«Bisogna tornare a guardare con realismo alle proprie capacità e potenzialità imprenditoriali. Nel commercio e nel terziario occorre ponderatezza e un’elevata qualificazione, non è più tempo di improvvisazioni».
La sfida del commercio per il futuro si vince anche così. Ne è convinto Paolo Malvestiti, presidente di Ascom Confcommercio Bergamo, che lunedì illustrerà lo scenario di quest’ultimo anno del terziario nel corso dell’assemblea annuale dell’associazione.
«Questi anni di difficoltà – dice il numero uno dei commercianti bergamaschi – ci hanno permesso di far emergere questa esigenza di guardare con serietà e realismo alla nostre imprese e di abbandonare quel desiderio “malato” di avere “tutto subito”, magari senza neanche le possibilità economiche adeguate come è successo in anni pre crisi; che non significa non osare ma valutare e ponderare bene che cosa si può e non si può fare, affidarsi quindi alle capacità di pianificare e di sostenere finanziariamente gli investimenti oltre alla necessità di formarsi e qualificarsi».
La crisi ha portato anche a un’altra necessità, quella di fare rete.
«Le difficoltà che insieme abbiamo attraversato ci hanno spinto a guardare con simpatia a tutti i tentativi di aggregazione che sono nati in questi ultimi anni, sulla spinta di un disegno lungimirante di Regione Lombardia. Penso in particolare ai distretti del commercio e ai distretti dell’attrattività, per cui la nostra Associazione ha speso tante risorse. A ben guadare si è trattato di un cambio di passo, di un sorta di “rivoluzione” e dell’introdursi di una diversa mentalità nel mondo del commercio da sempre caratterizzato da un forte individualismo. Tanti passi sono stati fatti, anche se la strada è ancora lunga».
Qual è, ad oggi, il bilancio dell’esperienza dei distretti e quali saranno gli sviluppi nei prossimi mesi?
«Nella nostra provincia abbiamo una realtà diffusissima che è da esempio a livello regionale in questo senso: 28 distretti del commercio che coinvolgono 174 comuni e più di 10mila attività imprenditoriali. Inoltre con il bando dei distretti dell’attrattività la Regione ha premiato 9 progetti orobici così che nella Bergamasca sono arrivati ben 3 milioni 240mila euro. Un tesoretto non da poco che permette alla nostra provincia di partecipare ad Expo in modo ancora più competitivo e di costruire un unico “pacchetto turismo” fatto di 166 comuni con oltre 700mila abitanti, 7.200 negozi, 3.400 tra bar e ristoranti, 400 strutture ricettive».
Crede che l’aggregazione tra negozi, e tra privato e pubblico, sarà una leva importante per il futuro?
«Ne sono convinto. I distretti si sono dotati della presenza di una figura manageriale e di un sistema di governance ben definito e questo ha permesso ai nostri imprenditori di fare un salto di qualità in tema di comunicazione e marketing. Stanno nascendo i primi gruppi d’acquisto in tema di energia elettrica, gas, telefonia, assicurazioni; si sono sviluppate iniziative di promozione con carte fedeltà, comunicazioni online, siti internet, app. In alcuni comuni si è persino arrivati a ottimizzare le risorse del territorio con la messa in comune delle attrezzature e degli strumenti per la realizzazione di eventi e manifestazioni; e, forse, una delle novità più assolute sta nella possibilità, in alcune realtà, di collegare i propri sistemi di videosorveglianza privati ai sistemi di pubblici di proprietà dei Comuni. Queste sinergie non possono che far bene alle oltre 20mila imprese del terziario che hanno radici nel nostro territorio e che sono costrette a fare i conti con l’evoluzione dei consumi che ha caratterizzato tutta la nostra storia e soprattutto questi ultimi anni».
Come sta oggi il commercio bergamasco?
«Abbiamo passato anni difficili, ma il nostro tessuto imprenditoriale sostanzialmente ha tenuto».
L’Assemblea di lunedì in Fiera sarà anche l’occasione per festeggiare un importante anniversario: i 70 anni dell’Associazione. Anche qui il bilancio è positivo?
«È un traguardo significativo perché siamo una delle poche Ascom che hanno contribuito a costituire la confederazione a livello nazionale. In questi 70 anni, mi sento di poter dire con orgoglio che noi la nostra parte l’abbiamo fatta e che continuiamo a farla. La responsabilità che ci sentiamo addosso è la sfida più grande dell’oggi, perché ci permette di guardare con sicurezza e speranza verso il futuro, anche se a volte sembra incerto. Festeggiare questa ricorrenza significa celebrare la storia dell’associazione ma soprattutto quella di tante imprese e di tanti imprenditori che hanno vissuto con passione e impegno l’associazione e che ci lasciano un’eredità importante».
Come sono cambiati in questi settant’anni i consumi delle famiglie?
«Nel 1945 i consumi delle famiglie erano rivolti per circa l’80% a generi alimentari e bevande quando negli anni prima della guerra erano intorno al 54%. Già nel 1955 si sono diversificati e la quota di consumo dei beni e servizi aveva raggiunto il 39%, mentre i generi alimentari scendevano al 50%. Questa tendenza negli ultimi 60 anni si è progressivamente accentuata. Oggi, in una società post-industriale e fortemente terziarizzata, il consumo di beni e servizi non alimentari supera il 75%, mentre la spesa per i prodotti alimentari rappresenta meno del 20%».
Anche il commercio si è trasformato molto. Quali sono le ultime novità?
«In 70 anni anche il sistema distributivo è fortemente cambiato, anche per una minore disponibilità di spesa. Dai negozi di vicinato nei centri storici e nei borghi e dal proliferare del commercio ambulante, negli ultimi trent’anni – nella nostra provincia come nel resto d’Italia – si è passati ai grandi centri e parchi commerciali extraurbani. Oggi assistiamo a un terza polarità rappresentata da esercizi di medie e grandi dimensioni, anche per i ristoranti, che trovano spazio nelle aree omogenee sulle strade principali».
C’è il rischio che la città perda ulteriore attrattività per il commercio?
«Ci auguriamo che questa tendenza basata sull’attrazione delle polarità extraurbane possa mantenersi per volumi e addetti, ma lasci spazio al risveglio della città, che ha il vantaggio di essere il luogo in cui si incrociano cultura, formazione e turismo, e dove nuovi di canali di mobilità leggera potranno spostare comodamente le persone nel fare acquisti».
Anche per l’associazione ci saranno importanti cambiamenti. Dopo i lavori di ristrutturazione delle sedi di qualche anno fa, nel 2016 sarà inaugurata la sede nuova. Perché questa scelta, in un momento di contrazione economica come questo?
«L’intendimento non è di creare un palazzo più grande e prestigioso ma di trovare nuova funzionalità e maggiore efficienza nei servizi dell’Associazione, seguendo standard che in questi anni sono stati testati e sono risultati efficaci nelle nuove sedi periferiche dell’Ascom. La ristrutturazione è un passaggio fondamentale per la riorganizzazione dei servizi dell’associazione che portino al centro l’associato e soddisfino i suoi bisogni, che oggi sono ancora più grandi e stringenti rispetto agli anni scorsi. L’accoglienza ed il trattamento del cliente rappresentano fattori che determinano la qualità della prestazione e il grado di soddisfazione dell’utente. Per questo abbiamo puntato sulla ristrutturazione dell’ingresso, sullo sviluppo di un’area accoglienza e su un sistema che favorisca l’accompagnamento e la fidelizzazione degli associati, da un’area ad un’altra dell’Ascom senza compartimenti stagni».