Lavoro, per sei giovani 
su dieci la laurea non basta

Lavoro, per sei giovani su dieci la laurea non basta

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Scarsa propensione delle aziende ad assumere (26%), turnover bloccati (25%), poca esperienza maturata (16%). Queste le difficoltà maggiori individuate dai giovani italiani, laureati e ancora in corso di studio, nell’entrare nel mercato del lavoro, senza contare che per ben il 56% di loro neanche la laurea da sola basta a trovare un impiego. Nonostante questo, solo il 22% dei laureati e il 26% degli studenti lascerebbero l’Italia per andare all’estero. L’obiettivo futuro è la piena realizzazione professionale per un laureato su 4 (26%), mentre uno studente su 3 (31%) sogna di entrare a far parte di una grossa azienda o di un gruppo internazionale. Tuttavia ciò che manca, secondo i sondati, è un ponte che metta in comunicazione giovani e imprese (16%) e forme contrattuali che si trasformino in assunzione (16%). E alle aziende un ragazzo su 3 (30%) chiede più meritocrazia e integrazione nei progetti aziendali (15%).
E’ quanto emerge da una ricerca promossa dal Gruppo Sanpellegrino in occasione del Premio di Laurea Sanpellegrino Campus, attraverso un sondaggio online in collaborazione con Tesionline nel mese di dicembre 2012, su 11.011 tra laureati e studenti universitari italiani, per capire quali sono i problemi, i bisogni e le aspettative nei confronti del mondo del lavoro e delle aziende.
Quali difficoltà impediscono di trovare un posto di lavoro in Italia? Il 25% dei giovani imputa la mancanza di lavoro ai turnover bloccati, percezione che sale ancora di più tra gli universitari (31%). Il 36% dei laureati invece indica le difficoltà maggiori nei costi del lavoro troppo elevati (12%), poca attitudine al rischio e all’innovazione (12%) e al mancato incontro tra domanda e offerta di lavoro (12%). E ben un giovane su 4 (26%) afferma che la difficoltà maggiore ad entrare nel mercato del lavoro e’ dovuta alla scarsa propensione delle aziende ad assumere, percezione che sale tra gli universitari (34%).
Lasceresti l’Italia per andare all’estero? Malgrado tutte queste difficoltà, solo il 24% dei giovani andrebbe all’estero. Il 16% dei laureati vorrebbe restare in Italia per affermarsi e trovare un futuro in quello che sentono come il loro Paese, mentre 2 studenti su 10 (20%) sono scettici e ritengono che all’estero la situazione non sia molto diversa da quella italiana. Senz’altro ciò che spingerebbe a trovare un’occupazione fuori dall’Italia e’ la sfiducia nelle possibilità di crescita del Paese, sensazione più alta nei giovani universitari (21%), e l’idea che al di fuori dei confini italiani ci siano criteri meritocratici più certi e trasparenza negli avanzamenti di carriera, convinzione più forte nei laureati (19%).
Quali sono i principali problemi che sorgono nel rapporto giovani e aziende? Per il 22% dei laureati la difficoltà maggiore è strutturale al sistema economico italiano che non riesce più ad assorbire forza lavoro con istruzione elevata. Gli studenti accusano di non vedersi riconosciuta l’esperienza maturata durante i frequenti cambi di lavoro (20%), lamentano l’inadeguatezza dei processi formativi (18%), la mancanza di un ponte che li metta in comunicazione con le imprese (18%) e l’esistenza di formule contrattuali che non sempre portano all’assunzione (18%). 
E a far incontrare aziende e giovani dovrebbero essere, secondo questi ultimi, principalmente le Istituzioni (31%), ovvero Stato ed enti locali. I laureati vorrebbero inoltre un’azione più incisiva delle Università (19%) mentre uno studente su 3 (29%) si aspetta di più dalle strutture di coordinamento tra domanda e offerta di lavoro. Ma a fare un passo verso i giovani, secondo il 14% di loro, dovrebbero essere inoltre le stesse aziende.
Ma in che modo le aziende possono sostenere le giovani risorse? Ben il 45% dei sondati vorrebbe che le aziende premiassero di più il merito, bisogno più forte negli studenti (39%), e facilitassero l’integrazione attiva delle risorse nei progetti aziendali, condizione invece molto sentita dai neo laureati (19%). Il 15% chiede alle aziende invece di attivare e investire in percorsi di formazione più incisivi, mentre il 14% crede che le imprese debbano dare una mano ai giovani soprattutto a livello di welfare aziendale, proprio per rispondere ad alcuni bisogni pratici che altrimenti impedirebbero alle risorse di lavorare attivamente.
Tuttavia ben 1 laureato su 3 (33%) e il 37% degli studenti non riescono a vedersi da qui a 10 anni, soprattutto perché il contesto attuale impedisce di fare programmi a lungo termine. Solo il 9% dei laureati e il 6% degli universitari si vedono pienamente realizzati, anche se prevale un senso di sfiducia: il15% dei sondati pensa che fra dieci anni non sarà in Italia; il 9% immagina che si troverà a fare un lavoro diverso per il quale ha studiato e investito tempo e denaro; un altro 9% dichiara che il futuro ridimensionerà sogni e ambizioni di oggi; infine il 7% pensa che non riuscirà a costruire una famiglia per via della precarietà lavorativa.