Morzenti: “In Università non ci sarà un uomo solo al comando”
“Valorizzare le differenze dei saperi, creare una filiera formativa permanente e puntare sulla qualità sostenibile”. Sono questi, in massima sintesi, i progetti del nuovo rettore dell’Università di Bergamo, Remo Morzenti Pellegrini, eletto ieri ufficialmente in seconda votazione in via De Caniana, dopo il ritiro in momenti diversi degli altri tre candidati, Giancarlo Maccarini, Piera Molinelli e Paolo Riva. Morzenti, 47 anni di Clusone, laureato all’Università degli Studi di Bergamo e direttore del dipartimento di Giurisprudenza ha ottenuto 216 voti, 8 in più del quorum necessario conquistando la fiducia dei professori di prima e seconda fascia, ricercatori di ruolo e a tempo determinato, personale tecnico-amministrativo e rappresentanti degli studenti. Guiderà l’ateneo per sei anni, a partire dal 1° ottobre. Fino a tale data rimarrà in carica il suo predecessore Stefano Paleari. Nessuna anticipazione sui nomi che andranno a comporre la nuova squadra di governo. “Comporla sarà la mia prima decisione come rettore – dichiara Morzenti -. Fino ad oggi mi sono concentrato a spiegare le mie idee e le mie proposte. Le elezioni non erano politiche ma la misurazione di un progetto. Da lunedì ci penserò. Si tratta di una decisione delicata che deve essere molto ponderata. Potremmo metterci qualche giorno in più”. “Di sicuro – assicura il nuovo magnifico – non ci sarà un uomo solo al comando. Il mio ruolo come rettore sarà di essere una sorta di direttore d’orchestra. Il rettorato di Paleari si è mosso in questa direzione e non posso che continuare con questo metodo. Con prospettive diverse perché sono diversi il periodo e il contesto. La priorità sarà creare una squadra di prorettori che sia all’altezza di un’istituzione così complessa com’è l’Ateneo e di un mondo universitario che oggi è fortemente competitivo.
Il suo nome è riuscito a creare unità all’interno dell’Università, quale è stato il segreto per attirare tanti consensi?
“La mia non è stata una autocandidatura. Fino al 16 giugno nemmeno ci avevo pensato, poi è nata questa esigenza di unitarietà e cosi mi sono candidato. Chi si propone alla guida di un ateneo credo debba essere trasversale. Mi hanno riconosciuto questa attitudine e hanno apprezzato il metodo dell’ascolto e della condivisione. Sono due valori che ho imparato a fianco di Paleari e che mi permettono di affrontare il nuovo incarico con serenità. Nel 2009 quando ho iniziato l’impegno al suo fianco credevo, come amministrativista, che la cosa più importante fosse la specializzazione. In questi sei anni con lui ho acquisto la consapevolezza che il valore più importante è la trasversalità, saper leggere discipline diverse. Ho imparato a dialogare con economisti, filosofi, psicologi. Il valore aggiunto del nostro ateneo è di far dialogare tra loro discipline diverse. E il numero delle iscrizioni è la conferma lampante che la contaminazione dei saperi è la strada giusta. Il leit motiv del mio rettorato sarà questo: valorizzare le differenze”.
Ci saranno iniziative per andare incontro alle esigenze del mercato del lavoro e dei giovani laureati?
“Finora l’orientamento universitario consisteva nell’indirizzare al meglio gli studenti alla fine del loro percorso delle superiori. È giunto il momento di anticipare l’orientamento, dando agli studenti delle scuole superiori l’opportunità di conoscere l’Università già al terzo- quarto anno. Penso a iniziative di ospitalità in ateneo, con la possibilità di assistere alle lezioni. Ci sono già esperienze analoghe in altri atenei. L’avvicinamento con il mondo del lavoro deve iniziare prima di iscriversi all’Università. Il nostro ateneo deve intervenire prima e anche dopo l’uscita dal percorso universitario. Chi si laurea a Bergamo deve avere la possibilità di tornare in Università per avere un appoggio e un aiuto a inserirsi nel mondo del lavoro, e poter seguire percorsi più professionalizzanti di alta formazione. Dobbiamo dialogare con il mondo delle imprese, delle professioni e rimettere in fila la filiera che accoglie lo studente prima che decida cosa fare e dopo l’Università. Creare, in altre parole, una filiera formativa permanente”.
Ritiene che il supporto del territorio all’ateneo sia soddisfacente o enti e istituzioni dovrebbero fare di più?
“La soddisfazione più grande è quando le istituzioni ma anche le persone ti dicono “come va la nostra Università?”. Dentro questo “nostra” c’è tutto. L’Università di Bergamo non è una torre d’avorio ma un osservatorio permanente della società di Bergamo, nella quale è immersa. Tutti noi sentiamo la vicinanza del territorio. Spero che questa fiducia venga rinsaldata con il nuovo patto”.
Quali sono le criticità e le sfide future per il nostro Ateneo?
“Il programma di un rettore è una piattaforma culturale, non qualcosa di statico su cui ci si confronta. A fronte del programma c’è una società che cambia velocemente e profondamente. Non mi spaventano i cambiamenti ma la rapidità con cui avvengono. L’Università di Bergamo è una nave attrezzata per uscire in mare aperto, ma è un mare tempestoso. La sfida sarà dare risposte veloci e continuare a puntare sulla qualità sostenibile”.
Perché uno studente dovrebbe scegliere l’Università di Bergamo?
“Perché entra in una comunità dove i docenti, il personale tecnico amministrativo e gli studenti hanno l’orgoglio di far parte di questo ateneo. In questi giorni, finita la competizione, la comunità si è rinsaldata. Questo responsabilizza ancora di più il mio mandato che non ha solo una responsabilità accademica ma anche sociale”.