Infortuni e malattie professionali, i sindacati: “Per la sicurezza serve un nuovo Modello Bergamo”

Infortuni e malattie professionali, i sindacati: “Per la sicurezza serve un nuovo Modello Bergamo”

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infortuni“Gli infortuni non sono mai frutto del caso, e allora non dobbiamo mai abbassare la guardia. Prima ancora del salario, che è importante, è la vita e la salute della persona che deve stare al primo posto, senza se e senza ma”. Luciana Fratus, Giacomo Meloni e Amerigo Cortinovis, responsabili per Cgil, Cisl e Uil di Bergamo dei Dipartimenti Sicurezza dei tre sindacati, senza giri di parole sintetizzano così l’approccio che deve contraddistinguere l’azione sindacale, e quella degli altri addetti ai lavori, per limitare il più possibile gli incidenti sul lavoro, e aumentare la sensibilizzazione sulle malattie professionali. I sindacati hanno di questi tempi messo a punto la ricerca sulla sicurezza in provincia: emerge che Bergamo nel 2015 è risultata la terza provincia lombarda, dopo Brescia e Milano, come numero di infortuni ( “e purtroppo – sottolineano – la prima parte del 2016 non mostra una inversione di tendenza, con 6 infortuni mortali avvenuti a Bergamo o che hanno coinvolto in altre province lavoratori residenti nella Bergamasca”) . Gli infortuni complessivamente denunciati a Bergamo negli anni 2013 e 2014 sono stati rispettivamente 14.900 (di cui il 31,3% donne) e 14.745, di cui il 31,6% donne.

“C’è una “riduzione” del 1,4% , ma gli infortuni denunciati restano un’enormità”. Il dossier di CGIL CISL UIL verrà presentato al convegno “Sicurezza Modello Bergamo” che si terrà venerdì prossimo alla Scuola Edile di Seriate, alla presenza di numerosi interlocutori (Ats, Inail, Medicina del Lavoro, Ufficio Scolastico…). Confindustria non ci sarà”. Bergamo, su una media di 3.200 denunce di malattie professionali in Lombardia, dal 2011 al 2015, ne rappresenta oltre 1.000 (il 30%) ed è la prima provincia in tutta la regione. Gli infortuni in itinere rappresentano circa il 17% del totale degli infortuni denunciati e causano elevati costi umani. Infine, l’andamento storico degli infortuni dal 1965 al 2014, per il lavoratore maschio si riduce di oltre il 40%, per la lavoratrice donna resta sostanzialmente invariato.  “L’aumento delle denunce per malattie professionali ha due ragioni principali – hanno spiegato i tre sindacalisti: l’inserimento nel registro del Ministero di malattie prima non riconosciute, e maggiori controlli e maggiore diffusione della cultura dei diritti, compreso  il tema dello stress lavoro correlato che determina condizioni di salute precarie e difficoltose. A tutto questo va aggiunto l’innalzamento dell’età pensionabile, altra fonte di possibili infortuni e malattie professionali.

Sono questi alcuni aspetti sui quali la contrattazione deve essere protagonista ad ogni livello: serve agire sul piano nazionale per migliorare il sistema pensionistico, e a livello territoriale e aziendale per garantire maggior sicurezza”. Quella del convegno, sarà l’occasione per presentare i dati aggiornati del “pianeta Sicurezza” e avanzare le proposte sindacali per creare un “Modello Bergamo” anche in questo campo. “Di lavoro ci si infortuna e si muore ancora troppo, malgrado la maggiore sensibilità collettiva – dicono Fratus, Meloni e Cortinovis -. Certo il numero di infortuni in questi anni è diminuito e questo è un fatto molto positivo, ma siamo ancora lontani anni luce dall’obiettivo “infortuni zero”, e ogni infortunio o morto sul lavoro è una sconfitta per tutti”. La sicurezza non va delegata a nessuno e ogni lavoratore deve essere protagonista della sua sicurezza, “prima di tutto esigendo le tutele adeguate, ma anche essendo esigente con se stesso, e verso i suoi colleghi nella prevenzione”. In sede di presentazione del convegno, è stato ricordato positivamente il protocollo, sottoscritto il 25 gennaio scorso fra Organizzazioni Sindacali e Confindustria, che recepisce l’accordo delle parti sociali europee del 2007, di contrasto alle molestie e violenze sui luoghi di lavoro. “Ma sono stati necessari nove anni perché l’Italia recepisse una normativa che in Europa da anni aveva cittadinanza. ( e per inciso le molestie, discriminazioni, possono riguardare anche il genere maschile). Noi vogliamo che questa norma trovi la sua applicazione anche a Bergamo– hanno concluso-:  auspichiamo che Confindustria Bergamo, alla quale abbiamo avanzato una richiesta in tal senso, attivi presto un tavolo di confronto”.