Commercio, Bergamo “incassa” 
altri due luoghi storici

Commercio, Bergamo “incassa” altri due luoghi storici

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Il mercato di Lovere e l’albergo Alpino al Passo della Presolana fanno il loro ingresso tra i luoghi storici del commercio della Bergamasca, riconosciuti dalla Regione al termine dell’ultima istruttoria delle domande presentate nel 2012, che ha “laureato” complessivamente in Lombardia 64 insegne e due mercati. L’Albergo Alpino, condotto dalla stessa famiglia dal 1925, ha ottenuto il titolo di “storica attività” e porta a quota 90 il totale dei negozi ed esercizi storici bergamaschi inseriti nell’apposito elenco regionale per la tutela (anche con finanziamenti specifici) e la valorizzazione delle attività di vicinato più longeve e tradizionali. Per il mercato di Lovere, documentato dal 1786, il riconoscimento è di “mercato a valenza storica di trazione”, sino ad ora arrivato solo a Clusone.       

*Mercato di Lovere / dal 1786
La tradizione c’è, ora arriva l’ammodernamento

Il primo documento dell’istituzione formale del mercato del sabato a Lovere è una Ducale del 9 settembre 1786, a firma di Gio. Andrea Fontana, che vuole portare nei binari dell’ufficialità il mercato di animali che, sino ad allora sorretto solo da «un’inveterata consuetudine», si affiancava nella stessa giornata a quello delle biade, «già istituito legalmente». L’appuntamento, che ha quindi una storia ancor più antica, è ritenuto utile «ed anco per la sua situazione distante da ogni altro simile mercato necessario alle circostanze di quei sudditi». A testimonianza del suo successo, c’è poi il Regolamento del Comune di Lovere dell’8 dicembre 1894, che estende il mercato su due giornate, venerdì e sabato, nei mesi di settembre, ottobre e novembre e non manca neppure il dibattito ad inizio ‘900 sugli spazi e la collocazione. Dalla piazza del Porto (ora piazza Tredici martiri) si è spostato nelle aree limitrofe e infine nell’attuale piazzale Marconi, dove si presenta puntuale ogni sabato mattina con 120 banchi, 29 del settore alimentare, 90 non alimentari e uno riservato ai produttori agricoli, su una superficie complessiva di 9.000 metri quadri.
Il dato storico aggiunge un tocco in più ad una manifestazione che già gode dello speciale scenario offerto dal lago e dalla cittadina, inserita tra i “Borghi più belli d’Italia”. «È una storia importante – rileva l’assessore alla Promozione economica Francesca Bertolini -, che abbiamo ritenuto giusto valorizzare cogliendo l’opportunità offerta dalla Regione, un passo per far conoscere e condividere questo ulteriore valore del nostro territorio». La lunga tradizione si sposa però con l’ammodernamento. Sono infatti partiti i lavori per il rifacimento di quel tratto di lungolago, che porteranno agli ambulanti le torrette per l’allacciamento ai servizi. «L’intervento punta a rendere la passeggiata più accogliente e fruibile ai pedoni, ma riqualificherà anche il momento del mercato, che manterrà – rassicura l’assessore – gli stessi spazi e le stesse concessioni attuali». L’ottenimento del riconoscimento regionale dà il “la” anche all’ipotesi emersa in fase progettuale di posizionare dei cartelli illustrativi sulla storia del mercato.
La risoluzione del problema dei parcheggi, che il sabato mattina si fa più pressante perché il mercato sottrae spazi e richiama visitatori, è invece contenuta nel Pgt approvato. «I tempi si sono allungati – dice ancora Bertolini -, ma due progetti, il piano integrato di piazzale Bonomelli e l’ambito di trasformazione delle Reme, il primo più a breve, il secondo su un periodo più lungo, consentiranno di migliorare notevolmente le possibilità di sosta».
La valorizzazione del mercato si affianca alle iniziative messe in campo dall’Amministrazione per il commercio di vicinato. «Con il coinvolgimento delle associazioni di categoria e dei negozianti locali è stato costituito il Distretto del Commercio – ricorda Francesca Bertolini – ed è stato attivato il Comitato di indirizzo. Il mercato rappresenta un altro tassello dell’offerta commerciale, una tradizione che abbiamo ritenuto doveroso tutelare, pensando in primo luogo agli operatori che vi partecipano».

*Il veterano tra i banchi
«Il turismo può ridare slancio all’appuntamento»

Più di 200 anni di storia (almeno quella documentata) e la suggestione dell’ambiente non hanno sottratto il mercato di Lovere ai cambiamenti che hanno investito, in maniera più o meno marcata, il commercio ambulante. Antonio Agazzi è presente con il banco di calzature da 35 anni, da quando a 17 anni ha cominciato ad affiancare il papà e gli zii nell’attività. «Continua ad essere un bell’appuntamento – dice – perché ci sono molti banchi ed è frequentato, ma più per fare una passeggiata il sabato mattina che per la spesa. Per quelli sembra che la gente preferisca i centri commerciali, che anche in questa zona non mancano. Un tempo si lavorava parecchio, oggi a fare acquisti restano soprattutto gli anziani». Le difficoltà hanno avuto l’effetto di impoverire l’offerta commerciale, «non tanto in quantità, ma in qualità – dice -. Senza nulla togliere ai colleghi che hanno deciso di puntare su articoli da pochi euro, è logico che se il livello si abbassa troppo si perde anche l’attrattiva». Come lui a Lovere sono presenti altri ambulanti di lungo corso, ma è molto raro che il testimone passi poi alla generazione successiva. «Il ricambio degli operatori è abbastanza veloce, ma non sono quasi mai “figli d’arte” – rileva -. Nella maggior parte dei casi si tratta di subentri da parte di chi intraprende per la prima volta questa strada, italiano o straniero. Io stesso direi ai miei figli, che adesso sono ancora troppo piccoli, di valutare con attenzione questo lavoro, perché può sembrare allettante, ma è duro e impegnativo se lo si vuole fare bene». Se i lavori di ammodernamento del lungolago sono visti con un po’ di timore pensando che possano ridurre lo spazio a disposizione dei banchi, il riconoscimento alla storicità del mercato, così come tutto ciò che può dare richiamo alla cittadina, è accolto con soddisfazione: «Penso che solo lo sviluppo del turismo potrà invertire la tendenza e ridare slancio al nostro mercato – afferma l’ambulante –. Lovere ha tante risorse, compresi i recenti ritrovamenti archeologici. Stanno aprendo alberghi e bei negozi, credo che ci si stia muovendo bene».    

*Al Passo della Presolana / dal 1925
Albergo Alpino, quattro fratelli e la voglia di resistere

Basta dare un’occhiata ad alcuni documenti che l’Albergo Ristorante Alpino, a quota 1.300 metri al Passo della Presolana, ha pensato bene di pubblicare sul sito per valorizzare la propria storia – oggi suggellata dal riconoscimento ufficiale della Regione -, per rendersi conto di quanto siano cambiati i tempi e i modi del fare turismo. Su una cartolina pubblicitaria degli anni Quaranta la descrizione della struttura recitava così: «Internamente ristrutturato – salone per comitive, colazioni al sacco, bagno – termosifone – colazioni a prezzi fissi – costante frescura – sport invernali – acqua corrente calda e fredda». È degli anni 60 invece l’antesignano dei buoni pasto. Per far fronte alle comitive che arrivavano in pullman per trascorrere una giornata sulla neve o nei prati e che richiedevano un servizio veloce all’ora di pranzo, il papà degli attuali titolari, Aldo Vecchio, con lungimiranza aveva creato un ticket che, pagato alla cassa, dava la possibilità accedere alla tavola calda a self service. Costava 800 lire e comprendeva «pane – 1/5 vino – minestra asciutta o in brodo – vitello o pollo al forno – contorno – frutta».
Le origini però sono ancor più antiche. La struttura viene costruita dagli austriaci attorno al 1840 e utilizzata come casermetta. È poi stazione di posta e punto di sosta per le diligenze che percorrevano la strada tra Clusone e Schilpario, locanda e infine albergo. Dal 1925 la gestione è nelle mani della famiglia Vecchio, con nonno Camillo, originario di Albuzzano in provincia di Pavia, che dopo essersi fatto le ossa come maitre a Manchester e a Londra (e dopo la batosta di un investimento in rubli finito in fumo a causa della rivoluzione russa) ricomincia da zero in patria. Da Sanremo, sale man mano di quota, passando a gestire l’albergo Sant’Antonio a Lovere, paese della moglie, e approdando infine al Passo della Presolana. Il testimone passa al figlio Aldo, scomparso nel 1981, e da lui a quattro dei sei figli, Cristina, Daniele, Elena e Stefania, ancora oggi supportati dall’attivissima mamma Germana, 81 anni, milanese che in vacanza a Bratto ha conosciuto il marito e messo radici lassù.  
Nel tempo la struttura ha subito molte trasformazioni, si possono però ancora apprezzare le vetrate ad arco, gli archi interni e il soffitto in travi di larice ben valorizzato dall’ultima ristrutturazione. L’albergo ha 18 camere, un ristorante, “La Vecchia cantoniera”, aperto a tutti, bar e tabaccheria, anch’essa storica, visto che la licenza è del ‘47. «La svolta – racconta Daniele – è stata nel 1997. La proprietà negava il rinnovo del contratto d’affitto e lo stabile aveva urgente bisogno di ristrutturazione, ci siamo perciò trovati di fronte a un bivio: cessare l’attività e abbandonare la struttura a se stessa, con grave danno anche per tutta la zona, oppure affrontare un grosso investimento con l’acquisto di tutto l’immobile e l’avvio immediato dei lavori. Il nostro forte legame con l’albergo ci ha fatto scegliere la seconda opzione, pur sapendo che sarebbe stato difficile recuperare velocemente l’investimento, vista la flessione dell’attrattività della zona».
Erano infatti già lontani gli anni del boom di vacanzieri, vip compresi, al Passo. «Le abitudini sono cambiate – racconta ancora Daniele -. Gli ospiti fissi delle vacanze estive sono ormai un ricordo, i soggiorni si fanno sempre più brevi e così il legame con i clienti si allenta. Anche le esigenze sono cambiate: oggi per fare qualche discesa con la slitta i turisti ci chiedono se c’è uno skilift!». «L’attività dell’albergo procede tra alti e bassi, legata soprattutto alle condizioni meteo – ammette -. L’area paga anche lo scotto di ricadere in tre comini tre comuni diversi (Colere, Castione e Angolo Terme) e due province, cosa che rende difficile in partenza iniziative di sostegno e sviluppo».
L’esercizio si “difende” grazie all’integrazione del ristorante, del bar e della tabaccheria e alla gestione familiare. «Cerchiamo di sfruttare il passaggio e di offrire più servizi possibile. Il ristorante, con Elena ai fornelli – spiega Daniele -, propone la cucina di montagna tipica, piatti semplici e genuini, come casoncelli, polenta, funghi e selvaggina». Ma anche il bar regala golose sorprese, è infatti rinomato per le merende a base di torte, secondo le ricette di mamma Germana.