Il terziario è a due velocità, vince chi corre e investe

È un terziario a due velocità quello bergamasco fotografato dall’Osservatorio di Format Research e presentato pochi giorni fa in Ascom Confcommercio Bergamo.

Dal quadro economico emerge che i settori del commercio turismo e servizi continuano a crescere e a conquistare quote sempre più significative dell’economia bergamasca pur in un contesto non favorevole. Il clima di fiducia degli imprenditori sta peggiorando soprattutto per lo scenario politico di incertezza.

La ricerca esprime la difficoltà delle nostre imprese e la loro minore propensione all’investimento rispetto ai periodi pre-crisi sia pur con dei distinguo. La nostra provincia, dietro la locomotiva milanese, rappresenta uno dei territori di grande rilevanza economica che continua a crescere perché investe. Questo non depone certamente a favore di un Paese- l’Italia- che sembra stanco e demoralizzato, lontano parente di quello che fu.

È l’osservatorio del credito bergamasco a stupire. I dati riferiscono di una domanda di credito nettamente superiore a quella del quadro nazionale e anche del territorio del nord ovest. Segnale che le imprese stanno reagendo pur nelle difficoltà.

Eppure sono due i dati che confermano questo aspetto. Innanzitutto il ricorso ai finanziamenti, che vede la domanda di credito tra le più alte del nord ovest con una risposta da parte del sistema bancario significativa (solo il 6% delle richieste viene cassata, e oltre il 60 per cento accolta per l’intero ammontare). Il sistema bancario ha liquidità e la mette a disposizione delle imprese per sostenere sia ristrutturazioni che per supportare investimenti. Il credito costa (lo dimostrano i dati sulla percezione dei prezzi del finanziamento, istruttoria, garanzie richieste e durata) però il rapporto tra banche e imprese funziona. Lo studio conferma la tendenza che vede le imprese del turismo e dei servizi più dinamiche di quelle del commercio, che soffre il cambiamento delle abitudini di spesa e la concorrenza dell’on-line.

Esiste un grande gap tra le imprese piccole, che faticano a riorganizzarsi e a investire e le medie e grandi che invece proseguono sulla strada del cambiamento.

Preoccupa in questo senso che il 72% per cento delle imprese del terziario non abbia chiesto credito alle banche, nonostante la difficoltà di far fronte al proprio fabbisogno finanziario. Forse si accetta un po’ svogliatamente di stare fermi.

Ma c’è chi guarda avanti. Il dato in maggiore controtendenza è quello del ricorso alla forza lavoro. L’indice è cresciuto negli ultimi sei mesi dal 49,4 al 50,7. E tra le imprese che rilevano un miglioramento dell’occupazione, il dato più alto di tutti, a quota 54%, è relativo alle imprese più piccole, da 2 a 5 addetti. Quindi le grandi imprese sono fiduciose perché tagliano il personale, mentre le piccole sono pessimiste ma reagiscono assumendo. Segnale quindi che, in questo quadro economico molto fluido, esistono percezioni e reazioni completamente opposte.

Tornando agli investimenti, il 28% delle imprese del terziario bergamasco ha chiesto credito anche negli ultimi sei mesi. Di queste il 39,9% per necessità di investimento. Da una parte ci sono quindi imprenditori che sono convinti di poter fronteggiare questo mercato, che investono, ricorrono a strategie nuove e a canali di comunicazione e di vendita innovativi. Facendo due calcoli approssimativi, potrebbero essere una o due su dieci a seconda del settore.

Non potremmo essere lontani dalla realtà nel sostenere che potrebbero corrispondere a quel 27% di imprenditori che il Focus sulla digitalizzazione ha individuato come investitori in innovazione tecnologica, che comprendono anche coloro che usano capitali propri e al netto di coloro e faranno investimenti in altri ambiti non tecnologici. In questa doppia velocità che sembra caratterizzare le imprese del terziario è invece il gruppo che è in ritardo. Sette-otto imprese su dieci sono ancora disorientate e ferme nell’attesa di buone nuove. Stanno cercando di sopravvivere in attesa di tempi migliori, aspettando cioè che siano il quadro politico e commerciale a far riprendere quota al commercio. Noi ci crediamo poco e li invitiamo a reagire.

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