Infrastrutture, se Bergamo sceglie di non scegliere

Infrastrutture, se Bergamo sceglie di non scegliere

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Variante ZognoE’ sempre una questione di priorità. Lo è ancora di più quando ci trova di fronte a risorse scarse. Dovrebbe essere il fine ultimo della politica quello di incasellare le istanze verso il pubblico interesse e il bene comune. Invece ci si perde in mille rivoli non sempre condivisi.

A livello nazionale, le priorità sembrano essere rivolte a temi politici importanti, ma scollegati dalla quotidianità. Italicum, patto del Nazareno, modifica del titolo V della Costituzione non sono sicuramente in testa alle richieste della maggioranza degli italiani, che, più che riforme o annunci di riforme, vorrebbe fatti concreti. L’esito non brillante della coalizione di governo alle recenti amministrative potrebbe essere collegato anche a questa divergenza di priorità.

Scendendo a livello locale, si ha un ulteriore esempio di strani comportamenti della politica. Quando si presenta un elenco di priorità il buon senso richiede che questo abbia un ordine a scalare.

L’atteggiamento pragmatico punta a realizzare i progetti e non lasciarli incompiuti. Con i soldi disponibili si inizia a realizzare quello che è in cima alla lista. Accantonata la prima somma, se ci sono altre disponibilità si destina quanto avanza alla seconda in graduatoria. E poi si passa alla terza e alla quarta, così via fino ad arrivare in fondo alla lista. Ma questo richiede una scelta. E una scelta vuol dire accontentare qualcuno e scontentare qualcun altro. Un’eresia per i politici che non vogliono perdere consenso. Allora si fa un calderone unico. Altro che gattopardo: volere fare tutto è il miglior modo per non fare niente, dato che un’opera non finita – un esempio, a caso, la variante di Zogno – è inutile, è come non averla.

La politica, specialmente quella di piccolo cabotaggio, resta legata al mito delle opere di regime e alla posa della prima pietra a tutti i costi. Ognuno vuole aprire il suo cantiere, considerato una miniera di voti, anche se non si sa se quanto questo sia ancora vero. Ecco allora il teatrino che si è creato per la corsa all’aggiornamento del Documento di economia e finanza che sarà presentato dal ministero dopo le ferie, per ottenere finanziamenti su opere immediatamente cantierabili. Un’opportunità rara, vista la carenza di risorse a livello territoriale, che però viene trasformata nel solito irrealizzabile libro dei sogni. Un’inedita alleanza tra Regione (l’assessore Alessandro Sorte, di Forza Italia) e Provincia (il presidente Matteo Rossi del Pd) ha individuato come priorità per la Bergamasca il completamento della variante di Zogno. E questo appare ragionevole e condiviso in maniera pressoché unanime perché, senza entrare nel merito di come sono lievitati i costi, in questo modo si rende finalmente utilizzabile un investimento altrimenti perso. Ma poi vanno oltre e iniziano a spendere i soldi degli altri (in questo caso il ministero e Rfi) per quella che ritengono la successiva priorità, l’investimento di 3 milioni per una fermata ferroviaria all’ora, dalle 9 alle 17, all’ospedale.

Una certa area di pensiero per la quale la vita si limita a girare intorno alla malattia e ai funerali è entusiasta. Ma fortunatamente non è maggioritaria. L’idea in sé, anche se si può discutere sulla sostenibilità economica, non è da scartare. Potendo, andrebbe sicuramente fatta, anche potenziata, come tante altre cose, come una galleria con parcheggi sotto Città Alta. Ma i soldi sono pochi e quindi bisognerebbe decidere quali sono le priorità. Il sindaco Giorgio Gori ha ricordato che prioritario sarebbe il collegamento ferroviario con l’aeroporto. Altri suggeriscono il raddoppio della linea Ponte San Pietro-Montello. Alberto Bombassei spinge per infrastrutture adeguate alle esigenze di una provincia industriale. Ma ci sono anche le varianti di Cisano, di Trescore e di Comun Nuovo, e la linea due del tram Bergamo-Ponteranica (fa niente se la prima non riesce ad avere conti in equilibrio senza il supporto dei contributi pubblici).

Senza dimenticare poi l’interconnessione Pedemontana-Brebemi e l’interporto, priorità degli anni passati ancora nel limbo. E meno male che qualcuno non ha riesumato l’autostrada della Valle Seriana per il collegamento Milano-Monaco, in fondo anche questa utile e potendo necessaria, ma non indispensabile.

Questa però è una lista della spesa, non un elenco di priorità. Qual è la differenza, in particolare quando ci sono poche risorse? Quello di non avere il coraggio di decidere. Che vuol dire anche scontentare qualcuno. Una maggioranza che cerca di non tagliare fuori la minoranza è democrazia, ma è anche un diritto (e un dovere) che si assuma la responsabilità del ruolo, senza tavoli per cercare apparentemente di coinvolgere tutti, ma alla fine un alibi per non combinare nulla. In effetti i migliori alleati di politici senza soldi e senza il coraggio delle decisioni sono i comitati anti opere. “Noi avremmo fatto, ma loro ce l’hanno impedito”: uno slogan pronto per le prossime elezioni.

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