Lavoro, «nei colloqui il dress code conta più del curriculum». Parola di Carla Gozzi

carla gozzi - osio sotto 2

«Nei colloqui di lavoro, oggi, al primo posto c’è la personalità. E noi siamo come gli altri ci vedono; non c’è nulla di più futile e fondamentale del dress code per la comunicazione di se stessi: rivela se abbiamo autostima e creatività».

Parola di Carla Gozzi. La famosa style coach ha tenuto sabato alla scuola formazione Ascom di Osio Sotto un seminario sul tema dello stile di fronte a un pubblico di professioniste. Consulenti, project manager, giornaliste, manager, imprenditrici, impiegate, ristoratrici, dai 24 ai 67 anni, accomunate dalla stessa richiesta: avere un’immagine professionale, ma allo stesso femminile.

Segno che lo stile non ha età e che il dress code è una chiave importante per il lavoro, oltre che per la propria vita privata.

«Anche chi ha il camice, una divisa o lavora in ambienti “maschili” può realizzare un look femminile e personale, basta puntare sugli accessori, aggiungere all’abbigliamento formale un dettaglio femminile, come ad esempio il colore della montatura degli occhiali, gli orecchini o un foulard», ha detto Gozzi.

E se la mattina ci si trova davanti all’armadio scoraggiate o addirittura annichilite di fronte alla scelta dei capi da indossare, «il trucco è semplice: comprare abiti, meglio se in jersey, che non richiedono abbinamenti e sono facili da portare, e preparare i capi abbinati sulle grucce con tanto di accessorio in un sacchetto, così si ha l’outfit pronto in pochi secondi».

L’esperta di moda più amata d’Italia ha anticipato i must have della prossima stagione, ovvero, i capi da avere assolutamente: trench beige in stile vestaglia, abiti fiorati e a camicia; maglie a righe, pantaloni a palazzo, con taglio a uomo, cropped, colorati e a fantasia. E ancora: t-shirt con grafiche sotto a bomber, top e abiti a sottoveste fucsia, rosso o nero (il top); e in quanto agli accessori: tracolle colorate con dettagli originali, shopper argento e oro con dettagli importanti, sandali minimali con cinturini alle caviglie e sandali con platform, sabot; orecchini ad anelli e pendenti con due forme diverse; occhiali trasparenti o con montatura trasparente e lenti colorate. Infine tanto rosso e fucsia: saranno i colori della primavera- estate 2017.


Black friday, anche in Lombardia “legali” i supersconti

black fridayDa quest’anno anche in Lombardia il black friday sarà “legale”. La Regione Lombardia ha approvato ieri, su proposta dell’assessore allo Sviluppo Economico Mauro Parolini, una modifica alla normativa sulle vendite straordinarie che abolisce il divieto di vendite promozionali nel periodo dal 25 novembre al 31 dicembre, mantenendo esclusivamente la disposizione che le vieta nei trenta giorni antecedenti i saldi. Per quanto riguarda il 2017 lo stop agli sconti dovrebbe scattare (perché sia ufficiale la modifica deve essere approvata dal Consiglio regionale) perciò il 6 dicembre, lasciando campo libero alle superofferte del black friday, la corsa allo shopping in uso negli Stati Uniti che sta prepotentemente prendendo piede anche in Italia e che interessa anche i giorni precedenti e successivi all’evento.

L’appuntamento – lo si ricorda – cade il venerdì dopo il Giorno del Ringraziamento, a sua volta mobile, poiché si celebra il quarto giovedì di novembre. E così è capitato che nel 2016 la giornata risultasse “fuorilegge” per la disciplina lombarda. «Ora la normativa è la stessa presente in quasi tutte le regioni d’Italia – spiega il direttore dell’Ascom di Bergamo Oscar Fusini – ed è la stessa in vigore per i saldi estivi, che prevede il divieto alle vendite promozionali nei trenta giorni precedenti, senza ulteriori limitazioni».

«Anche la Lombardia, come praticamente tutte le altre regioni d’Italia, potrà  avere il suo black friday – commenta il presidente di Federazione Moda Italia Renato Borghi -. Un evento in cui si potrà offrire per un solo giorno sconti eccezionali al fine di stimolare le vendite, ma anche un’occasione per creare un pacchetto di proposte con i settori della cultura, del food e del design. Di fronte ad un ciclone come è stato il “Black Friday” da un punto di vista commerciale, non  si poteva rimanere indifferenti. Il dettaglio indipendente è stato di fatto discriminato rispetto alle multinazionali che hanno bypassato le regole a fronte di un basso rischio di sanzioni. Il divieto di effettuare promozioni partirà, come già previsto dalla legge regionale e una volta concluso l’iter di approvazione in Consiglio Regionale, nei trenta giorni antecedenti i saldi sia invernali sia estivi. Chiediamo ora alle Istituzioni locali controlli più efficaci contro i trasgressori che faranno sconti nei periodi non consentiti e sanzioni proporzionate alle superfici del punto vendita».

 

 


Look perfetto, Carla Gozzi in cattedra con Ascom Formazione

 

carla gozzi 2Per chi desidera migliorare il proprio look e avere un guardaroba perfetto, c’è un’occasione da non perdere.

Sabato 4 febbraio Ascom Formazione propone un incontro con Carla Gozzi, la style coach conosciuta al grande pubblico come conduttrice del programma tv  “Ma come ti vesti?”. Il corso si intitola “Trova il tuo stile personale con Carla Gozzi”, si tiene nelle sede di Osio Sotto  (piazzetta Don Gandossi 1) e dura 4 ore (dalle 9.30 alle 13.30). Carla Gozzi metterà a disposizione tutta la sua esperienza nel mondo del fashion. Si potrà così imparare a trovare ed esprimere il proprio stile, conoscere le linee e i colori adatti alla propria fisicità; e ancora, quali sono i capi che non possono mancare nel guardaroba e i grandi classici che regalano un look sempre curato ed adatto alle occasioni.

Per informazioni e iscrizioni: Ascom Formazione tel. 035 4185706/707 – info@ascomformazione.it (www.ascomformazione.it).


Moda, acquisti con segno “più”. «Ma manca slancio alla ripresa»

 

È una fotografia in chiaroscuro quella scattata da Federazione Moda Italia in occasione dell’assemblea di FederModaMilano. L’andamento delle vendite in valore registrato sulle aziende associate nei primi otto mesi del 2016 fa segnare -1,8% in Italia rispetto al 2015. Va meglio a Milano e in Lombardia con un +0,3% rispetto al dato medio nazionale. Il dato sugli acquisti degli italiani con carta di credito nei negozi moda rilevato dall’Osservatorio Acquisti CartaSi nei primi otto mesi del 2016 è invece migliore, con un incremento di circa l’1,3% in Italia rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e a Milano un +3,2%. Valori diversi che tengono conto della diversa composizione del mercato analizzato. I punti vendita associati da FederModa sono, infatti, soprattutto i multi-brand mentre nei dati CartaSi sono compresi anche i mono-brand.

Dal “Fashion & High Street Report”, illustrato sempre durante l’incontro, emerge invece l’andamento settore per settore, con il segno sia positivo per abbigliamento (+1,7%), accessori (+5,4%), articoli sportivi (+3,3%) e pelletterie/valigerie (+0,7%). Negativo per calzature (-5,2%) dove è forte per il dettaglio tradizionale la concorrenza del canale di vendita online, e pellicceria (-8,1%).

«I dati dell’andamento del nostro settore – commenta Renato Borghi, presidente di Federmoda Italia – sono in linea con un contesto economico in cui l’elemento predominante continua ad essere la mancanza di slancio della ripresa, nonostante qualche timido segnale sembri arrivare dall’incremento, nell’ultimo trimestre, dello 0,3% del Pil. Un segnale positivo che, se confermato a fine anno, vedrà presumibilmente una crescita dello 0,8% per il 2016. Il dettaglio, tuttavia, beneficerà dei presumibili effetti positivi soltanto in un secondo momento».

Nell’attesa il saldo delle imprese è negativo. Al 30 giugno erano 125.569  rispetto alle 137.001 nel 2012 (- 8,3%). «Sette negozi al giorno in meno – rileva FederModa – nelle nostre strade. Un dramma anche sul piano occupazionale, con oltre 2.600 posti di lavoro persi. Tuttavia il nostro Paese mantiene, rispetto al resto d’Europa, la sua peculiarità con una percentuale di penetrazione del dettaglio tradizionale multibrand di qualità (27,7%) superiore a quella degli altri Paesi (più vicina all’Italia è la Spagna con il 27%)».

In discesa anche gli acquisti degli stranieri. Le transazioni tax free (dati Global Blue) nei primi 6 mesi del 2016 in Italia sono in calo del 7% rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente. Anche Milano non è immune, pur con un segno negativo inferiore (- 5%). Un trend che preoccupa FederModa: «Lo shopping straniero – afferma Borghi – rappresenta, infatti, una boccata d’ossigeno a fronte di un mercato interno che stenta a ripartire. È un dato che, però, va letto anche alla luce dell’effetto Expo nel 2015». Lo shopping extraUe è prevalentemente cinese (28%) e russo (12%) con i top spender per spesa media che provengono dal Sud-Est asiatico, dai Paesi del Golfo e dagli Usa: Hong Kong (con uno scontrino medio del valore di 1.118 euro), Paesi del Golfo (994 euro), Thailandia (973 euro), Cina (891 euro) e Stati Uniti (882 euro).


Moda, i consigli dei negozi bergamaschi per un autunno-inverno di tendenza

abbigliamento uomo

Anche i più nostalgici dell’estate, di fronte al freddo degli ultimi giorni, avranno capitolato. Dopo aver terminato il cambio-armadi, il passo successivo per molti è un giro nei negozi alla ricerca di capi nuovi. Abbiamo pensato quindi di chiedere ad alcuni tra i protagonisti della moda a Bergamo quali sono le tendenze per questo autunno inverno e alcune dritte per fare gli acquisti “giusti”. Ecco cosa ci hanno risposto.

«Per l’uomo c’è un ritorno all’eleganza con abiti moderni, giacche più corte e pantaloni meno asciutti rispetto agli anni scorsi per una maggiore vestibilità, e un filone country-chic ispirato al militare, con parka, fit jacket e giacche che richiamano quelle da caccia. Un trend iniziato l’anno scorso e quest’anno esploso», dice Dario Salvi di Petronio in via Locatelli. «Poi sono di tendenza tutto il mondo dei tessuti tecnici e lana cotta, i pantaloni cargo con tasconi in fustagno o velluto, le camicie a quadrettoni. La maglieria è più girocollo che con scollo “a V” ed è molto colorata: tantissimo verde, arancio, rosso, indaco, ma soprattutto il blu in tutte le sue tonalità, dal blu marino al blu notte sia negli abiti dallo stile classico che in quelli sportivi, e il colore mastice, lanciato da Cucinelli, che sostituisce il beige classico, anche sul capospalla».«E vanno ancora gli abiti in piccole fantasie e i montgomery» dice Monica Volpi di Carom in via Matteotti.

Nella scarpa c’è il ritorno dello scarponcino simil montagna in versione città, del polacchino, della scarpa alta allacciata.

«Sempre per l’uomo – dice Mariagrazia Biffi, della omonima boutique in via Tiraboschi – cappotti fitted e corti sia in tinta unita sia con pattern. E in quanto a colori, i toni del verde, dall’oliva al kaki al petrolio. Per la donna pellicce e parka di ogni genere, dallo sportivo all’elegante. Il parka infatti è un pezzo sempre giovane e duttile. Da non dimenticare i cappelli». E poi stivali bassi, da quelli alla cavallerizza ai bikers, fino ai cruissardes a quelli più classici poco sotto il ginocchio; cappotti dal taglio maschile di colore cammello, a quadretti o verde militare, da portare lunghi e con scarpe rasoterra.

In quanto a capi spalle «sarà la stagione del cappotto – nero a fare da passepartout o rosso per chi osa di più – asserisce Volpi – e per le giovanissime ritorna in voga il bomber rivisto in versione elegante.  Tra i colori di punta, moltissimo grigio, rosa, verde, grandi fantasie».

Per l’ufficio l’oufit uomo perfetto per Salvi è «abito nelle tonalità blu e grigio gessato con riga marcata, camicia bianca, cravatta in lana colori uniti o falsi uniti, scarpa inglese nera o testa di moro, ma anche francesina o la scarpa con lavorazione coda di rondine, sempre colore nero o moro». Mentre Biffi consiglia «tutto slim, giacca, pantalone».

La donna anche in ufficio ha più margine di scelta: «Non ne esiste uno perfetto – dice Biffi – dipende dal ruolo che si riveste e dal contesto di riferimento».


Hunger Games, nel gran finale della saga c’è anche lo stile bergamasco

Quis Quis Hunger GamesC’è anche un tocco bergamasco, per chi è attento ai particolari, nel film campione di incassi dell’ultimo fine settimana. Niente meno che Hunger Games Il Canto della Rivolta parte 2, che conclude la saga di Katniss Everdeen, la ragazza guerriera interpretata da Jennifer Lawrence.

Nel gran finale del kolossal compaiono anche bambine vestite QuisQuis, il marchio dello stilista Stefano Cavalleri, riconosciuto padre dell’alta moda junior in Italia (nel Dizionario della Moda Italiana rappresenta l’unica menzione al settore).

I capi sono stati scelti dalla scorsa collezione invernale e il fatto che siano stati selezionati è senza dubbio un grande riconoscimento allo stile, visto che il film, ambientato in un futuro post apocalittico, ha proprio nel fashion design una delle chiavi dell’azione e delle atmosfere (molti  sono i capi di Alexander McQueen) . Quis Quis Hunger Games (1) Quis Quis Hunger Games (2)


Stefano Cavalleri, il “papà” della moda bimbo conquista i paesi Arabi

STEFANO CAVALLERI 1«I Pinco Pallino era il mondo. Ora il mondo lo sto, lentamente, ricostruendo». Non nasconde la difficoltà di ripartire Stefano Cavalleri, classe 1951, fondatore, con Imelde Bronzieri, del marchio bergamasco di alta moda per bambini cui ha detto addio nel 2011 anche come direttore creativo, dopo che la proprietà era già passata di mano. Ma ora ritiene che tutti i tasselli stiano andando al posto giusto perché possa tornare ad essere un protagonista dello stile in formato junior, lui che nel Dizionario della Moda Italiana rappresenta l’unica menzione dedicata alla moda per bambino.

Il suo progetto si chiama QuisQuis «e sono sempre io – afferma -, l’evoluzione di 35 anni di esperienza, curiosità e ricerca in una chiave ovviamente attuale e moderna, grazie anche ad un team di giovani assistenti che mi affianca».

A che punto è la sua nuova avventura?

«Con la nuova collezione ha debuttato la partnership per produzione e distribuzione mondiale con Spazio Sei di Carpi, che dopo 18 anni ha “divorziato” da Blumarine ed è licenziataria di firme come Iceberg e Scervino. Un passaggio che mi dà la possibilità di lavorare ad un total look, non solo alla cerimonia come avvenuto in precedenza. Significa anche capi meno preziosi e poi le linee per maschietti e baby, scarpe e accessori, come coroncine, cappelli, borsine che hanno sempre fatto parte della mia immagine. La collezione è stata presentata a Pitti Bimbo ed è speciale perché è completa».

E il mercato come risponde?

«Alla kermesse fiorentina partecipo da 35 anni, l’affluenza è stata bassa ma i contatti molto buoni. Accanto ai clienti del mondo arabo si sono rivisti i russi, che la crisi aveva allontanato, oltre ad Azerbaigian e Kazakistan. Ed è tornata l’Europa, con Germania, Francia e pure l’Italia che si era persa totalmente. Sono segnali incoraggiati. Per noi la testimonianza di fiducia in ciò che stiamo producendo, per il settore moda il fatto che ci si sta rimboccando le maniche e si sta ripartendo».

La prima boutique monomarca QuisQuis è stata aperta a Doha, nel Quatar, lo scorso anno. È questa l’area più interessante?

«La penisola arabica ama molto quello che faccio e l’espansione prosegue. A Doha prevediamo di aprire un secondo spazio, mentre ad ottobre apriremo ad Abu Dhabi, in tempo per il Gran Premio di Formula Uno e il richiamo che avrà l’evento. All’inizio del 2016 sarà la volta di Dubai. Grazie a Spazio Sei siamo presenti anche in 12 negozi nelle vie della moda di tutto il mondo, nel Dubai Mall, in rue du Faubourg-Saint-Honoré a Parigi, in Piazzetta a Porto Cervo, solo per dare qualche esempio del prestigio e del valore delle location».

Come si conquista una platea così ampia e differente?

«È complicato. Le collezioni sono sempre più vaste per rispondere ai climi, alle ricorrenze, alle usanze e alle religioni. L’estate è, se vogliamo, più semplice perché fa caldo un po’ dappertutto, per l’inverno si ragiona “a strati”, dai golfini che sono sufficienti nei paesi arabi ai cappotti, piumini e pellicce per il mercato russo. Ma cambia anche il gusto e la scelta dei colori, le tinte pastello piacciono ai russi, i colori forti agli arabi, mentre bianco e avorio non vanno in Giappone. E poi ci sono le lunghezze di maniche e gonne, per non parlare delle ricorrenze diverse per ogni nazione e religione. In 35 anni ho imparato a conoscere tutto questo e a tenerne conto».

Come definisce il suo stile?

«Poetico. Da sogno perché senza sogni non si vive. E sempre sereno. Mi piace regalare dei sogni ai bambini e trasmettere l’idea del buon gusto, mostrare che ci si può vestire bene. I miei sono capi cari, per chi ha certe possibilità, non lo nego, ma i bambini sono ben vestiti anche con una camicetta bianca e un paio di jeans».

Ma perché vestire i bambini con capi eleganti e ricercati. Non dovrebbe essere l’età della spontaneità?

«Io credo che sia un modo per far conoscere ed apprezzare il bello e dare un valore alle cose, contro la cultura dell’usa e getta che travolge tutto, anche i ricordi. Contro la volgarità e la violenza. Significa insegnare loro a prendersi cura delle cose, a fare attenzione. Quando i miei figli hanno compiuto 18 anni ho regalato loro un paio di scarpe importati e insieme spazzola e lucido perché le conservassero al meglio, come un caro ricordo. L’abito della comunione, la bella camicia sono anche memoria, si legano ai momenti della vita. In bermuda e t-shirt si può stare tutti i giorni, perché andarci anche ad una cerimonia? Naturalmente il compito di indirizzare al bello e al buon gusto sta ai genitori…».

Quando disegna i capi pensa ai bambini o alle mamme che li compreranno per loro?

«Ho sempre pensato ai bambini. Ogni bambino sogna il bello. La bambina di fare la giravolta con un abito da principessa, per il maschietto forse è un po’ più difficile, ma delle giacche in jersey o felpa lo possono conquistare per una cerimonia».

Come non dovrebbero, invece, essere vestiti i bambini?

«Come dei piccoli adulti. Le bambine con pance scoperte, piercing finti, minigonne esagerate, i bambini come macho in miniatura. Purtroppo è la tendenza in atto, spinta anche da alcune aziende. Ma non la si ritrova solo nel vestire, su Internet, nei talent si vedono sempre più spesso bambini che cantano e ballano scimmiottando gli adulti. È un’immagine che non condivido».

La produzione di QuisQuis è cominciata in Puglia ed ora è Carpi, il made in Italy continua a fare la differenza?

«La manodopera italiana è unica, ma per alcuni tessuti, ad esempio delle sete meravigliose, e lavorazioni scelgo anche all’estero. In India, soprattutto, dove sono maestri nell’uso del colore e nel ricamo con paillette e filo di seta».

Con Bergamo che rapporto ha?

«È la mia città, che amo e dove dovrei vivere, anche se ora gli impegni fuori sono tanti, tra Carpi, dove si produce QuisQuis, la Puglia per seguire la prima linea bambino di Cesare Paciotti, un’iniziativa tutta nuova per la quale hanno scelto me, e i viaggi. Oggi comunque sono più spesso a Bergamo, da mio padre novantenne, che a Trescore, dove abito. Ciò che apprezzo è la possibilità di vivere ancora vicini alla natura, una delle scorse sere mi sono goduto l’arrivo del temporale…».

Come sono i bergamaschi nel vestire?

«È sempre stata una città perbene, mai d’avanguardia. Per un acquisto speciale la meta è sempre stata Milano, come del resto per il teatro e il divertimento. Ci sono però due donne che con i loro negozi fanno tendenza. Una è Rosy Biffi che sin dagli anni 70 è un punto di riferimento per la moda, una talent scout, direi, perché alcuni stilisti li rende famosi lei. L’altra è Tiziana Fausti, che ha portato griffe importanti come Dior, Gucci e Prada».

Mai pensato di passare alla moda per adulti?

«Ho cominciato con la moda donna e con un negozio in via San Tomaso. Il progetto è sempre stato nel cassetto ed ora quel cassetto si è dischiuso, ma è un po’ presto per parlarne…».

Un “assaggio” del prossimo autunno – inverno QuisQuis


Lutto nella moda. È morto Elio Fiorucci

elio fiorucciLa moda italiana e internazionale dice addio ad uno dei suoi innovatori. Il grande stilista e creativo Elio Fiorucci è stato trovato morto stamani nell’abitazione di viale Vittorio Veneto, a Milano. Aveva compiuto 80 anni lo scorso 10 giugno. L’ipotesi più accreditata è che si sia trattato di un malore. La salma è già stata messa a disposizione della famiglia.

Jeans attillati, maglie e scarpe colorate, oggetti in plastica e i celeberrimi angioletti. Sono tante le icone che ha disseminato nel costume con tocco gioioso e libero.

Nato a Milano, Fiorucci ha iniziato a occuparsi di moda insieme al padre. Ha aperto il suo primo – e memorabile – negozio, in Galleria Passarella, nel 1967, mentre la produzione di abiti è cominciata nel 1970. Ben presto il suo stile “pop” e rivoluzionario ha collezionato successi in tutto il mondo, con negozi negozi a Londra e New York. Dopo un’espansione trentennale, nel 1990 Fiorucci ha ceduto l’azienda alla società giapponese Edwin International, mantenendo a Milano il centro di design.

Nel 2003 ha fondato “Love Therapy”, una linea con dei nanetti colorati come logo. Ha collaborato anche con Ovs con la linea “Baby Angel”.

Da sempre animalista e vegetariano, nel 2011 è diventato garante del manifesto “La coscienza degli animali” promosso da Michela Brambilla e nel 2014 ha collaborato con il Wwf creando una t-shirt speciale contro la realizzazione delle pellicce d’angora.

«Con la sua scomparsa, Milano perde un imprenditore straordinario che ha contribuito a rendere la nostra città più globale e innovativa» è stato il pensiero di Carlo Sangalli, presidente della Camera di Commercio e di Confcommercio Milano. «Fiorucci ha saputo parlare a generazioni di giovani attraverso stimoli e idee, non convenzionali, che arrivavano dall’estero, ma che riusciva a interpretare e proporre con grande sensibilità e intelligenza – ha ricordato -. Stilista tra i più creativi, resta ancora oggi un esempio e un punto di riferimento perché rappresenta quello spirito milanese pioneristico in grado di vedere lontano e che dobbiamo avere sempre presente».


Nuovi costumi made in Bergamo, la sfilata in Galleria Mazzoleni

C’è un nuovo marchio di costumi, interamente realizzati a Bergamo. A crearlo due vulcaniche amiche, Elisabetta Giazzi, 32 anni, e Francesca Fiorini, 33, i cui cognomi, in libera versione inglese, sono diventati il brand Jazz & Flower Beachwear.

La collezione del debutto è presente come temporary shop in Galleria Mazzoleni a Bergamo fino al 28 giugno, forse qualche settimana in più, e poi si farà conoscere tra eventi e negozi. Nel frattempo è già riuscita a regalare uno sprazzo di colore in un sabato grigio (lo scorso 23 maggio) con la sua sfilata all’interno del complesso commerciale.


J&F, ecco i costumi che valorizzano il tessile bergamasco

Il momento della prova costume quest’anno potrebbe essere un po’ meno drammatico, grazie ad un nuovo marchio tutto bergamasco.

A crearlo due vulcaniche amiche, Elisabetta Giazzi, 32 anni, e Francesca Fiorini, 33, i cui cognomi, in libera versione inglese, sono diventati il brand Jazz & Flower Beachwear.

La collezione del debutto è presente come temporary shop in Galleria Mazzoleni a Bergamo fino al 28 giugno, forse qualche settimana in più, e poi si farà conoscere tra eventi e negozi. Nel frattempo è già riuscita a regalare uno sprazzo di colore in un sabato grigio (lo scorso 23 maggio) con la sua sfilata all’interno del complesso commerciale.

«Dare vita ad una produzione di costumi era il nostro sogno», racconta Francesca Fiorini. «Lavoriamo in altri settori, io negli investimenti, Elisabetta nel marketing, ma ci piace metterci in gioco e siamo sempre pronte a fare qualcosa di nuovo». J&F Beachwear nasce dopo dieci mesi «di duro lavoro» nei quali le due amiche sono andate alla ricerca di tessuti, stilista, modellista e confezione per dare concretezza al loro progetto. «Abbiamo scelto di affidarci alle aziende e alle professionalità presenti a Bergamo – sottolinea Francesca -, dato che sul versante del tessile non siamo secondi a nessuno. È anche un modo per dare un segnale di fiducia al settore, che vive una crisi ma non certo di qualità».

Per i tessuti il fornitore è la Carvico, di Carvico. Il cosa realizzare deriva da una vera e propria passione di Francesca per il mare, le isole e per i costumi, di cui ha una collezione che spazia dai marchi famosi ai modelli trovati in giro per il mondo. «Ogni volta che si è in costume si sta bene – fa notare -. Fare costumi per noi significa proporre uno stile di vita all’insegna del divertimento, dello stare con gli amici».

E se dentro al costume ci si trova a proprio agio è ancora meglio. «I nostri non sono due pezzi per modelle, tanto che la taglia 38 non c’è nemmeno – evidenzia -, si va dalla 40 alla 46. È moda giovane, sì, ma pensata per rispondere alle esigenze delle diverse corporature. Per le taglie prima e seconda, ad esempio, ci sono modelli che valorizzano il seno; salendo di misura ci sono soluzioni per sostenere, ricorrendo anche a tessuti più tecnici e all’allacciatura dietro al collo. Diciamo che è una concezione consulenziale, da boutique, fino quasi al su misura, se serve qualche aggiustamento, infatti, lo realizziamo». «La personalizzazione è facilitata dalla possibilità di comprare un singolo pezzo – aggiunge – . Si possono abbinare il reggiseno di un modello con lo slip di un altro oppure con tre pezzi realizzare due costumi diversi o ancora comprare una parte da abbinare ad un costume che già si possiede: c’è grandissima libertà». A fare il resto ci pensano fantasie, colori e stile, racchiusi in sette linee tutte ispirate ad un’isola.

«Anche il prezzo è un aspetto che crediamo possa fare la differenza – prosegue Francesca -. Per qualità i nostri costumi sono sullo stesso piano di quelli venduti attorno ai cento euro, da noi il prezzo medio è ottanta, e non è poco».

Su Bergamo si è indirizzata anche la scelta dei partner per tutto ciò che completa il costume da bagno da proporre in negozio: la boutique Le Fate di via Broseta per copricostume, cappelli, orologi e accessori spiaggia; per i teli mare Zenoni e Colombi di Albino.

Intelligente è anche l’idea del debutto itinerante. «Dopo il temporary shop abbiamo in programma alcuni eventi, ad esempio nell’estivo allo spalto di San Giacomo e in collaborazione con un negozio di ottica – anticipa –, e poi corner nei negozi, da Città alta a Brescia, alla Costa azzurra, dove ho contatti. Per quanto fantasiose, entusiaste e convinte del nostro progetto abbiamo i piedi per terra e non abbiamo fretta. Anche nei sogni non bisogna esagerare. Abbiamo investito nostre risorse, vediamo come risponde il mercato e poi faremo i passi successivi, come aprire un vero negozio».