Per guardare oltre la crisi e vincere la sfida sempre più pressante con internet, che ormai assorbe la metà delle compravendite, l’agente immobiliare deve essere meno venditore e più consulente, meno ingessato e più aperto. La difficoltà d’accesso al mutuo ha praticamente eroso il mercato della prima casa, ormai marginale, mentre le famiglie che nel frattempo si sono allargate o ristrette, spulciano gli annunci con le idee spesso confuse. La sfida per il mediatore è interpretare al meglio i bisogni dei potenziali acquirenti e raccogliere sotto lo stesso tetto sforzi economici e investimenti emotivi. Stefano Lascar, formatore di grande esperienza e guru delle vendite – a margine del corso promosso da Ascom Formazione, con record di partecipanti dedicato alla mediazione immobiliare – invita gli agenti alle prese con la crisi ad investire sulle relazioni e su quel patrimonio immateriale che oggi come non mai rappresenta il vero valore aggiunto per chi opera sul mercato. A guidare gli acquisti sono sempre le emozioni anche quando si tratta di un investimento sicuro che non ha prezzo e che non può che rivalutarsi con il tempo.
Come è cambiato il mercato immobiliare negli ultimi anni?
«La crisi ha inevitabilmente ridimensionato il settore immobiliare. Il mercato della casa soffre. Nel 2006 si erano registrate 856 mila compravendite e nel 2013 i dati più recenti Nomisma ne stimano 410 mila. Nel 2006 in Italia si contavano 36-40 mila agenzie immobiliari; considerando 2 o 3 addetti ad agenzia, il settore dava lavoro a 90 mila persone. Oggi l’organico si è ridotto all’osso, con un calo del 20-30%. Oltre l’80 per cento del mercato è ormai rappresentato dal cambio casa. È ormai scomparso il cliente che acquista la casa e che già non vive in una casa di proprietà, questo perché da un lato è aumentata la percentuale di coloro che già possiedono l'abitazione, dall’altro perché è aumentata la percentuale di coloro che avrebbero difficoltà ad accedere al mutuo».
In che senso?
«Il cliente in cerca della prima casa è meno selettivo, anche perché sa che l’abitazione non sarà con forti probabilità quella definitiva e soprattutto la sua preoccupazione principale è riuscire nell’acquisto. Quando invece il cliente ha già la sua casa, cresce il peso dato a quei 50-100 mila euro in più per un’ulteriore stanza, un quartiere più vicino al luogo di lavoro o un box. Cambia completamente l’approccio al mercato immobiliare e necessariamente deve cambiare la tecnica di vendita».
Qual è l’approccio giusto in un mercato profondamente cambiato?
«Il segreto è entrare in relazione con i clienti, condividere le loro priorità, le loro questioni quotidiane. Finché la propensione all’acquisto è stata forte gli agenti immobiliari hanno potuto vivere di rendita, visto che dal 1996 al 2006 la crescita del mercato è stata costante e continua. Prima bastava mettere un cartello, ora invece bisogna entrare nella prospettiva dei clienti. Bisogna analizzare attentamente i bisogni dei clienti, approfondire quali sono le ragioni che portano a cambiare casa: dalla famiglia che si è ristretta a quella che si è allargata, ai motivi di lavoro o studio. Bisogna acquisire una maggiore sensibilità nell’analisi dell’immobile. Non basta valutare metratura, finiture, posizione ma immaginare come ogni singolo spazio possa essere vissuto e su questo stabilire una comunicazione col cliente».
Il mediatore è sempre più un consulente?
«Quando il potenziale acquirente varca la soglia di una casa inevitabilmente immagina come potrebbe vivere ogni singola stanza. L’agente immobiliare deve guadagnare questa stessa prospettiva ed interpretare al meglio le esigenze di ognuno, valorizzando così gli aspetti più interessanti dell’immobile in vendita».
Ci fa un esempio?
«La casa è uno spazio da vivere e a poco serve cercare ad esempio una terza camera se l’agente non riesce a comprendere l’uso che il potenziale acquirente ne vuole fare. Se ne vuole fare uno studio, ad esempio, può bastare un immobile con un soggiorno molto ampio, dove ricavare lo spazio desiderato. Anche la conoscenza della composizione del nucleo familiare è fondamentale: se a casa vivono, ad esempio, anche i suoceri una suddivisione della casa che garantisce un minimo di privacy a tutti può davvero fare la differenza. Insomma la parola d’ordine è concentrarsi sul cliente e comprenderne a fondo desideri e priorità».
Quali sono gli errori che un agente non deve commettere?
«Contrariamente a quanto si immagini non bisogna mai mettersi a cercare un immobile assolutamente rispondente a quanto il cliente afferma di desiderare. La maggior parte delle persone ha un'idea di casa ideale per molti versi diversa da quella che poi finisce per acquistare. Sono all'ordine del giorno i clienti che acquistano casa nel quartiere dove hanno sempre sostenuto che non avrebbero mai abitato e che finiscono con il rinunciare a quel box che fino ad un momento prima era tassativo. L’agente immobiliare deve sforzarsi di capire i bisogni reali del cliente, anche quelli inespressi o che il cliente stesso non si è reso conto di avere».
Chi acquista casa è quindi un consumatore immaturo?
«Impariamo a scegliere man mano che scegliamo e chiaramente la casa non si acquista ogni stagione. In media nella vita capita di acquistare due, tre, quattro volte al massimo casa ed è anche per questo che molto spesso chi cerca casa appare davvero incerto. L'offerta di immobili, ormai spaventosa, non fa che disorientare ancora di più i potenziali acquirenti. In questa prospettiva il ruolo di un agente immobiliare diventa essenziale».
Internet raddoppia i problemi?
«Oltre il 50% delle compravendite avviene fuori dalle agenzie immobiliari. Internet rappresenta una vera sfida da vincere: prima del web il rischio che acquirente e venditore si accordassero senza l’intervento di un agente immobiliare era già forte, ma ora, con internet, questo rischio è aumentato a dismisura».
Il boom di internet e compravendite tra privati è figlio della crisi o anche gli agenti hanno le loro colpe?
«L’immagine dell’agente immobiliare non è al top della popolarità e purtroppo anche i mediatori hanno la loro parte di colpa. Il mercato negli anni d’oro ha attratto anche figure non sempre professionali, spesso tanti improvvisati e anche qualche venditore spregiudicato, per alcuni l’etica purtroppo non rappresentava una priorità. La crisi ed una maggiore qualificazione hanno portato negli ultimi anni ad una maggiore professionalità. È tramontata l’era del venditore d’assalto aggressivo che non si poneva scrupoli a fare le scarpe al collega. L’intervento del legislatore ha portato ad una maggiore professionalità: le conoscenze tecniche sono orami più che assodate, con la crisi può essere d’aiuto estendere il proprio orizzonte cognitivo».
Il corso si è concentrato anche su stile abitativo e tratto architettonico.
«Ogni epoca, ogni classe sociale ed ogni gruppo etnico ha un modo diverso di vivere la casa. Fino all’Ottocento le stanze erano spazi da interpretare, oggi ormai corrispondono a funzioni: la stanza nasce come camera da letto con interruttori già posizionati e cucina e bagno hanno allacci predefiniti. Ma quando il tratto architettonico non corrisponde allo stile abitativo di chi vive la casa, allora diventa un contenitore vuoto senza significato. Emblematico in tal senso l’esempio riportato da Umberto Eco ne “La struttura assente”: nelle case popolari del Sud destinate nel secondo dopoguerra a mezzadri e lavoratori il bagno veniva utilizzato per lavare le olive, perché quello era secondo loro – in relazione al proprio stile abitativo – l’uso del misterioso sanitario».