Se volete capire com’è ridotto questo Paese non state ad ascoltare chi vi racconta i risultati delle ultime elezioni con il bilancino del farmacista in mano, barcamenandosi tra la non vittoria di Renzi (variante della non sconfitta di Bersani), il supposto trionfo del Movimento 5 Stelle (che va bene solo a Roma e Torino e per il resto o non c’è o fa la comparsa) e le beghe dell’improbabile coppia Salvini-Meloni contro Berlusconi sulle macerie del centrodestra che fu (ad eccezione di Milano). No, spingetevi fino a Treviglio, perché qui più che altrove è possibile misurare qualcosa che va al di là della ragionieristica conta dei voti, qualcosa che dovrebbe stare alla base della convivenza civile prima ancora che della contesa politica. Ed è quella parola fastidiosa, ma tanto carica di significato, che si chiama etica (od onestà se preferite metterla giù più piatta).
Un valore che stride fortemente con l’elezione a consigliere comunale di Giuseppe Pezzoni. Sì, proprio lui, l’ex sindaco che non più tardi di qualche mese fa è stato costretto a lasciare il palazzo di piazza Manara tra i fischi e le contestazioni dopo aver ammesso di aver dichiarato il falso vantandosi di una laurea mai conseguita. Provate a pensarci, siamo al cortocircuito totale. Una persona ritenuta (da sè e dai suoi stessi compagni di viaggio politici) non più degna di ricoprire l’incarico di sindaco nel volgere di un semestre viene riportata in municipio sull’onda delle preferenze (quasi 400, il secondo più votato).
La prima considerazione che viene in mente è che è stato tutto uno scherzo e tanto valeva rimanere in sella. Ma qui c’è poco da ridere. C’è un salto (nel vuoto) di qualità che non può non essere sottolineato. Perché passi che Pezzoni non abbia consapevolezza che il tradimento del patto di onestà che si contrae con i cittadini al momento della candidatura sia inescusabile. E passi pure (ma siamo nel campo delle estremizzazioni retoriche) che partiti pronti a tutto pur di non abbandonare la stanza dei bottoni decidano di affidarsi ad un ronzino vincente. Non può passare, invece, che ci siano centinaia di elettori che considerino un falso (che è valso, tra le altre cose, l’incarico di dirigente dell’Istituto dei Salesiani che, forse non ancora del tutto secolarizzati, si sono precipitati a denunciare la malefatta) come un orpello del tutto irrilevante. Una crosticina su un corpo levigato e splendente.
Come se per Pezzoni valesse quel che si diceva ai tempi di Tangentopoli di un intraprendente ministro bresciano. “Non sarà pulito, però lui le strade le costruisce…”. E infatti a Treviglio non son pochi quelli che dicono “avrà detto il falso, ma come sindaco non c’è nessuno meglio di lui”. E così, all’insegna di un poco orobico scurdammoce ‘o passato, tutto si azzera e si ricomincia. Poco poco, vista la mole di preferenze, a Pezzoni sarà affidato un assessorato e la falsa laurea finirà nel cassetto del folklore.
Treviglio, Italia.
Questo è il Paese. Quello dove un leader pieno di conflitti d’ interesse e subissato di inchieste (con annessa condanna per evasione fiscale) viene più e più volte sommerso di voti. Dove un candidato alla Regione Campania alle prese con una condanna per abuso d’ufficio viene portato in trionfo. Dove il fondatore di un movimento e la sua intera e allargata famiglia vivono alle spalle dello stesso movimento per anni (e tutti lo sanno, ma fanno le vergini solo di fronte allo scoppio della tradizionale inchiesta che solleva il coperchio) tra idolatrie e osanna. Dove, inutile che ce la raccontiamo, ciascuno di noi invoca per gli altri il rigoroso pagamento di tasse, imposte e balzelli varia, salvo cercare in ogni modo di schivarle per sé.
E allora, forse, il problema non è Pezzoni, non sono i trevigliesi che l’hanno votato. Quella è solo la febbre. Il dramma è che non abbiamo più nemmeno la capacità di guardare il termometro.