“Dò la mia parola che l’Iva non aumenterà e che le clausole di salvaguardia saranno disinnescate”. Luigi Di Maio, ministro dello Sviluppo economico, del Lavoro e delle Politiche sociali, ha scelto l’Assemblea annuale di Confcommercio, svoltasi oggi, 7 giugno a Roma, per l’annuncio tanto atteso da migliaia di imprenditori del terziario. E’ stata la sua prima uscita pubblica dopo la formazione del nuovo Governo, e il numero uno del Movimento Cinque Stelle ne ha approfittato per spiegare prima di tutto che l’unione dei due dicasteri sotto la sua responsabilità sta a significare che “è finita l’epoca del datore di lavoro contro il dipendente e che esiste una ricetta per far decollare le imprese che creano lavoro e sviluppo: lasciarle in pace. Leggi come quelle per la semplificazione hanno soltanto complicato la vita degli imprenditori, deve cambiare la cultura di fare le leggi”. “Spesometro, redditometro, split payment hanno reso schiavo chi crea lavoro di una serie di adempimenti burocratici che costano decine di miliardi e 100 giorni l’anno. Se troveremo i fondi incroceremo le banche dati e invertiremo l’onere della prova: siete tutti onesti – ha proseguito Di Maio rivolgendosi alla platea – fino a prova contraria”. Passando a parlare di infrastrutture, il ministro ha detto che “ci lavoreremo tantissimo, non siamo il governo del No, ma va chiarito che non abbiamo bisogno di nuove leggi, piuttosto di semplificare il codice degli appalti. Secondo noi è importante il valore dell’esempio: se le istituzioni si comportano in modo corretto ed etico, così fanno i cittadini”. Quanto invece al salario minimo, “per le professioni in cui vige la contrattazione nazionale – ha detto Di Maio -vale quest’ultima, mentre per le altre, come è il caso dei riders, serve il salario minimo in attesa di mettere in piedi una contrattazione nazionale”. Per quanto riguarda poi il capitolo Innovazione, ” va sempre di più semplificato l’accesso a Impresa 4.0. Sarò sempre a disposizione – ha detto il leader dei Cinquestelle – per agevole e semplificare l’accesso agli incentivi e ai meccanismi di sgravio per le imprese”. Detto sulla scuola che “occorre rimettere in piedi i vecchi istituti tecnici e commerciali”, Di Maio ha concluso sottolineando che “dobbiamo ricontrattare a livello europeo alcune condizioni che l’Italia non può più adempiere, anche dicendo alcuni no. Non serve la clava, ma se non c’è interesse per gli italiani fermiamoci un attimo come è stato fatto per altri Paesi europei”.
La relazione del presidente Confcommercio Imprese per l’Italia, Carlo Sangalli
“Serve maggiore responsabilità per un Paese vulnerabile ma coraggioso come l’Italia”
Serve “una responsabilità comune ed urgente, perché gravi ed urgenti restano le questioni aperte a livello europeo e nell’agenda del nostro Paese”. Così il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, in apertura della sua relazione all’Assemblea Generale della Confederazione a Roma. L’Europa, appunto, per cominciare. A proposito della quale la scelta non è tra “meno o più Europa, ma per un’Europa migliore, cioè più prossima ai cittadini, più amica delle imprese”, ha detto Sangalli, che invece ha definito l’Italia “vulnerabile e coraggiosa al tempo stesso”. Vulnerabile per effetto dell’alto livello del debito pubblico, per l’eccesso di pressione fiscale e di burocrazia, per la consuetudine a interpretare le regole piuttosto che a rispettarle, per una logistica sottovalutata nelle sue potenzialità e maltrattata nella sua governance. Sono, questi ultimi, “i principali nodi che strozzano la ripresa ogni volta che sta per prendere fiato”. Una ripresa, ha sottolineato il presidente di Confcommercio, “insufficiente per ossigenare l’economia perché talmente esigua da restare nel recinto delle statistiche e perché incapace di dare calore e fiducia alle attese di famiglie e imprese”. Bisogna al contrario “trasformare l’attuale ripresa in una crescita concreta e duratura, tra il 2 e il 2,5% annuo”, per “ricucire le crescenti distanze tra il Mezzogiorno e il resto del Paese”, “ridurre l’area della povertà assoluta”, “recuperare a una degna occupazione tanti italiani che l’hanno persa o che non l’hanno mai trovata”. Per raggiungere l’obiettivo, occorre “dare continuità ad un coraggioso cammino delle riforme”. Entrando nello specifico, Sangalli ha elencato le “condizioni necessarie per il blocco degli aumenti Iva”: flessibilità di bilancio, contenimento della spesa pubblica improduttiva, recupero di evasione ed elusione. Perché gli aumenti Iva, che nel nel 2019 sarebbero pari a circa 200 euro a testa per ogni italiano, “finirebbero per essere una beffa, oltre che la fine certa delle già modeste prospettive di ripresa”. Secondo il presidente di Confcommercio, “alla base del ricorso ‘salvifico’ all’Iva, c’è un grave e diffuso pregiudizio nei confronti della domanda interna” e la battaglia contro gli aumenti è sì “una battaglia di Confcommercio”, ma anche “una battaglia a favore di tutto il Paese”. Insomma, “sull’Iva non si tratta e non si baratta!”. Oltre che vulnerabile, dicevamo, per Sangalli l’Italia è anche coraggiosa, come “gli imprenditori, che continuano nonostante tutto a creare nuova occupazione, che non mollano nonostante un accesso al credito sempre difficile, che non desistono nonostante una burocrazia asfissiante, che ogni giorno fanno impresa anche in zone dove illegalità e criminalità minano le fondamenta delle comunità”. Sono imprenditori, quelli associati a Confcommercio, che lavorano anche per il bene comune, per i quali “la barca del Paese è prima di tutto la nostra”. In questo quadro, ha sottolineato Sangalli “a noi, alle parti sociali, alle associazioni di rappresentanza delle imprese, va richiesto un supplemento di responsabilità”. Dobbiamo “mantenere la barra dritta, rinsaldare i tanti temi che ci uniscono, indicare un credibile e sostenibile cammino di riforma per la crescita del Paese”. Dopo la diagnosi, la prognosi. Per Confcommercio è ora di un “contratto per la crescita” in tre punti: lavoro, tasse, infrastrutture e innovazione. Sul primo, il lavoro, la Confederazione “riconosce certo l’utilità degli strumenti che mitigano gli effetti della povertà assoluta”, ma “la via maestra resta il reddito che viene dal lavoro. Lavoro dignitoso e salario giusto”. Qui si inserisce il tema del “salario minimo”, a proposito del quale, ha detto Sangalli, “abbiamo la preoccupazione che finisca per disperdere un patrimonio di relazioni e traguardi ottenuti. C’è in gioco la consolidata storia di contrattazione collettiva del nostro Paese”. Anche per questo “serve pesare la rappresentanza, valorizzando i contratti più diffusi e rappresentativi, in grado di razionalizzare e migliorare la stessa spesa sanitaria e previdenziale” e “dobbiamo pensare alla cittadinanza economica e sociale del mondo delle nuove professioni”. Sempre in tema di lavoro, occorre “mettere a sistema i servizi più efficienti per il lavoro e le politiche attive” e sono necessari “investimenti in formazione continua ed alleggerendo il cuneo fiscale sul costo del lavoro”. Sangalli ha quindi definito “utile” la proposta contenuta nel Contratto di governo per uno “strumento” digitale semplice e chiaro che sopperisca all’eliminazione dei voucher, mentre anche sul tema della sicurezza sul lavoro servono riforme semplici e concrete per “una prevenzione concreta e non burocratica”. Al secondo punto del “contratto” di Confcommercio c’è il sistema fiscale: per un percorso concreto e paziente di riordino, semplificazione e soprattutto riduzione della tassazione, le precondizioni sono “recupero dell’evasione e dell’elusione, e una coraggiosa spending review”. Non è possibile, per Sangalli, che “contro le nostre imprese ci sia anche il pressing serrato delle tasse locali con il tridente d’attacco IMU-TASI-TARI”. Il presidente di Confcommercio ha quindi proposto di “mettere mano anche alla tassazione locale, con una local tax, unica, certa e semplice” e ha invocato “risposte immediate” come “la deducibilità dell’IMU sugli immobili strumentali” e “il riporto delle perdite per le oltre due milioni di piccole imprese in regime di cassa” e “la web tax”. Il terzo e ultimo punto del contratto riguarda le infrastrutture e l’accessibilità: per il presidente di Confcommercio è fondamentale “connettere l’Italia” tramite “una rete di accessibilità, di competitività e di innovazione” partendo dal piano “Impresa 4.0”. Innovazione significa anche “rendere più efficace la pubblica amministrazione, anche permettendo che alle gare pubbliche possano partecipare le pmi”, “semplificare le grandi opere pubbliche”, “investire nelle autostrade del mare”. Sempre a proposito di infrastrutture, Sangalli ha chiesto di rilanciare in Europa la richiesta di scorporare gli investimenti essenziali dal computo del deficit, nel contempo “utilizzando meglio i fondi europei già disponibili”. Si tratta di temi -infrastrutture, innovazione, accessibilità – sui quali “si gioca il futuro dei territori e quindi anche la sfida del turismo”. Per quest’ultimo settore il presidente di Confcommercio ha chiesto “decisioni tempestive”, dal recepimento della direttiva sui pacchetti di viaggio e i servizi turistici al contrasto dell’abusivismo, fino al tema delle concessioni demaniali, invocando “regole chiare” e “rispetto del lavoro di tanti imprenditori e tante famiglie”. Sangalli ha quindi ricordato che Confcommercio ha da tempo investito “sulla cultura e la valorizzazione dei territori”, oltre che “sulla riqualificazione e la rigenerazione delle aree urbane” in una prospettiva in cui “commercio e attività del terziario ricuciono le città e i territori”, perché “le nostre imprese fanno parte fondamentale di quel capitale urbano che è il sedimentarsi di storie individuali e collettive”. Anche qui però servono “regole comuni e certe”, com’è il caso del commercio su aree pubbliche, così come “va fatta chiarezza sul futuro ambientale dei carburanti, senza demagogia ma tenendo presente la realtà vera delle imprese”. Confcommercio, ha concluso Sangalli, “è la casa del pluralismo commerciale e della libertà di fare impresa, è la rappresentanza dei luoghi dove non ci si arrende a sentirsi periferia, è la testa, il cuore e la passione dei suoi imprenditori, liberi e forti”. E che si sente parte di “un’Italia responsabile, che chiede a se stessa ogni volta più capacità, più tenacia, più passione. E’ la nostra Italia. L’Italia che vogliamo per i nostri figli”.
I numeri: il terziario, motore dell’economia nazionale
Pesa quasi il 40% dell’economia e sfiora il 47% dell’occupazione
L’economia italiana è sempre più terziarizzata: tra il 1995 e il 2017 la quota di valore aggiunto prodotta dai servizi di mercato dei settori di rappresentanza di Confcommercio – commercio, turismo, servizi, trasporti, professioni – è infatti aumentata dal 37,1% al 39,7%, mentre nello stesso periodo l’industria ha ridotto la sua incidenza dal 29,1% al 23,8%. In generale, il terziario di mercato vale ormai quasi il 40% del totale dell’economia e poco meno del 47% dell’occupazione. E’ quanto emerge dal rapporto “Il terziario di mercato, una lunga espansione che batte la crisi”, realizzato dall’Ufficio Studi Confcommercio e presentato in occasione dell’Assemblea generale della Confederazione. Si tratta di una tendenza confermata in modo ancor più evidente dal contributo che i servizi di mercato danno alla creazione di posti di lavoro. Sempre tra il 1995 e il 2017, infatti, la relativa quota di occupati è passata dal 37,4% al 46,9%, con un incremento complessivo di oltre 740mila occupati negli ultimi 3 anni, 50 mila dei quali nel solo nel commercio al dettaglio. Da parte sua, il contributo del manifatturiero si è ridimensionato dal 27,1% del 1995 al 21,7% del 2017, con 60mila posti in meno di lavoro nel triennio 2014-2017. Tra i molti dati contenuti nello studio spiccano poi un paio di novità da sottolineare: nei 23 anni presi in considerazione la nuova componente della rappresentanza di Confcommercio – le professioni – ha accresciuto il suo peso nel sistema economico, sempre in termini di valore aggiunto, passando dal 9,8% al 13%, mentre nel triennio di ripresa 2014-2017 è aumentata la produttività del commercio al dettaglio (+13,4%), realizzata con una crescita dell’occupazione pari 50mila unità. Passando infine alla situazione economica generale, l’Ufficio Studi Confcommercio sottolinea che nella prima parte del 2018 l’economia è in rallentamento, con una crescita che a fine anno sarà intorno all’1%, mentre peggiora il clima di fiducia di famiglie e imprese. Tra le principali cause della bassa crescita ci sono i difetti strutturali del nostro Paese, come l’eccesso di tasse e burocrazia e i deficit di legalità, infrastrutture e capitale umano. E’ un’economia frenata la nostra, quindi, che ci colloca alle spalle dei principali partner europei: nel 2014-2017 la produttività del lavoro è cresciuta nel nostro Paese di appena lo 0,3%, dieci volte meno rispetto alla Germania (+3,3%), alla Francia (+3,1%) e alla media dell’area euro (+3%).
Livio Bresciani, presidente del gruppo Ortofrutta Ascom Bergamo e vicepresidente nazionale Fida- Federazione Italiana Dettaglianti Alimentari, commenta soddisfatto la sua partecipazione all’assemblea annuale: “Per la prima volta in tanti anni i politici non hanno portato a casa nessun fischio dalla platea. Come imprenditori aspettavamo da tempo una rassicurazione sulla rinuncia ad un ulteriore aumento dell’Iva, oltre a segnali di apertura e vicinanza da parte della politica. Oggi abbiamo avuto finalmente le risposte desiderate: ora confidiamo che alle belle parole seguano i fatti”. I rappresentanti del nuovo Governo hanno assicurato una linea dura su abusivismo e concorrenza sleale: “Le regole devono essere uguali per tutti. E ciò vale, per citare alcuni esempi per le strutture extraalberghiere e per i farmer’s market, che sottraggono quote importanti alle nostre imprese. Anche il commercio on-line non può essere una giungla” ha continuato Bresciani. “Ci aspettiamo, dopo le rassicurazioni date dal ministro Di Maio, che il nuovo governo dia immediate risposte su temi fermi nell’agenda da mesi, a partire da una reale riforma fiscale che diminuisca la pressione che grava sulle imprese” ha aggiunto il direttore Ascom Confcommercio Bergamo Oscar Fusini.