieci punti (già due più di Bersani) e una sorta di motto papale: “Assoluta indipendenza e scrupolosa onestà”.
Nel frattempo è partito lo scorso venerdì a Vertova, l’affiancamento, da parte del Comitato Bergamo Popolare presieduto da Ondei, alla compagine istituzionale con un tour che farà tappa, al Centro Congressi giovedì sera, e che avrebbe anche l’appoggio di personaggi come Pierino Persico, Renato Ravasio e Piercarlo Ghinzani. Alla casa di riposo seriana, ha brillato per la sua assenza il neo presidente della Cdo Alberto Capitanio che ha ribadito: “Non staremo alla finestra, ma per il momento siamo equidistanti dai due schieramenti”, preannunciando la sua presenza al convegno di giovedì. C’è molta curiosità di sapere dove i “celestini” orobici (che quando si tratta di votazioni sono una macchina da guerra, vedasi Capelli alle regionali) volgeranno il loro sguardo (e voto) misericordioso
Donatella Tiraboschi