Imprese & Territorio, 
«ecco cosa chiediamo ai candidati»

Imprese & Territorio, «ecco cosa chiediamo ai candidati»

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In vista delle prossime elezioni regionali, il Comitato Imprese & Territorio – che riunisce 10 associazioni di categoria (Associazione Artigiani, Ascom, Apindustria, Cia, Coldiretti, Confcooperative, Confesercenti, Cna, Fai e Lia) in rappresentanza di 80mila piccole e medie imprese bergamasche e di 310mila lavoratori – ritiene prioritaria un’agenda politica che punti allo sviluppo del tessuto economico e sociale della Regione Lombardia. Pertanto, ai candidati alla presidenza regionale ha presentato un documento dal titolo “10 verbi dell’ agenda di Imprese & Territorio – Per una Lombardia delle Imprese e delle  Persone”
“In un quadro di crisi economica e finanziaria epocale nel quale la politica, anche quella più vicina ai territori, ha dato un esempio di miopia e incapacità nel produrre adeguate politiche industriali mirate alla difesa dell’ economia – si legge nella nota introduttiva – i sistemi associativi che rappresentano e tutelano gli interessi delle Mpmi, da sempre considerate l’ossatura portante della struttura economica e produttiva del nostro Paese, denunciano la loro delusione verso il sistema politico di questi ultimi anni che ha sostanzialmente perso legittimità nella rappresentanza del cosiddetto popolo delle partite Iva. Serve, oggi più che mai, proprio alla luce della gravità della crisi economica che sta mettendo a dura prova l’intero sistema economico/produttivo lombardo, una politica industriale di territorio che sappia riqualificare le piattaforme locali elevandone la capacità di competere dentro i processi di internazionalizzazione dell’economia. C’è penuria di risorse, indotta dall’ineludibile necessità di politiche di rigore nella spesa pubblica, ma c’è anche un bisogno profondo di politiche attente e lungimiranti in grado di orientare le risorse disponibili verso “asset” strategici concordati con i sistemi della rappresentanza economica e sociale territoriale. E’ quanto chiediamo alla politica – scrive ancora il Comitato -, proprio perché da essa nulla del genere è pervenuto sino ad oggi. Ci preoccupa che nell’immaginario collettivo la politica appaia sempre più come un recinto di “incapacità e immoralità”, e che tale immaginario coincida in gran parte con le categorie economiche e sociali che rappresentiamo; categorie deluse ed esasperate da una situazione politico-istituzionale che invece di aiutarle a fronteggiare una crisi drammatica sembra sospingerle nell’area grigia dell’impotenza e dell’irreparabilità. Ci preoccupa ancor di più l’insipienza di una politica che non sa esprimere una “visione” volta ad accompagnare un territorio ricco ed economicamente organizzato come il nostro verso orizzonti di crescita. Il nostro è un contesto economico composto prevalentemente da piccole e piccolissime imprese, che rappresentano la realtà forte della nostra economia ed il suo futuro, perché un patrimonio così vasto, complesso e profondo di competenze imprenditoriali non è trasformabile, in un battito d’ali, in un sistema di medie e grandi imprese. Il
nostro patrimonio è questo, con le sue intelligenze, flessibilità, disponibilità al sacrificio, ma anche con le sue gracilità. Una politica industriale regionale, di territorio, deve saper leggere la realtà diffusa dell’economia di riferimento e favorire processi di superamento delle debolezze e di sintonizzazione con l’evoluzione dei mercati, attraverso la messa in campo di strumenti adeguati. E una politica adeguata ai bisogni competitivi e di crescita di un territorio come il nostro non può essere fatta se non attraverso la creazione di sistemi di “governance”, anche informali, in grado di portare nelle Istituzioni la concretezza delle situazioni vissute e delle idee che nascono dall’esperienza quotidiana e di aiutare la politica a rigenerarsi dentro processi di reale confronto con le opzioni di crescita economica e sociale locale.