Nella foto il presidente di Confcooperative Bergamo, Giuseppe Guerini
Lo sblocco dei 40 miliardi che lo Stato deve alle imprese, la burocrazia troppo macchinosa, la frammentazione del sistema produttivo locale: sono solo alcuni dei nervi scoperti di questo 2013 iniziato da pochi mesi e Giuseppe Guerini, presidente di Confcooperative Bergamo, non usa giri di parola nel commentare il capitolo dello sblocco dei crediti alle imprese: «Il ritardo dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione è uno dei punti da risolvere più urgentemente ma non sembra che le decisioni del governo tengano pienamente conto della gravità della questione: le imprese muoiono sotto il peso di un credito maturato da mesi, in alcuni casi da oltre un anno e il governo risponde con annunci di decreti e misure che non sono esecutivi da subito». «Pensavamo – prosegue Guerini – che la manifestazione dei sindaci dell’Anci dello scorso 21 marzo a cui tutto il movimento cooperativo aveva espresso l’appoggio per richiedere una soluzione al problema del ritardo dei pagamenti mettesse l’acceleratore all’azione di Governo che deve rendersi conto che le richieste che arrivano da cooperative e imprese non sono un falso allarme, ma una richiesta di emergenza, senza se e senza ma. La cifra annunciata di 40 miliardi, pur avendo la sua importanza, rappresenta meno di un terzo della montagna dei debiti accumulati dalla PA e spalmata su due annualità, per quanto utile non è risolutiva, perché risponde a esigenze immediate con tempi che potrebbero essere più lunghi della capacità di tenuta delle imprese».
Tutta colpa degli enti pubblici?
«Assolutamente no. Il patto di stabilità dell’Unione Europea e quello degli enti locali devono essere rivisti: è necessario mettere in condizione gli enti locali di programmare i flussi finanziari ed escludere dal patto di stabilità interno le spese sostenute dai comuni per le politiche sociali che garantiscono i livelli essenziali di assistenza di cui all’art. 117 della Costituzione. Anche i Comuni virtuosi non possono pagare in tempo per non sforare i parametri del Patto. L’Ue sembra aver iniziato a prendere atto che bisogna mettere gli Stati in condizione di programmare i flussi finanziari e pagare i debiti alle imprese. Crediamo che il patto di stabilità debba essere intelligente, sostenibile, inclusivo. Ora occorre agire e agire presto».
Quali sono secondo lei i problemi principali per le imprese?
«Direi in primis l’eccessivo costo della burocrazia: il quadro normativo nazionale e regionale si presenta ancora molto complesso e l’entrata in vigore del Suap telematico, che avrebbe dovuto semplificare e consentire di “aprire un’impresa in un giorno”, in realtà si è rivelato una corsa ad ostacoli». Semplificare deve infatti consentire l’eliminazione di orpelli burocratici e adempimenti che richiedono passaggi ridondanti, abbreviare i tempi di attesa per avere risposte da parte delle Pubbliche amministrazioni, ridurre i costi e i vari diritti di segreteria: significa in sostanza rendere un procedimento amministrativo snello e facilmente fruibile a tutti i livelli».
Il 2013 sarà l'anno della ripresa?
«Ci sono segnali che fanno intravedere una timida ripresa che come sempre è trainata dalle imprese che esportano. Da questo punto di vista i dati di crescita dei prodotti e dei servizi dell'alta qualità del “made in Italy” sono esemplari e incoraggianti. La questione drammatica è che si rischia una ripresa "economica" senza però una ripresa del lavoro, sopratutto per l'Italia, dove sta esplodendo ulteriormente il dramma occupazionale».
Quali sono i nervi scoperti del sistema bergamasco?
«Direi in prima istanza la frammentazione del sistema produttivo: per anni la nostra forza è stata l'imprenditoria diffusa ma serve un cambio di cultura e di strategia e agire di più nella direzione delle aggregazioni e del lavoro di rete per competere con l’estero perché abbiamo ancora un tessuto economico prevalentemente parcellizzato e legato ad un mercato interno. Un proverbio africano dice che “se vuoi arrivare primo corri da solo ma se vuoi andare lontano cammina in gruppo”: ecco perché insistiamo tanto sulla coesione territoriale e lo stiamo facendo nella rappresentanza con Imprese & Territorio: serve sempre più farlo nelle imprese, la collaborazione e la cooperazione sono il principale fattore competitivo. Ma serve anche un cambio culturale che va accompagnato».
E i punti di forza?
«Grazie al lavoro delle generazioni che ci hanno preceduto il dna bergamasco è fatto di laboriosità, sobrietà e un sistema istituzionale che è in gran parte affidabile grazie a realtà come la Banca Popolare di Bergamo, il sistema delle Bcc e il Credito Bergamasco, l'aeroporto di Orio al Serio, l'Università, le grandi imprese che competono sui mercato globali, una Diocesi forte, autorevole, ricca di testimonianze di solidarietà. Un tessuto di impegno civico e sociale con associazioni di volontariato e cooperative sociali molto qualificato. Queste dotazioni di fondo sono la base su cui sono cresciute le imprese».
La sfida per essere competitivi?
«La sfida principale è quella dello sviluppo competitivo: una strategia per “industrializzare” con azioni di sistema che sostengano la cooperazione tra imprese per promuovere una competitività di territorio. Il sistema della piccole e medie imprese non ha bisogno di modelli di sviluppo fondati sulla sola ricetta della crescita dimensionale ma deve essere accompagnato nella sua crescita su assi strategici quali l’innovazione, l’ internazionalizzazione, la formazione e l’aggregazione, valorizzando il tessuto di impresa diffusa e cercando di qualificarlo. La nostra provincia è forse la più "densa" e competitiva "piattaforma" manifatturiera d'Europa. Questo patrimonio va difeso e qualificato».
E sul rapporto banche-imprese?
«Nel programma di Imprese & Territorio il rapporto con il sistema del credito è uno dei punti focali: abbiamo avuto risposte positive per un lavoro da sviluppare insieme dalle principali realtà bancarie del territorio e dai Consorzi di garanzia fidi legati alle nostre associazioni. Siamo di fronte ad una pesante contrazione della disponibilità di denaro in circolazione e vi sono regole e meccanismi del credito che sono diventati eccessivamente astratti e rigidi, col rischio di "spersonalizzare" il rapporto tra banche e clienti. Il credito si basa essenzialmente su fiducia, rispetto, competenze: sono tre qualità che si maturano con tempi congrui e con impegno».