La ristorazione in affanno: “Sia riconosciuto il ruolo dei pubblici esercizi”

La ristorazione in affanno: “Sia riconosciuto il ruolo dei pubblici esercizi”

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L’assemblea 2020 di Fipe-Confcommercio che si è aperta il 18 novembre con una tavola rotonda cui hanno partecipato il premier Giuseppe Conte e i ministri Bellanova e Franceschini, quest’anno non chiude i battenti. Al contrario resterà aperta fino alla fine della crisi determinata dalla pandemia da Covid-19. Una decisione, quella dei vertici della Federazione Nazionale dei Pubblici Esercizi, tutt’altro che simbolica: l’obiettivo concreto è quello di mettere a disposizione dei 340mila imprenditori del settore un canale diretto per far arrivare la loro voce direttamente al governo, in una fase drammatica per la categoria.“Oggi – ha spiegato il presidente di Fipe – Confcommercio, Lino Enrico Stoppani ieri, 18 novembre– il presidente del Consiglio e i ministri che sono intervenuti alla nostra assemblea hanno ribadito il loro impegno per il nostro settore e questo per noi significa molto. Non solo perché la Fipe è stata riconosciuta come la casa di tutta la ristorazione italiana, ma perché da qui sono arrivate importanti novità. La prima l’ha portata il ministro Franceschini, che ha ribadito l’intenzione di includere la ristorazione tra i beneficiari dei fondi del Recovery Fund destinati alla valorizzazione degli asset turistici. Un’indicazione importante quanto quella annunciata dal ministro Bellanova, che ha ribadito l’intenzione di proseguire i lavori del tavolo unitario presso il ministero dello Sviluppo economico per valorizzare la ristorazione quale componente fondamentale della filiera agroalimentare. L’ultima novità è arrivata direttamente per bocca del premier, che si è preso l’impegno di incrementare i contributi a fondo perduto per le imprese che non possono lavorare a causa delle misure di contenimento della pandemia. Tutti impegni sui quali noi continueremo ad incalzare il governo. Perché le risorse messe in campo fino ad ora, seppur importanti, non sono sufficienti per garantire la sopravvivenza delle nostre imprese.
La ristorazione è in affanno e in cerca di un unico interlocutore, dopo i rimbalzi di ministero in ministero. Il quarto trimestre dell’anno si chiuderà, secondo Fipe,  con una perdita di fatturato di 10 miliardi di euro, pari al 40%. La previsione per la fine dell’anno è di una flessione di 33 miliardi di euro su 96 complessivi. 60mila imprese del settore sono a rischio chiusura e oltre 300mila posti di lavoro in bilico. Nel momento più complicato della crisi economica e sociale scatenata dalla pandemia da Covid, la Fipe – Confcommercio, Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi tiene la sua assemblea annuale e lo fa alla presenza del premier e di due ministri di primo piano, Teresa Bellanova, titolare della delega all’Agricoltura, e Dario Franceschini, ministro del Turismo. 

Una presenza doppiamente significativa. Da un lato perché consente al presidente Lino Enrico Stoppani di ribadire le richieste della Federazione direttamente all’esecutivo. Dall’altro perché dimostra l’attenzione del governo nei confronti dei Pubblici esercizi.

“Nonostante le risorse messe fino ad ora dal governo – Stoppani – lo sforzo non è sufficiente per prevenire le chiusure e gli scenari più catastrofici per il 2020, che parlano di 50mila imprese a rischio e 300mila posti lavoro in bilico. A seguito delle nuove restrizioni, occorre infatti rifinanziare i contributi a fondo perduto per compensare le perdite dei locali, occorre consolidare i crediti di imposta sulle locazioni commerciali e prevede e moratorie fiscali, contributive e creditizie”.

Dopodiché, però, se si vuole dare un futuro al variegato mondo della ristorazione occorre fare un passo in più. Per garantire la sostenibilità sul lungo periodo bisogna puntare sulla professionalità e sulla formazione: la crescita di fenomeni di concorrenza sleale ha determinato un impoverimento della qualità.

“La pandemia – spiega Stoppani – ha messo in luce alcune debolezze del settore: la fragilità di tante imprese è il frutto dell’espansione quantitativa e non qualitativa cui abbiamo assistito negli ultimi anni, a partire da un processo di liberalizzazioni a tratti semplicistico. Da anni Fipe denuncia il rischio bolla dovuto a un eccesso di offerta: 4,6 imprese ogni mille abitanti. Troppe”.

Secondo il presidente Fipe occorre ripartire da un rafforzamento dei requisiti professionali per l’accesso al settore che deve essere accompagnato da una politica volta a sostenere la domanda del consumatore da un lato e l’imprenditoria di qualità dall’altro. 

“Il ricorso massiccio allo smart-working – sottolinea il presidente Stoppani – non si esaurirà con l’attenuarsi della pandemia. Per far fronte alle conseguenze negative che produce e continuerà a produrre sui pubblici esercizi è necessario lavorare non solo sul cash back, per stimolare i pagamenti elettronici, ma anche sull’azzeramento dell’Iva, almeno per tutta la durata della crisi. Allo stesso tempo è essenziale dare vita a un’importante iniziativa di rinnovamento e aggiornamento del sistema dell’accoglienza turistica italiana, rafforzando l’integrazione fra le componenti ricettive e la parte dedicata alla ristorazione e ai servizi”. 

Un modo per riconoscere ai pubblici esercizi non solo l’importante ruolo di servizio, legato all’accoglienza e alla socialità, ma anche quello di componente essenziale delle filiere dell’agroalimentare e del turismo.

A proposito degli interventi strutturali,  Stoppani ha osservato che “c’è un accesso al mercato della ristorazione troppo facile e questo crea un’offerta eccessiva rispetto alla domanda. Bisogna dare dignità istituzionale a questo settore”. Secondo il presidente Fipe, “sarebbe necessario avere un unico ministro di riferimento, sennò facciamo la fine di un cane con troppi padroni che alla fine muore di fame. Quindi bisogna ripristinare il principio dello stesso mercato stesse regole, per ripristinare il principio della concorrenza leale”. Stoppani ha concluso il suo intervento ricordando l’importanza della formazione professionale per avere un settore sempre più qualificato.

Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, in apertura del suo intervento ha ringraziato il presidente Stoppani per il suo grande impegno e la sua capacità alla guida della federazione dei pubblici esercizi. “Guardavo il video della manifestazione di piazza dei ristoratori del 28 ottobre, è stato un momento di cui andare orgogliosi”.

Il presidente ha voluto separare due momenti diversi dell’impegno della Confederazione per sostenere il settore della ristorazione: “Il primo per quello che è stato fatto, il secondo per quello che faremo”. “Abbiamo lavorato in questi mesi drammatici – ha detto Sangalli – portando a casa dei risultati certo non esaustivi ma con grande fatica e letteralmente guadagnati metro su metro. Da presidente della Confcommercio dico che sono risultati che devono essere potenziati con risorse adeguate, con cancellazione di tributi, con un più ampio credito d’imposta per le locazioni commerciali”. 

“Sono richieste – ha detto Sangalli -che riguardano non la singola categoria dei pubblici esercizi ma che in realtà s’incrocia con elementi di turismo e di cultura. Le nostre imprese sono insostituibili fattori di crescita e di occupazione e di coesione sociale e territoriale”. “Ogni misura per cui ci siamo battuti – ha aggiunto Sangalli – ogni emendamento sul quale abbiamo lottato per far inserire va in questa direzione. I prossimi anni non saranno semplici, perché i nuovi lockdown peseranno sempre di più sulla ripresa economica. Preoccupa anche la stretta del credito dalle nuove regole della Ue”. Dunque, secondo il presidente di Confcommercio, servono “ristori e indennizzi subito e poi preparare il tempo della ripartenza. La Legge di bilancio e il Piano nazionale di ripresa e resilienza devono contenere provvedimenti per mettere in moto investimenti per far ripartire il Paese”.

“Continueremo con pazienza a costruire ponti – ha concluso il presidente – lavorando per puntare a qualcosa di ambizioso e credere che si possa sempre arrivare dall’altra parte. Piano del turismo, aumento della produttività, politiche attive per il lavoro, legalità e infrastrutture: il senso di queste richieste è uno solo: crescere nella rappresentanza per far crescere il Paese”.  

Per il ministro dei Beni Culturali e del Turismo, Dario Franceschini che ha ribadito un concetto già espresso in altre occasioni: “E’ del tutto evidente che la ristorazione sia un pezzo fondamentale dell’attrattività turistica italiana. Il cibo italiano è un pezzo dell’identità italiana, ogni comunità ha le sue tradizioni culinarie che conserva come un patrimonio culturale”.

“Quest’estate – ha detto il ministro – abbiamo costruito la norma per i ristoranti dei centri storici ma oggi il tema è già diverso con la chiusura totale di interi territori e quindi i provvedimenti dovranno essere calibrati. Questo settore per la prima volta ha degli ammortizzatori sociali. Mi sono battuto per i tavoli fuori per ristoranti senza costi che ne ostacolavano la realizzazione. Abbiamo prorogato una norma che ha esentato dai costi di occupazione di suolo pubblico e di richieste di permesso alle varie sovrintendenze quando i tavoli non sono vicini a monumenti di interesse nazionale”.

Franceschini ha chiuso il suo intervento con un messaggio di speranza: “Chiusa l’emergenza Covid il turismo e la  domanda torneranno imponenti in Italia, più prepotentemente di prima.  Arriverà una stagione ricca con una domanda che tornerà forte”.

Il ministro per le Politiche Agricole, Teresa Bellanova, ha voluto ricordare l’eccezionalità della situazione causata dalla pandemia: “Non bisogna mai dimenticare che stiamo agendo in una fase delicatissima davanti alla quale anche il governo ha dovuto affrontare delle difficoltà. Ora siamo nella fase in cui oltre a fare interventi che agiscono sull’emergenze dobbiamo immaginare e disegnare il futuro”.  “Le nostre città – ha detto Bellanova – sono più sicure con i locali aperti sono un contributo importante. Ho fatto una battaglia per tenere aperti i ristoranti almeno fino alle 23. Bisogna rispettare chi ha investito per rendere sicuri i locali e anche per la filiera delle produzioni agroalimentari in Italia vengono consumate per il 40% nella ristorazione”.  “Questa battaglia – ha concluso il ministro – ha coniugato quello che secondo me deve essere la costanza  a adesso in poi: coniugare la filiera agroalimentare, quella del vino con la filiera della ristorazione. I ristoratori sono gli ambasciatori della qualità delle nostre produzioni, in Italia e all’estero”.