In questi giorni ha incuriosito moltissimo la notizia di un giovane laureato francese, che è riuscito a trovare un impiego, inviando alle aziende una lettre de motivation piena di “blablabla”. Julien Chorier, questo il nome del neo laureato in Management delle Industrie Creative alla Kedge Business School di Bordeaux, ha pensato di proporre un documento ibrido, che è un mix tra il curriculum vitae e la lettera di presentazione, all’interno del quale ha descritto in maniera indicativa e schematica capacità, valori professionali ed aspirazioni, inframmezzandole con una lunga serie di “blablabla”. La scelta, ha spiegato il protagonista della vicenda, è stata ispirata non solo dal fatto che dopo mesi di invio di curriculum “tradizionali”, non aveva ricevuto nessuna risposta, ma anche dalla certezza che le aziende non avessero il tempo e la voglia di leggere il curriculum fino alla fine e che quindi era necessario trovare un diversivo per lasciare il segno.
In realtà sembra che sia riuscito nell’intento perché una proposta di lavoro è arrivata da un’azienda, incuriosita di sapere che cosa ci fosse dietro a tutti questi blablabla; e non una proposta qualunque, ma un contratto a tempo indeterminato. Devo essere sincero: al momento ho pensato fosse una bufala, poi dopo qualche ricerca ho appurato che la vicenda era vera. Detto ciò, non posso che essere felice per questo giovane coraggioso, ma devo anche sperare che chiunque voglia seguire il suo esempio, abbia prima compreso il contesto di riferimento di Julien. Si perché, che piaccia o meno, il curriculum rimane l’unico strumento di presentazione a disposizione dei poveri mortali in cerca di lavoro e a meno che non entri in gioco l’opportunità delle “conoscenze giuste”, continua a rappresentare una vetrina per mettere in luce esperienze, competenze e valori professionali. Senza dimenticare la lettera di presentazione, che è fondamentale per veicolare l’attenzione e la concentrazione di chi ha tra le mani il nostro cv per la prima volta.
Io mi sono occupato per anni di selezione del personale e ogni tanto lo faccio anche oggi e personalmente una lista di “blablabla” non solo non comunica nulla e non incuriosisce, ma al contrario fa nascere forti dubbi sulla serietà e la salute mentale del candidato. A meno che non mi stia occupando di una selezione, che riguardi una figura con spiccate doti di estro e creatività e allora è un altro paio di maniche. Ma per il 99% delle ricerche in corso non dare informazioni può essere davvero controproducente.
Per togliermi ogni incertezza a riguardo, mi sono confrontato con alcuni colleghi che continuano ad occuparsi di selezione e anche loro hanno risposto in maniera unanime: “A meno che non si tratti di figure professionali particolari, un documento incompleto e pieno di blablabla viene cestinato”. Leggendo l’intervista di Julien, quello che mi ha particolarmente colpito, sono state alcune sue asserzioni (sicuramente dettate da una spavalderia tipica di una certa età), che, se non filtrate nel modo giusto, possono dare adito ad una subcultura, che poco mi piace: dichiarare infatti che le aziende non hanno il tempo e la voglia di leggere tutto il cv, mi sembra un’affermazione sconsiderata, che fa a pugni con gli obiettivi aziendali, ovvero trovare un individuo che sia una risorsa. Il non venir chiamati per un colloquio è certamente frustrante, ma non significa che la scelta dei candidati sia una roulette russa (qualcuno dei cv viene letto e qualcuno no), ma semplicemente rivela che fra tutti i curriculum ricevuti, alcuni più di altri hanno colpito per esperienze pregresse o competenze possedute. Partendo dall’assunto che il cv deve essere compilato secondo uno schema e delle regole prestabilite e che la lettera di presentazione non può mai mancare, il segreto è quello di renderli unici, utilizzando il potere della chiarezza espositiva e l’aggiunta di informazioni supplementari per incuriosire (nel vero senso della parola).
Julien ha certamente dimostrato di possedere competenze strategiche e di essere in grado di conoscere il suo contesto di riferimento, ma al tempo stesso sono convinto che se avesse conseguito una laurea in business administration, avrebbe agito in altro modo. Paradossalmente lui è l’eccezione che s-conferma la regola, non un esempio da emulare a tutti i costi, come invece si è letto tra le righe di certi articoli pubblicati nelle ultime ore. Quando si cerca un impiego, l’invito è di ponderare con attenzione ogni strategia poiché rischio ed azzardo non sempre pagano.