La chiusura di Equitalia? Sa tanto di operazione gattopardesca

La chiusura di Equitalia? Sa tanto di operazione gattopardesca

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equitaliaLa promessa di chiudere entro l’anno Equitalia da parte di Matteo Renzi si profila, sempre che venga mantenuta, poco più di un lifting. E la postilla del premier che le tasse si pagheranno lo stesso appare un preludio al fatto che tutto resterà sostanzialmente uguale. Contro Equitalia si sono concentrate le ire dei contribuenti che si sentono vessati e di quanti li appoggiano per solidarietà o per convenienza, ma il bersaglio è sbagliato. Equitalia fa solo il suo dovere che è quello di procedere alla riscossione in modo imparziale. Forse anche troppo, dato che ci sono sottovoce rimpianti delle vecchie piccole esattorie private di tanti anni fa dove l’amico dell’amico poteva sempre cercare di intervenire per proroghe e magari cancellazioni. Se il Fisco dal volto umano è quello dell’”umma umma”, però è bene tenersi quello arcigno, ma che applica veramente, come si legge nelle aule dei Tribunali, il principio che la “Giustizia è uguale per tutti”. Da questo punto di vista, è più civile un’ Equitalia che avanza come uno schiacciasassi senza fare distinzioni tra furbetti, sbadati ed evasori abituali. Il che obiettivamente può essere un problema. Ma la responsabilità non è di Equitalia, che in ogni caso non si occupa dell’accertamento, effettuato dall’Agenzia delle Entrate, ma semmai delle regole, ovvero delle leggi fiscali che Agenzia delle Entrate ed Equitalia sono chiamate ad applicare.

Se questo è il tema, se bisogna spegnere l’indignazione massmediatica sollevata da chi riceve la sanzione per un centesimo dimenticato nel pagare una multa di qualche anno fa, tutto si può risolvere in maniera più efficace con una revisione delle norme da applicare e non cancellando la società. Che Equitalia sia assolutamente migliorabile è infatti fuori discussione. Cartelle pazze ed errori sono sopra il livello fisiologico, senza contare che il tempo perso per riparare gli sbagli non viene rimborsato. L’indiscriminatezza con cui si colpisce l’errore formale come quello sostanziale o l’ostinatezza nel perseguire operazioni di recupero con costi superiori al risultato sembrano essere un espressione di sadismo burocratico che fa male prima di tutto all’istituzione. Difficilmente però questo sarà risolto con una riforma che cambia l’assetto, ma mantiene invariata la normativa fiscale.

Non sarà appunto la scomparsa di Equitalia che porterà a una riduzione del carico tributario sui contribuenti o modificherà il rapporto tra fisco e cittadini come promesso da Renzi. Cosa cambia, infatti, se Equitalia, attualmente una società per azioni partecipata al 51% dalle Entrate e al 49% dall’Inps, diventerà, come sembra, un nuovo dipartimento dell’Agenzia delle Entrate, al quale saranno trasferiti poteri, funzioni e gli 8 mila dipendenti? Se non cambiano le norme, continueranno a fare quello che facevano prima, nel bene e nel male, applicando le stesse norme fiscali e utilizzando gli stessi strumenti, inclusi prelievi coatti e ganasce fiscali. Qualche piccolo cambiamento ci potrà essere, dato che l’accorpamento potrebbe accelerare i processi ed evitare errori nei trasferimenti delle pratiche con gli stessi strumenti di prima, ma si profila l’ennesimo provvedimento gattopardesco, dove si dà l’impressione di cambiare tutto per non cambiare nulla. I contribuenti alla fine lanceranno i loro strali non più contro Equitalia, ma contro un soggetto che avrà probabilmente un altro  nome. Oppure avremo un riscossore cortese, ma inefficace. O ancora peggio un esattore inefficace, sgarbato e per di più piegato di fronte ai interessi privati.

 

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