Sale da ballo improvvisate e circoli fuori legge inaspriscono e rendono sleale la concorrenza con sale da ballo, discoteche e locali notturni, alimentando ingenti danni economici. La crisi poi non fa che agevolare il proliferare di circoli e club, nati con il solo scopo di sottrarre denaro all’erario e fare business, contrariamente a quanto impone una forma giuridica che bandisce il lucro dalle sue finalità. «Con la crisi crescono i circoli, che non versano tasse, non hanno dipendenti ma soci e non sono soggetti all’agibilità e quindi ai relativi standard di sicurezza. Sono oramai più grandi delle stesse discoteche e la maggior parte non rispetta le regole dei circoli – sottolinea Paolo Visinoni, presidente del Gruppo Sale da Ballo Ascom -. La forma giuridica sembra in molti casi un modo di aggirare la legge per sfruttare i vantaggi fiscali dei circoli, senza tuttavia rispettarne di fatto le regole. Un circolo infatti non ha fini di lucro e non può pertanto trovare nell’attività di bar e somministrazione una forma di guadagno, non può avere nemmeno un’insegna, né tanto meno fare pubblicità». D’estate la concorrenza di feste che trasformano cortili e prati in sale da ballo a tutti gli effetti si fa sentire sempre più con la crisi: «Ormai si balla ovunque. Le feste nei paesi e nei quartieri stanno portando ad una vera e propria erosione del popolo del ballo, specialmente degli appassionati di latino americano», continua Visinoni.
Una recente analisi del centro studi Fipe-Confcommercio realizzata per il Silb, l’associazione italiana delle sale da ballo aderente alla stessa Federazione, ha fotografato il fenomeno. «Far ballare senza avere le autorizzazioni previste per legge significa innanzitutto mettere a rischio la salute di chi partecipa agli eventi e significa anche sottrarre circa un miliardo di euro al circuito economico legale – evidenza il sindacato -. Un valore pari a quello generato dalle strutture che consentono lo stesso tipo di offerta, ma con tutte le carte in regola, e una fetta non da poco, visto che tutto l’intrattenimento, compreso cioè anche quello non danzante, genera un valore pari a 7,5 miliardi di euro».
Il fenomeno delle discoteche mascherate da circoli ricreativi, sportivi o culturali è conosciuto a molti cittadini come esperienza vissuta, ma scarsamente registrato a livello numerico. Eppure dalla ricerca risulta chiaramente che nel 43,6% dei casi la tessera associativa fatta firmare al cliente al momento dell’ingresso in realtà è utilizzata prevalentemente per vedere amici e bere qualcosa. Non meno rilevante è il dato che riguarda l’ascolto della musica e il ballo, finalità vera per cui si sottoscrive la tessera associativa nel 13,5% dei casi. D’altra parte, la rete dei luoghi non convenzionali, fra associazioni sociali e culturali è di circa 20.000 unità a cui vanno aggiunti altri 14.000 tipologie di circoli sportivi fra palestre, spa, centri, piscine e quant’altro. «Si tratta – spiega la ricerca – di potenziali luoghi di offerta di intrattenimento accompagnata da somministrazione di alimenti e bevande».
Le iniziative contro l’abusivismo sono aumentate in maniera notevole, passando dalle 10 del 2010 alle 97 dell’anno successivo per arrivare alle 147 del 2012 e 56 in questa prima parte del 2013. La provincia più responsabile nel denunciare questa forma di illegalità è stata quella di Parma con 31 segnalazioni effettuate dal Silb, seguita di misura da Lecce e Brescia con 20 denunce. «L’abusivismo – dichiara Maurizio Pasca, presidente Silb-Fipe – è la più sgradevole e pericolosa concorrenza sleale in grado di stravolgere e condizionare la competitività sana fra imprese. Come associazione di categoria stiamo svolgendo un ruolo di sentinelle sul territorio per combattere l’illegalità, ma non possiamo fare tutto da soli. Le nostre segnalazioni devono essere sostenute e portate avanti dalle forze dell’ordine, dalle pubbliche amministrazioni e anche dai cittadini che dovrebbero rifiutare di firmare tessere associative per ballare, bere e mangiare».
Il fenomeno non è nuovo anche in Francia, dove le azioni di contrasto si concentrano soprattutto nelle normative sulla formazione obbligatoria, sul controllo delle licenze per la somministrazione di alcol, sui divieti per la vendita di alcolici a minori di 18 anni e nelle limitazioni ai minori di 16 se non sono accompagnati da un adulto. La federazione francese ha anche istituito una commissione speciale dedicata all’abusivismo a cui si dà risalto con una campagna di informazione sui media. Non molto diversa la situazione in Spagna, dove i problemi del settore sono costituiti dalle abitudini di consumo variate anche in relazione alla multietnicità sociale, dalla liberalizzazione che ha portato ad una concorrenza sleale e dall’abuso di alcol che si tenta di contrastare con una cultura del bere responsabile e con una cultura dello stile di vita mediterraneo, cioè con “l’arte de vivir”.