Quadrino: “La crisi? E’ iniziata
con la bolla high tech del 2000”

Umberto Quadrino è un imprenditore e manager. Dopo un'esperienza all'ufficio ricerche dell'Unione industriali a Torino, è entrato a far parte del Gruppo Fiat. Nel 1976 è assistente dell'ad Cesare Romiti. Quattro anni dopo assume la responsabilità dell'area amministrazione e controllo. Dal 1982 al 1991 lavora in società controllate come l'Iveco, dove è direttore di amministrazione e finanza, e la Gilardini, come amministratore delegato. Nel 1996 è nominato ad della New Holland. Nel 2001 diventa presidente di Montedison ed Edison, società che vengono fuse in un'unica azienda. Il 26 aprile 2011 ha concluso il suo mandato. Michele Ferrero, titolare del colosso dolciario, l'ha voluto come consulente. Oggi assiste aziende italiane internazionali nella definizione delle loro strategie. 
Dottor Quadrino, la crisi che stiamo vivendo sembra essere senza fine. Qual è la sua opinione?
“Non posso essere ottimista: l'aumento della disoccupazione e l'andamento dei conti pubblici gettano ombre sulla possibilità di una rapida ripresa. Ma il disfattismo è sciocco e non serve a nulla. Ci sono eccellenze italiane, settori industriali che vanno bene, con aziende che riescono a esportare tre quarti della loro produzione registrando fatturati in crescita e risultati notevoli. Come il comparto di abbigliamento e arredo casa; pochi sanno, ad esempio, che siamo i primi produttori al mondo di rubinetti. La nostra industria meccanica è ai primi posti. Va molto bene anche l'alimentare, anche per merito del nostro vino, dall'ottima qualità, che traina l'export”.
Anche Marchionne, ad di Fiat-Chrysler, ha dichiarato che bisogna piantarla col pessimismo, che anche  l'auto può ripartire…
“Sono contento dell'ottimismo di Marchionne, ma la realtà è che continuiamo a importare auto di grossa cilindrata mentre esportiamo Panda e Punto. Per essere ottimista attendo prodotti italiani che competano con Bmw e Mercedes”.
Quali settori hanno un deficit commerciale con l'estero?
“Tradizionalmente la chimica farmaceutica, l'elettronica, l'automobile e il settore dell'energia. Nella chimica le guerre tra aziende italiane hanno portato a una crisi irreversibile del settore. Negli Anni Sessanta nei laboratori della Olivetti di Ivrea nascevano i primi computer. Ma poi le cose sono andate come ben sappiamo: non è stata colta la sfida dell'alta tecnologia e così pc, iPad e cellulari sono tutti importati. Nell'automobile, negli Anni Sessanta e Settanta eravamo forti esportatori mentre oggi la bilancia è pesantemente in rosso. Nel settore dell'energia l'Italia non ha risorse naturali e deve importare”.
Per ridurre l'importazione di energia potremmo produrla in casa con le energie rinnovabili. Ma qual è il costo dell'energia pulita?
“Oggi il costo è ancora  elevato anche se si e molto ridotto negli ultimi anni.  Il maggior costo rispetto alle fonti tradizionali è forte: 12 miliardi all'anno e diventeranno 16 nei prossimi anni. Questo costo grava sul consumatore ogni volta che accende la luce senza che nessuno gli abbia chiesto un parere.  E' un onere che pesa più dell'Imu, che costa 7-8 miliardi”.
A proposito, cosa pensa della tassa sulla prima casa?
“Tutti i Paesi hanno un'imposta sul patrimonio. E' stato un errore averla tolta senza aver fatto i conti coi vincoli di bilancio. Non si può abbassare il carico fiscale senza avere una valida alternativa”.
E’ d’accordo con la “patrimoniale”?
“Le imposte patrimoniali sono una tassazione antipatica. Esistono un po' ovunque, anche in Francia e Svizzera. Ma devono essere moderate, colpiscono infatti il risparmio e sono come una seconda tassazione che disincentiva gli investimenti e lo sviluppo dell'economia. Le tasse sul reddito in Italia sono molto elevate, ma ci sono redditi esenti, come quelli agricoli, e c'è una vasta evasione, che è una forma di un'autoesenzione. Invece, tassare il patrimonio è più facile. Lo puoi vedere, toccare e attaccare. In materia fiscale ci vuole l'operazione ragionevolezza: lotta all'evasione affinché tutti paghino e un carico fiscale più moderato e sopportabile”.
Un tempo c'era la netta distinzione tra Occidente e Sud del mondo, oggi come è cambiato lo scenario?
“Se un marziano avesse guardato, dieci anni fa, il pianeta Terra avrebbe osservato un'area geografica molto sviluppata, la nostra, al contrario di Asia, Africa e Sudamerica, i cosiddetti Paesi in via di sviluppo. Oggi la situazione è diversa. L'Occidente che si sviluppava del 2% l'anno ormai da tempo ha iniziato a perdere colpi. La crisi attuale non è cominciata nel 2007, ma molto prima, nel 2000 con l'esplosione della bolla high tech. Dopo quella prima crisi ne sono seguite molte altre”.
Come quella dei mutui subprime?
“Certo, le banche hanno prestato facilmente soldi per l'acquisto delle case, finanziando anche oltre il valore dell'immobile e senza curarsi troppo delle capacità di rimborso del debito”. I risultati si sono visti con la relativa spirale negativa”.
Non ci siamo fatti mancare neppure lo scandalo derivati…
“Sì, un approccio che si è rivelato sbagliato. Persino le banche che creavano questi prodotti alla fine conoscevano poco il contenuto degli stessi e i reali rischi. Anche in questo caso la bolla è scoppiata”.
Così siamo entrati nella crisi del 2008. Cosa può fare lo Stato italiano per uscire dal tunnel?
“L'Italia ha aderito all'euro e deve comportarsi secondo le regole che la moneta unica oggi detta. Questa è la realtà che dobbiamo affrontare e realisticamente non c'è da attendersi dal settore pubblico una politica espansiva di rilancio dell'economia. Finora si sono aumentate le tasse, domani forse si riuscirà a ridurre la spesa, ma entrambe le cose non facilitano certo la spesa economica. Non a caso, gli unici settori economici che vanno bene, sono legati all'esportazione, in particolare verso i paesi emergenti dove l'economia è in piena espansione”.
L’Europa?
“La crisi c'è ovunque, con la sola eccezione della Germania anche se l'economia sta rallentando. Il dibattito in corso è se la politica monetaria europea, finora improntata alla ricerca della stabilità monetaria e alla bassa inflazione, debba essere modificata in direzione più espansiva con minori vincoli alla crescita della spesa pubblica. E' quello che chiedono Italia e Francia, ma finora la Germania non ha dato retta”.
Stanno meglio altrove, insomma…
“Stati Uniti, Inghilterra e Giappone stampano moneta a dismisura per riviltalizzare l'economia. Infatti le cose in questi Paesi vanno meglio, ma c’è il rischio di ricreare un'altra bolla. Non esiste una scorciatoia per risolvere il problema dell'eccessivo indebitamento e non si possono pagare i debiti contraendone altri all'infinito. L'adozione dell'euro è stata una cosa buona e giusta e ha imposto disciplina economica a paesi come l'Italia che non l'hanno mai avuta. Ora vanno attuate delle politiche economiche convergenti con il resto d'Europa, altrimenti la moneta unica per l'Italia rischia di essere una camicia di forza”.
Gli italiani lamentano spesso la conversione mille lire-un euro.
“E' un fenomeno tipico italiano. Da noi la tazzina di caffè è arrivata a costare il doppio, raggiungendo il prezzo di Francia e Germania. Sono lievitati anche i prezzi dei ristoranti e di quei servizi dove c'è stato un minore controllo. C'è stato anche un innalzamento degli stipendi dei top manager ai parametri internazionali. Diciamo che con l'adozione dell'euro quando i prezzi dei prodotti erano più bassi rispetto a quelli degli altri paesi europei abbiamo assistito a un veloce allineamento. Peccato che non ci siamo allineati al resto d'Europa per quanto riguarda la produttività e l'efficienza della pubblica amministrazione”.
Ma allora stavamo meglio con la lira?
“No. L'economia italiana dagli Anni Ottanta era abituata a un livello d'inflazione molto elevato, superiore alle due cifre, che veniva recuperato con periodiche svalutazioni. Alta spesa pubblica, alti aumenti salariali, alta inflazione portavano la nostra economia a non essere competitiva con gli altri paesi. La situazione veniva sanata con forti svalutazioni che restituivano per qualche tempo competitività al Paese e riducevano il peso del rimborso del debito espresso in lira svalutata. Un meccanismo malato che penso nessuna persona di buon senso possa rimpiangere”.