Dal prossimo ottobre stop ai Diesel Euro 3

Per contenere l’inquinamento, da ottobre del 2016 scatterà in Lombardia un nuovo divieto di circolazione per i mezzi Diesel Euro 3 in tutti i 209 Comuni compresi nella Fascia 1. La limitazione scatterà ogni anno e durerà fino al 15 aprile successivo. Lo ha ricordato l’assessore regionale all’Ambiente, Energia e Sviluppo sostenibile Claudia Maria Terzi, a margine del “Tavolo Aria”, il Tavolo permanente di lavoro con funzioni di consultazione istituzionale in materia di qualità dell’aria, a cui partecipano soggetti pubblici e privati.

«Siamo molto orgogliosi di questo provvedimento, che andrà in Giunta la prossima settimana – ha detto la titolare lombarda dell’Ambiente – e che vede come sempre la Lombardia precursore rispetto alle altre Regioni italiane. Stiamo anche proseguendo tutto il lavoro sulle combustioni delle biomasse legnose, che sono un’altra fonte importante di produzione di pm10, ovvero della cattiva qualità dell’aria, e parimenti continuiamo con l’azione di sollecitazione al Governo per quanto riguarda i decreti attuativi dell’accordo del Bacino Padano».

«In sede tecnica – ha proseguito Terzi – abbiamo raggiunto con tutte le altre Regioni gli accordi, sostanzialmente ora mancano quindi solo i decreti attuativi, in particolare dal Ministero dell’Economia. Questo sarebbe fondamentale al fine di omogenizzare tutti gli interventi a livello di Bacino Padano, quindi Nord Italia».

«Una regia unica – ha spiegato l’assessore -, assolutamente necessaria, c’è già, con un confronto costante con le altre Regioni; il problema vero è che la regia non può che essere governativa, dei Ministeri coinvolti: dal 2013, anno in cui abbiamo sottoscritto l’accordo, tutto il lavoro preparatorio è stato fatto, ora il prossimo passo spetta ai Ministeri, con l’obiettivo di avvicinarci il più possibile ai limiti posti dalla normativa europea per contenere i superamenti delle pm10 entro i 35 giorni in un anno». «È un obiettivo difficile, ma, se esaminiamo i dati degli ultimi dieci anni, – ha concluso Terzi – ci stiamo avvicinando, il che significa che le azioni messe finora in campo sono quelle giuste e stanno dando i loro frutti».


Traffico merci in ripresa, ma gli autotrasportatori continuano a soffrire

Il traffico merci in Italia è finalmente in ripresa: dopo dieci anni di calo, nel 2014 è tornato il segno più (+0,5%), mentre nel 2015 e nel 2016 la crescita sarà dell’1,6%.

Eppure i problemi del settore continuano ad essere evidenti, anzi c’è addirittura l’imbarazzo della scelta. Tra i tanti salta agli occhi un evidente problema di concorrenza, determinato anche da regole ambigue e da scarsi controlli, a scapito degli autotrasportatori italiani: tra il 2003 e il 2013 la quota delle merci entrate in Italia trasportate da operatori dell’Europa orientale è cresciuta di addirittura il 600% e supera ormai il 47%, mentre era meno del 7% nel 2003.

La quota degli autotrasportatori italiani si avvicina, invece, al 15%, quando nel 2003 era pari a quasi il 33%. Ma non si può certo trascurare altre storture che sanno di autolesionismo, come il fatto che tra il 2000 e il 2012 gli investimenti nei trasporti sono scesi del 47% (da 20 a 10 miliardi) o che nei nostri centri urbani si continui a viaggiare “a passo di lumaca”, con una velocità media è di 15 km/h, la stessa di fine ‘700…

Di tutto questo, e di altro ancora, si è parlato nel corso del quarto convegno annuale sui trasporti organizzato a Roma da Confcommercio, dal titolo “L’Italia disconnessa”, nel corso del quale è stato presentato il rapporto “Analisi e previsioni per il trasporto merci in Italia”, realizzato dall’Ufficio Studi confederale.

Dallo studio, illustrato dal responsabile Mariano Bella, emerge il malessere delle imprese italiane di autotrasporto: se una quota già ridotta di imprese “nostrane” ha mostrato ricavi in crescita negli ultimi sei mesi (6,9%), neppure la metà di questa frazione è espressa dalle imprese di autotrasporto.

Allo stesso tempo, se tra le imprese appartenenti a tutti i settori il 10,1% prevede ricavi in crescita (il 56% invariati, un terzo in riduzione) soltanto il 2% delle imprese di autotrasporto indica la prospettiva di ricavi crescenti nei prossimi sei mesi. Il tutto in una situazione, seppure parziale e ancora insoddisfacente, di ripresa: nel 2014 il settore è, come detto, tornato a crescere (+0,5%) e nel 2015 e nel 2016 è prevista una crescita dell’1,6%.

È finita, insomma, la fase discendente del trasporto merci, ma la strada da recuperare è eccezionalmente lunga. Le perdite in termini di tonnellate-chilometro sono state del 21,6% tra il massimo del 2005 e il minimo del 2013. Rispetto ai massimi, alla fine del 2016 i livelli saranno inferiori ancora del 18,7%.

Male, molto male, anche l’occupazione, se si pensa che il 97% della caduta occupazionale del trasporto merci tra il 2008 e il 2012 è da ascrivere proprio all’autotrasporto (27mila unità su 27mila e 900), soprattutto nelle imprese più piccole.

Ma se si può indicare nell’autotrasporto il “grande malato” del comparto, altrove non è che la situazione sia brillante, tutt’altro. Bastano pochi dati: per esportare un container occorrono 19 giorni e 1.195 dollari in Italia contro i 9 giorni e 1.015 dollari della Germania; il traffico su ferrovia riguarda 19 miliardi di tonnellate-chilometro contro i 122 della stessa Germania; la rete autostradale è pari a 1,81 km ogni 10mila vetture contro i 6,61 della Spagna.

Eppure, i trasporti sarebbero davvero la “chiave” della ripresa: riducendo solo del 10% tempi e costi medi di trasporto, il Pil crescerebbe dello 0,7%. Come se ne esce? Serve una cura drastica che Confcommercio ha declinato in cinque proposte: creazione del Registro internazionale dell’autotrasporto;  individuazione dei porti strategici, sviluppo dell’intermodalità dei collegamenti terrestri e potenziamento delle Autostrade del Mare; apertura di notte dell’Alta Velocità al trasporto merci tramite la realizzazione della “metropolitana italiana delle merci”; trasporto su ferro dei Tir che arrivano via mare nei nostri porti dal Mediterraneo e che trasportano merce destinata all’estero; avvio di una strategia nazionale in favore dell’accessibilità e della mobilità urbana.


Autotrasportatori, «spiazzati da burocrazia e nuove norme»

camiono646.jpg“Padroncini tra l’incudine e il martello” è il titolo del convegno organizzato dall’Area Trasporti di Confartigianato Bergamo, in programma venerdì 29 maggio alle ore 20.30, nell’Auditorium di via Torretta 12.

La categoria dell’autotrasporto merci, in particolare i Padroncini e le Pmi, oltre ad essere provata dal perdurare della crisi del settore e dalle difficoltà nei pagamenti, deve affrontare una continua proliferazione di norme, leggi, controlli, incombenze burocratiche e cambiamenti di situazioni che da poco si erano consolidate. E il mancato rispetto delle disposizioni può comportare sanzioni anche molto pesanti.

Una recente circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, poi, ha previsto anche per la nostra provincia la pianificazione di una serie di ispezioni in materia di orario di lavoro e di tempi di guida e di riposo. L’incontro del 29 maggio mira a fare chiarezza e a sciogliere dubbi sulla situazione normativa del settore e le relative problematiche.

I lavori saranno aperti da Dario Mongodi, capo Area Trasporti di Confartigianato Bergamo. A seguire gli interventi di Alfredo Roggeri, consulente esperto del codice della strada, che illustrerà i principali errori nell’utilizzo del cronotachigrafo e nello svolgimento dell’orario di guida, cosa avviene in caso di controllo da parte dell’ispettorato del lavoro in azienda e cosa si può fare preventivamente e successivamente alla verbalizzazione per limitare il danno. Prenderà poi la parola Giovanni Tagliabue, avvocato esperto in materia di trasporto merci, che presenterà le novità introdotte con il decreto “salva Italia” e successivi provvedimenti. Le conclusioni e la chiusura dei lavori saranno affidate sempre a Dario Mongodi.

Per iscrizioni: ufficio Aree di Mestiere (tel. 035 274267; e-mail: roberta.tarchini@artigianibg.com).