Rigenerazione urbana, i presupposti per la revisione delle regole ci sono

Rigenerazione urbana, i presupposti per la revisione delle regole ci sono

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La rigenerazione urbana non è un tema del futuro ma un’esigenza attuale. Negli ultimi vent’anni la maggior parte delle città in Italia hanno guadagnato in abitanti e in metri cubi di cemento ma hanno anche perso qualità della vita. Gli indici concordano sull’arretramento.
Esistono delle dimensioni come quella sociale e ambientale che mostrano un netto peggioramento coinciso peraltro con la riduzione dei trasferimenti dallo Stato agli enti locali.
Il tema non è cruciale solo per l’Italia ma per l’intera Europa. Perché il 72 per cento della popolazione dell’Unione europea vive nelle città e nei loro sobborghi. Quindi è un’esigenza diffusa.

In Confcommercio è stato presentato il nuovo accordo per la rigenerazione urbana tra la confederazione del terziario e ANCI, sottoscritto qualche settimana fa. Per noi costituisce una grande opportunità. La presentazione del protocollo è coincisa con l’illustrazione delle buone pratiche in molte città: i Sindaci e le associazioni si sono organizzati per produrre una progettualità di contrasto alla desertificazione commerciale e al degrado. Bergamo, più volte citata, è un esempio di grande rilievo insieme a Parma ed a Ancona.

Il Governo, secondo le parole del viceministro Massimo Garavaglia intervenuto alla riunione, è concentrato sulla riforma fiscale che dovrebbe dare fiato alle imprese. Se per noi la questione fiscale con in primis il disinnesco dell’aumento dell’IVA è prioritario, non dobbiamo dimenticare che il nostro settore ha bisogno di grandi interventi.

Il primo è la revisione del piano delle regole sulla distribuzione commerciale. Il decreto Bersani a più di vent’anni dalla sua introduzione è ormai vecchio di impostazione e incapace di garantire l’obiettivo per il quale era nato, ossia garantire lo sviluppo equilibrato della distribuzione commerciale in ogni sua forma. Basta pensare che quando è stato emanato il commercio elettronico non c’era ancora e non è un caso che manchi qualsivoglia regolazione per l’apertura di poli logistici che movimentano milioni di fatturato e di mezzo commerciali. Inoltre la Bolkestein ha reso inefficaci i piani di Governo dei Comuni, aprendo alla Babele delle medie superfici di vendita.

Bergamo città ed altri comuni della nostra Provincia, in collaborazione con le associazioni, stanno facendo spesso i salti mortali per mantenere la qualità e l’attrattività dei centri storici ma da soli non ce la possono fare.

I presupposti per la revisione delle regole ci sono. Se nel 1997 Confcommercio e ANCI stavano su posizioni diametralmente opposte, oggi l’indebolimento delle città e la rigenerazione attraverso la funzione del commercio è un interesse comune. Questa unitarietà di intenti potrebbe favorire visioni coincidenti. Centri logistici, medie e grandi strutture di vendita sono da rimettere sotto controllo mentre il consumo di suolo va bloccato.

Il secondo passo è la valorizzazione del partenariato. Non si può sempre lasciare all’iniziativa di pochi illuminati amministratori e delle Associazioni il contrasto di ciò che non funziona. Le esperienze di collaborazione tra pubblico e associazione hanno dato risultati positivi. Il metodo deve essere valorizzato, devono essere favoriti nell’accesso ai fondi.

Occorre tornare a parlare insieme di pianificazione del commercio. Vent’anni fa serviva liberalizzare oggi invece occorre proteggere gli esercizi che svolgono un servizio alla comunità. I Comuni devono tornare a poter stabilire le regole per l’insediamento di nuove attività, mettendo l’interesse della comunità al di sopra di quello del privato cittadino. Non le chiameremo più tabelle merceologiche ma dobbiamo prevedere cosa serve e come favorirlo. Ritorno al passato? Forse. Anche però un grande salto nel futuro perché le città green e Smart hanno bisogno di recuperare il commercio e la qualità della vita.

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