La Rsu della Camera di Commercio: “La riforma del sistema va cambiata”

La Camera di Commercio di Bergamo
La Camera di Commercio di Bergamo

La Rsu della Camera di Commercio di Bergamo chiede un tempestivo e mirato intervento sindacale per cambiare la riforma del Sistema camerale. In una lettera, firmata da Cinzia Tribbia, Maurizio Gualandris, Carolina Cugnetto,  Nadia Gaglio, Stefania Manzoni, Eleonora Vavassori e Raimondo de Vivo, la Rsu  ricorda “come il 25 agosto scorso il Governo, con l’approvazione in via preliminare dello schema di decreto legislativo di riforma del sistema camerale, sia intervenuto con una scure normativa”, disponendo tra l’altro:

  • la riduzione delle sedi delle Camere di Commercio, che passeranno da 99 a 60, con una sola sede per le nuove Camere; di fatto un dimezzamento degli enti camerali e una perdita di contatto con il territorio produttivo, indispensabile per un rilancio delle economie locali; questo, in contrasto con quanto affermato nelle relazioni accompagnatorie allo stesso decreto di riforma (favorire la ripresa economica con una pubblica amministrazione più vicina ai cittadini) e in conferenza stampa del Governo
  • la conferma della riduzione del diritto annuale nella misura del 50% rispetto al 2014 a decorrere da gennaio 2017. Il 50% viene individuato, nelle relazioni accompagnatorie, come misura minima di riduzione, e quindi passibile di ulteriore riduzione, cosa insostenibile per la maggior parte degli enti camerali
  • la riduzione dei costi del personale e del personale, compresa la riduzione dei fondi per la contrattazione collettiva decentrata integrativa, con possibili mobilità fra le nuove Camere di Commercio e in altre Pubbliche Amministrazioni, fino ad arrivare al collocamento in mobilità per 24 mesi all’80% dello stipendio
  • l’Unioni Regionali quali enti facoltativi e non più obbligatori
  • la dismissione del patrimonio immobiliare non più essenziale

“Il decreto – ricorda la Rsu – richiama la condizione del personale delle Unioni e delle Aziende speciali ma tace su quello alle dipendenze delle società in house del sistema camerale. Va anche a riformulare le funzioni e i compiti delle Camere di Commercio: su questo punto la scrivente RSU è solo marginalmente d’accordo sulle disposizioni di riforma, in quanto detta riformulazione, che intenderebbe riqualificare e ammodernare gli enti presenta in realtà punti di incertezza e confusione: per fare solo un esempio, non sono ben chiari il significato e le conseguenze della riforma in materia di risoluzione delle controversie (organismi di mediazione e arbitrato). Va inoltre precisato che le diverse nuove funzioni attribuite sono a costo zero e non comportano entrate per le Camere: questo potrebbe anche essere accettabile se non fosse che le Camere sono già duramente colpite dalla pesante riduzione del diritto annuale”.

Precisato tutto questo, la Rsu della Camera di Commercio di Bergamo chiede  alle organizzazioni sindacali che si facciano portavoce di un immediato e coordinato intervento al fine di:

  • mantenere le sedi territoriali delle Camere di Commercio accorpate, in modo che gli accorpamenti non compromettano il necessario e indispensabile contatto degli enti con il territorio e con le imprese che lo vivono, e in modo che il personale non sia costretto a trasferimenti anche di lungo chilometraggio che, oltre a risolversi in un disagio notevole sulla qualità della vita, darebbero luogo a una sostanziale diminuzione di stipendio a fronte dei costi di trasferimento
  • bloccare la riduzione del diritto annuale al 40%, così come è attualmente. Un’elevazione al 50% della riduzione non sarebbe infatti sostenibile per la maggior parte degli enti camerali e ciò causerebbe ulteriori disservizi alle imprese
  • far rimanere il personale camerale sui territori, sia pure con la massima disponibilità a reinventarsi professionalmente al fine di offrire i nuovi servizi alle imprese previsti nel decreto di riforma, ma è necessario che venga mantenuto un contatto umano, vivo e immediato con il tessuto imprenditoriale delle proprie zone economiche di riferimento
  • salvaguardare gli attuali livelli occupazionali degli organismi di tutto il sistema camerale (personale delle camere di commercio e delle relative aziende speciali), società in house comprese;
  • non considerare le Unioni Regionali enti facoltativi, perché costituiscono un raccordo essenziale e territoriale delle Camere di Commercio nelle proprie Regioni

Chiede, oltre alla manifestazione del 29 settembre, che vengano messe in atto azioni sindacali forti e decise, atte a contrastare il decreto che diventerà attuativo a fine novembre.

“Vogliamo essere noi lavoratori del sistema camerale – si legge nella nota – , insieme a voi, a decidere quale sarà e che forma avrà il nostro futuro professionale, che non può essere descritto e identificato con le sole parole “riduzione, rideterminazione, mobilità, trasferimenti, razionalizzazione”. Queste non sono le parole di un sistema che cresce ma di un sistema che viene fortemente penalizzato a tutto danno delle imprese italiane e dei lavoratori. A questo proposito sottolineiamo che non siamo assolutamente d’accordo con quanto affermato dal Presidente Unioncamere Nazionale (Lo Bello) nel documento del 26 agosto, nel quale la riforma camerale viene positivamente definita “un passaggio determinante di un percorso di modernizzazione che rafforzerà il sistema delle camere di commercio italiane”, senza traumi per il personale. Non è così. I lavoratori del sistema camerale vengono pesantemente colpiti, e non sono stati i primi né saranno gli ultimi lavoratori pubblici a subire riforme irragionevoli che sostanzialmente riducono gli stipendi fermi tra l’altro da 7 anni. Noi vogliamo, con voi, fermare questa tendenza, perché la Pubblica Amministrazione sia ciò per cui è nata: un imprescindibile riferimento per tutti i cittadini e le imprese del nostro Paese, perché noi siamo lo Stato e lo Stato per chiamarsi tale deve valorizzare e far crescere la Pubblica Amministrazione, non mortificarla come sta accadendo in questi ultimi anni”.

 

 

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