La lingua, si sa, non è un semplice strumento di comunicazione né un banale specchio della realtà circostante. La lingua può creare realtà ed essere un potente motore di cambiamento. Dagli studi di linguistica, sappiamo che esiste uno stretto legame tra l’uso del linguaggio e la disparità sociale di potere. Sulla base di queste considerazione, un gruppo di Consiglieri comunali (Magni, Cassina, Nespoli, Camerlingo, Carretta, Milesi, Riccardi, Amaddeo, Marchesi, Rota, Ongaro, Deligios, Fracassi, Tognon, Russo, VergaIli, Serra, Paganoni e Eynard) ha presentato un ordine del giorno, firmato da Emilia Magni presidente del Consiglio delle Donne, sull “Uso del genere nel linguaggio amministrativo per intraprendere un percorso di revisione dei termini utilizzati in tutta la modulistica del comune in modo da mettere in evidenza entrambi i generi”. Il tema figura tra gli argomenti in lista nel prossimo Consiglio comunale in programma il 13 luglio.
Nell’Odg si evidenzia che “se da un lato le donne stanno acquisendo maggiore partecipazione nella vita civile, dall’altro vi è una “resistenza” nell’uso della lingua a riconoscere tali posizioni e chiamarle con il loro nome”. Insomma, a fronte di un’ascesa in ruoli, professioni e carriere delle donne non esiste un’adeguata trasformazione della lingua, che usa ancora il maschile attribuendogli una falsa neutralità. “La società – scrivono i consiglieri – è profondamente cambiata ma il linguaggio, che è fondamentale al fine di una valorizzazione delle differenze di genere, si evolve più lentamente; continuano a persistere rappresentazioni delle donne, anche nel linguaggio, che riproducono gli stereotipi legati ai ruoli tradizionali, contribuendo ad ostacolare e delimitare il ruolo della donna nell’ ordine familiare e sociale. Come afferma la linguista Cecilia Robustelli, professoressa associata di Linguistica italiana presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, che collabora con l’Accademia della Crusca per le questioni relative alla politica linguistica europea, “Oggi la parità dei diritti passa per il riconoscimento anche attraverso l’uso della lingua della differenza di genere”.
Pertanto, ricordato che “è necessaria una comunicazione pubblica aderente ai ruoli della donna e che superi gli stereotipi; che un forte richiamo alla necessità di usare un linguaggio non discriminatorio è contenuto anche nella Direttiva 23 maggio 2007 “Misure per attuare parità e pari opportunità tra uomini e donne nelle amministrazioni pubbliche” emanata per attuare la Direttiva 2006/54/CE del Parlamento e del Consiglio europeo, i consiglieri firmatari dell’Odg sostengono che “cambiare il linguaggio negli atti pubblici è un messaggio importante e preciso che l’Amministrazione dà alla propria struttura e a tutta la società: il riconoscimento di uno status di piena dignità per le donne anche dal punto di vista linguistico, sottolineandone l’identità femminile anche attraverso un adeguato uso della lingua”.
Alla luce di tutto ciò, i consiglieri firmatari chiedono al sindaco e alla Giunta di intraprendere un percorso di revisione dei termini utilizzati in tutta la modulistica del Comune in modo da mettere in evidenza entrambi i generi. Se è necessario, di realizzare un corso di formazione per le funzionarie e i funzionari sull’uso del linguaggio di genere.