Cercare di tenere vive o di restituire attrattività alle zone della città che perdono negozi è una bella sfida. Il Comune di Bergamo lo sa e per questo negli ultimi anni ha varato complessivamente cinque bandi per assegnare contributi a sostegno dell’apertura di nuove attività commerciali o artigianali di vicinato nelle zone più a rischio. Ma l’incentivo economico da solo non basta, occorre una certa dose di originalità per cercare di emergere, cosa che non sembra mancare alle cinque iniziative imprenditoriali che si sono aggiudicate la quinta edizione del finanziamento. Con loro salgono a 14 le attività supportate sino ad ora dall’Amministrazione per un totale di 150mila euro di fondi assegnati. Il contributo per ogni azienda è pari al 50% degli investimenti previsti per l’avvio, fino ad un massimo di 15mila euro. Quest’ultima tornata, oltre alle zone del centro più a rischio desertificazione, ha riguardato i quartieri di Longuelo, Grumello al Piano e Celadina. Ecco un assaggio delle nuove idee raccontate da chi le realizzerà. A loro si aggiunge Elisabetta Ghezzi che in via Celadina 16/18 aprirà una lavanderia automatica con macchinari ecologici. Lo spazio sarà presidiato e l’attività sarà affiancata da un lavaggio per gli animali domestici, spazio giochi per i bambini, area relax per adulti con rete wi-fi con la previsione per il futuro di offrire anche servizi di sartoria e corsi di attività manuali.
via Moroni
Con un touch screen tutti diventano stilisti
Una definizione precisa di quanto Mirko Gaverini e Pietro Oluyede stanno realizzando in via Moroni 160 non c’è. Si può parlare di sartoria, ma con un alto contenuto di tecnologia e innovazione. Nel loro negozio – Re:pulse, che aprirà a luglio – produrranno in tempo reale capi personalizzati. Attraverso un touch screen il cliente potrà scegliere il modello che preferisce e la stampa più originale e dare il via alla confezione che si concluderà in una quindicina di minuti. «Si tratta di modelli che richiedono poche cuciture – evidenzia Gaverini -, quindi veloci da realizzare, ma che abbiamo voluto rendere riconoscibili per alcuni dettagli che identificano il nostro stile. Al momento ne abbiamo prototipati cinque, tra magliette e abiti da donna, sui quali il cliente si può sbizzarrire scegliendo di applicare la grafica che preferisce, tra quelle che proponiamo, tutte molto particolari, legate a immagini artistiche».
Si abbatte così la separazione tra chi pensa il capo e chi lo indossa, dando la possibilità a tutti di diventare co-stilisti.
I due promotori lo definiscono anche «sistema di moda collaborativo». Entrambi 27enni, perito informatico Gaverini, architetto Oluyede, condividono la passione per l’abbigliamento e hanno trovato l’ispirazione in esperienze simili già presenti in alcune capitali europee. «Il mio terrore, che penso sia anche di molti altri, era quello di uscire ed imbattermi in qualcuno con indosso un capo uguale al mio – confessa Gaverini -. Ognuno vuole essere in qualche modo unico, per questo l’idea ci è piaciuta tanto». L’iniziativa non nasce dall’urgenza per i due giovani di trovare un lavoro, era un progetto sul quale stavano ragionando da circa un anno e il bando del Comune ha fatto scattare la scintilla definitiva. «Un aspetto che teniamo a sottolineare – aggiunge – è che le stoffe sono tutte made in Italy e che per realizzare questo nuovo sistema abbiamo cercato partner bergamaschi. Si tratta quindi di capi “pensati in locale”. Ci piacerebbe che fosse capito questo concetto, insieme a tutto il know how che sta dietro questa proposta».
via Pignolo
I mattoncini da costruzione più famosi al mondo trovano casa in città
È “La città del mattoncino” il negozio che Pierluigi Cervati, 35 anni, e la moglie Beatrice Da Ros, 33, apriranno al numero 18 di via Pignolo. Cinque vetrine che fanno angolo su piazzetta Santo Spirito, che vogliono diventare il punto di riferimento per gli appassionati da zero a 99 anni dei mattoncini da costruzione più famosi al mondo (è atteso l’ok della sede italiana per poterli chiamare con il loro nome, l’apertura potrebbe essere a giugno o a settembre). «In vetrina non ci saranno scatole – tiene a precisare Cervati per rimarcare la differenza rispetto al modo tradizionale di proporre questi giochi – ma vere e proprie ambientazioni e sculture a grandezza naturale, capaci di attirare l’attenzione e stupire grandi e piccoli». Ad esempio, è già pronto a prendere posto nei locali un diorama di circa 9 metri quadrati e 45mila pezzi realizzato da Cervati, che per merito della moglie ha ricoperto la passione per le costruzioni. Le difficoltà del settore auto in cui lavorava fino a due anni fa (area commerciale di Fiat, con gestione di eventi e manifestazioni) ci hanno messo il resto nel far decidere alla coppia di intraprendere una strada del tutto nuova. «Oltre all’allestimento, a caratterizzare il negozio sono la specializzazione e l’alto assortimento – prosegue -. Si potranno trovare set esclusivi provenienti dall’estero, o rari e da collezione, e si potranno acquistare pezzi sfusi per completare le proprie creazioni. Ci sarà uno spazio giochi per i bambini, disponibile anche per feste, e forniremo assistenza a chi vuole illuminare il proprio diorama, renderlo dinamico o applicare soluzioni tecnologiche. In previsione c’è anche l’installazione di una stampante in 3D per realizzare da sé le parti necessarie a completare i propri progetti, senza dimenticare l’ulteriore chicca dell’esclusiva per l’abbigliamento a marchio da zero a 12 anni». Insomma uno store tematico con pochi precedenti. «Questa impostazione presuppone un bacino di utenza più ampio della città e della provincia stessa. Non avremmo mai scelto via Pignolo – confessa – e l’incentivo comunale ha avuto un ruolo determinante. La via soffre per lo scarso passaggio, ma contiamo di investire in comunicazione ed eventi di richiamo quanto potremo risparmiare grazie allo stanziamento, in questo modo contribuendo a riaccendere l’interesse sulla zona».
via Masone
La panetteria a chilometro zero fa il bis
Per Irene Gabucci, 36 anni, il bando del Comune è stato l’occasione per un bis. A settembre aprirà infatti in via Masone 1F il secondo punto vendita della sua Zero Bakery, panetteria che punta con decisione sul “chilometro zero” utilizzando la farina di grano tenero prodotta in Bergamasca. L’iniziativa è recente – il laboratorio con negozio e alcuni spazi per fermarsi a mangiare è stato infatti aperto in via Don Luigi Palazzolo poco più di un anno fa, precisamente il 5 maggio –, ma il riscontro è stato così positivo (e ancor più notevole in tempi di crisi) da suggerire di fare un passo in più. «Ciò che ci contraddistingue – spiega la titolare – è la selezione degli ingredienti, su tutti l’utilizzo del lievito madre e della farina del territorio, che danno vita a quello che i nostri clienti, spesso guidati in negozio proprio dal profumo, chiamano “pane vero” o “pane di una volta”, riconoscendo senza difficoltà la differenza rispetto a prodotti realizzati a partire da semilavorati ed attribuendo grande valore all’impiego di materie prime locali».
Dopo nove anni come commessa in un panificio e un’esperienza come titolare di una rivendita di pane, Irene Gabucci ha deciso di passare dal bancone al laboratorio dedicandosi personalmente alla produzione. Ha impostato l’attività in base ai nuovi tempi di consumo del pane e questo le ha risparmiato il lavoro notturno e permesso di districarsi meglio (non senza sacrifici e collaborazione) tra gli impegni di mamma. «Le sfornate sono continue – spiega –, così riusciamo ad offrire pane sempre freschissimo, in più rimaniamo aperti fino alle 20, in modo che anche chi esce dal lavoro tardi possa trovare panini e pagnotte fragranti». Con la farina di Bergamo sono realizzati anche dolci, panettoni e colombe, grissini, schiacciatine e per la pausa pranzo sono proposte lasagne, parmigiane di melanzane, crocchette, verdure, «piatti che possono realizzati in forno, che piacciono per la loro semplicità e genuinità – evidenzia -. Le richieste dei clienti ci stanno indirizzando anche verso le proposte vegane, confermando l’importanza crescente che per i consumatori hanno la qualità e l’origine di ciò che si mangia». In via Masone l’offerta sarà la stessa, con un po’ più di spazio per chi si ferma per il pranzo o uno spuntino, visto che il laboratorio è centralizzato. «Trovare uno sbocco ulteriore per la produzione era importante – conclude – l’incentivo del Comune ci ha dato la spinta per rilanciare».
via San Bernardino
Frutta e verdura selezionate dall’esperienza di una mamma
Ora che i figli sono grandi, Monica Bolognesi ha deciso di dedicarsi ad un’attività commerciale. A inizio giugno aprirà in via San Bernardino 57, di fronte all’Istituto Palazzolo, il negozio “Non solo frutta”, che oltre a frutta e verdura fresche offrirà una piccola sezione di alimentari per la spesa quotidiana – latte, burro, biscotti, uova e via di seguito – e un assortimento di fiori e confezioni regalo, pensati soprattutto per chi fa visita agli ospiti della casa di cura. Casalinga, 49 anni, diploma di ragioniera, lavoro in uno studio e poi impegnata nel crescere bambini – non solo i suoi – ha scelto di condividere la sua esperienza nel fare la spesa. «In un fruttivendolo c’è ben poco di innovativo da proporre – evidenzia -. Ciò che posso mettere in campo è la capacità di scegliere con cura le proposte valutando qualità e prezzo, versante sul quale, dovendo gestire una famiglia, ho una lunga e ben rodata “carriera”». Insomma su banchi e scaffali promette di portare prodotti approvati dalla sua competenza di massaia e quel servizio di vicinato che permette di avere a portata di mano ciò che serve senza per forza andare al supermercato. Se le si fa notare che il periodo non sembra dei migliori per lanciarsi in una nuova attività, risponde che però vale anche la pena avere fiducia ed essere positivi. «Era da un po’ che pensavo di aprire il negozio, che è comunque piccolo – afferma –, e il contributo del Comune mi ha dato la spinta giusta. Diciamo che in famiglia siamo ci siamo stati contagiati dalla voglia di metterci in proprio. Mia figlia ha aperto a febbraio con il suo compagno un ristorante a Gazzaniga (La Follia ndr.) e anche io ho trovato il momento giusto per partire».