La sociologa / Forno: “La crisi sta obbligando tutti a rivedere le abitudini per salvare il proprio bilancio e l’ambiente”

La sociologa / Forno: “La crisi sta obbligando tutti a rivedere le abitudini per salvare il proprio bilancio e l’ambiente”

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Francesca Forno
Francesca Forno

Nel corso del convegno “Ridurre lo spreco alimentare generando nuove opportunità”, sabato all’Università di Bergamo, è intervenuta anche Francesca Forno, docente di sociologia dei consumi all’ateneo bergamasco. “Cambiare cultura sullo spreco del cibo è ancora possibile – ha evidenziato -. La crisi economica, sociale ed ambientale, ha in un certo senso obbligato tutti a rivedere le proprie abitudini quotidiane per salvare il proprio bilancio e pure l’ambiente in cui viviamo”.

Dottoressa, siamo pronti culturalmente per invertire la rotta?
“La crisi offre anche delle opportunità e in questo caso possiamo ripensare i nostri modelli di consumo, anche grazie ad una crisi ambientale che in qualche modo ci obbliga a rivedere le nostre abitudini. Obbliga tutte le parti sociali ad andare in questa direzione, dai consumatori ai produttori ai ristoratori. C’è poi una maggiore consapevolezza del fatto che tutto ciò che acquistiamo diventa rifiuto, dal cibo fino agli imballaggi e questo sta portando ad un cambiamento sociale proprio perché le buone pratiche, come quella di limitare la spesa, si stanno diffondendo”.

Dunque non è troppo tardi?
“Dico di no e aggiungo che è vietato pensarla così perché altrimenti si alimenta un circolo vizioso molto dannoso. Dobbiamo continuare ad inseguire un miglioramento del nostro ambiente cogliendo l’aspetto positivo di una crisi, che rappresenta un punto di rottura utile per invertire il senso di marcia”.

Dobbiamo aspettare le nuove generazioni o il processo è già in atto?
“La consapevolezza che bisogna cambiare mentalità si sta diffondendo anche nelle generazioni tra i 40 e i 50 anni che sono cresciute nell’epoca del consumismo e che per questo erano quelle che dovevano impegnarsi di più per entrare nei nuovi meccanismi. Basta pensare che i gruppi di Cittadinanza Sostenibile sono composti proprio da quelle persone. Per quanto riguarda le altre fasce d’età il cambiamento non è così radicale: i padri dei quarantenni sono cresciuti già con la cultura del risparmio e i giovanissimi stanno assimilando quella cultura nelle scuole in maniera rapida e massiccia”.

Abbiamo comunque bisogno di qualcuno che ci guidi e che faciliti il percorso di cambiamento?
“Sì, sicuramente occorre una regia istituzionale che raccolga le buone pratiche dettate dalla cittadinanza e le metta a sistema con regole e incentivi. Io vedo che nella Bergamasca si sta attivando un processo positivo che parte appunto dalle famiglie e che sta arrivando anche ai vertici della vita amministrativa. Non basta questo però perché tutto il circolo virtuoso va sostenuto anche da tutto il resto del tessuto sociale (penso al sistema scolastico e a quello imprenditoriale) il quale deve crescere con l’obiettivo comune di creare un ambiente migliore. Una grande spinta verso questa direzione l’ha data Papa Francesco con l’enciclica “Laudato Si'” nella quale il Pontefice detta alcune linee guida per un futuro più equo e sostenibile. Spetta poi ad ognuno darsi da fare e creare i presupposti migliori e credo che la legge contro lo spreco in corso di approvazione ne è una bella testimonianza”.

A proposito, la legge Gadda?
“Ritengo che sia molto positiva perché risponde ad alcune esigenze dei cittadini, non è stata scritta da burocrati o in ‘politichese’ ed è forse questo l’aspetto più ammirevole. Che poi oggi si parli di linee guida per prevenire la produzione di rifiuti è un segno chiaro del fatto che l’Italia e Bergamo sono sul pezzo e sapere che tante associazioni si adoperano in questo senso è un ulteriore conferma di questo concetto”.

Tutto questo ha riacceso il rapporto tra cittadinanza e politica che si era molto raffreddato negli ultimi anni?
“I cittadini si stanno muovendo con le buone pratiche di risparmio e la politica risponde dimostrandosi sensibile al tema e pronta a recepire i bisogni e le tendenze della gente. È la dimostrazione del fatto che una buona cittadinanza dà luogo ad una buona politica e questo concetto si era un po’ smarrito tra la popolazione, ma è un ottimo il segnale il fatto che sia stato riscoperto”.