Parlare con gli ammalati: quando, come, con quali parole? E come cambia se il paziente è un bambino, o se sappiamo di non poterlo guarire? Medici, psicologi e infermieri se lo chiederanno – e questo è già un successo – nel convegno del 31 ottobre al Centro Congressi. Soprattutto però ne parleranno con i cittadini, con gli studenti, con chi in corsia veste il pigiama e non il camice. La Fondazione di ricerca Ospedale Maggiore (From), l’Ospedale Papa Giovanni XXIII con il sostegno della Fondazione Menarini, promuovono un meeting che vuole prendere atto di come sono cambiati i pazienti, che non delegano più le decisioni sulla propria salute ai tecnici, ma si informano, spesso su Internet; confrontano professionisti, centri e terapie; propongono soluzioni e priorità.
Gli operatori dal canto loro si trovano a vivere in un contesto profondamente cambiato, senza che la formazione universitaria ne tenga conto. Allora ben venga una giornata di riflessione e scambio, che sottolinei l’importanza di parlare (e ascoltare!) gli ammalati, anche cercando di capire se e come si possa imparare a farlo bene. Non si tratta di umanizzazione, brutto termine che sembra sottintendere che finora cura e assistenza fossero disumane. Prendere atto dei cambiamenti in corso, delle soluzioni messe in campo e di quello che resta da fare perché il colloquio – ma sarebbe meglio dire dialogo – tra medico e paziente non assomigli più a quello tra Renzo e l’Azzeccagarbugli. Sul tema interverranno, stimolati da Giuseppe Remuzzi, medici, infermieri, psicologi, anche l’ex ministro Fabio Mussi, in dialogo con il pubblico presente, cittadini, studenti, associazioni. Emilio Zanetti, vicepresidente From, ha sottolineato: “L’innovazione riguarda anche il modo di rapportarsi con i malati. La ricerca serve a fare le cose in modo nuovo, migliore e questo vale anche per gli aspetti di relazione. Una realtà come la nostra, che ha un forte legame con la città e il territorio, non può che appoggiare questa iniziativa”.
Giuseppe Remuzzi, direttore del Dipartimento di Medicina, ha raccontato della madre di un paziente, che, dopo aver approfondito in Internet le possibili terapie per il figlio affetto da malattia rara, scrisse una mail al medico curante: “Forse potremmo incontrarci e parlarne”. Quello che il New England Journal of Medicine chiama “the changing task of medicine”, la sfida della medicina che cambia, è tutto qua, in questo “potremmo trovarci e parlarne”. Una delle sfide più grandi è quella di parlare con gli ammalati e sapersi spiegare. All’Università a parlare agli ammalati non te lo insegna nessuno. E un bravo medico deve anche saper ascoltare per poi suggerire le soluzioni e i vantaggi e i rischi. E se una cosa non la sa fare lui, ti manda dalla persona giusta, senza connotazioni affettive o caritatevoli però, perché oggi è l’ammalato l’artefice vero del suo guarire. Un po’ come dal barbiere – irriverente se volete ma rende l’idea – quasi nessuno di quelli che ci vanno dice “faccia lei”. I più vogliono i capelli così, la messa in piega cosà, il barbiere consiglia, ma si decide insieme”.
Tiziano Barbui, direttore scientifico di From ha concluso: “La medicina è cambiata, sono cambiati i pazienti, è cambiato il modo di curare, che è sempre più multidisciplinare e sempre più dipendente dalla tecnologia. Per questo è necessario ripensare il rapporto con gli ammalati, perché al centro resti la persona di cui dobbiamo prenderci cura e la relazione con chi se ne deve occupare”. L’ingresso al convegno è libero, gratuito e aperto a tutti, previa prenotazione sul sito della Fondazione Menarini www.fondazione-menarini.it/Prossimi-Eventi compilando la scheda di iscrizione on line.