Il futuro delle imprese, 
due generazioni a confronto

Il futuro delle imprese, due generazioni a confronto

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Per le associazioni dei Giovani Imprenditori si è chiuso l’anno accademico di Let’s Sinergy, la scuola di sinergia che ha visto tra i banchi il neonato Coordinamento Bergamo Giovani, frutto della collaborazione di Ance, Ascom, Confartigianato e Confindustria. Prima di ripartire a settembre con la nuova sfida dell’internazionalizzazione con Let’s International, abbiamo chiesto ai rappresentanti junior e senior delle Associazioni di categoria di invertire per un attimo i loro ruoli in un vero e proprio cambio – e ricambio – generazionale, oltre ad indicare limiti e freni allo sviluppo d’impresa ed aprire uno sguardo al futuro e ai possibili scenari economici per il nostro territorio.
Se la determinazione rappresenta una qualità fondamentale per ogni imprenditore, la convinzione per le proprie idee è davvero forte. Se ricominciassero da zero, tre presidenti senior su quattro riaprirebbero la stessa tipologia di azienda, con cui si identificano in modo integrale. Cambierebbe invece impresa Angelo Carrara che oggi aprirebbe un’impresa piccola, ma estremamente innovativa, pronta a cogliere la sfida delle nanotecnologie e della fibra di carbonio. Del resto senza troppi giri di parole, Carrara da vero rottamatore, auspica ad un cambiamento drastico per una città come Bergamo “vecchia” impreparata ad arrendersi di fronte al fatto che il benessere costruito nel tempo non tornerà mai più. Sul fronte junior, anche i giovani imprenditori non riescono ad immaginarsi tra qualche lustro lontano dalla propria azienda. Anche se ciò non significa rinunciare a pensare ad un futuro diverso e migliore. I sogni del prossimo futuro per i giovani imprenditori mettono a sorpresa ai primi posti ambiente, famiglia, valori e attenzione al sociale. Nulla di più diverso e lontano dai pensieri yuppie che hanno animato gli anni Ottanta, alla faccia di chi accusa le nuove generazioni di avere un sistema valoriale stravolto e sballato. Quanto all’immediato futuro, i presidenti senior sono ottimisti e, con sano realismo, sanno che grazie alle proverbiali doti bergamasche, dall’attaccamento al lavoro all’orgoglio, al sacrificio, il territorio saprà rimettersi in piedi. Purché sappia alzare la testa, si impegni a cogliere le opportunità di Expo e della candidatura a Capitale europea della cultura nel 2019 e non rinunci alla collaborazione e all’apertura ad altri contesti.

QUI SENIOR
LE DOMANDE

1 Con un tasso di disoccupazione elevatissimo ed una percentuale preoccupante di Neet, per non parlare degli under 34 che rinunciano a cercare lavoro, che consigli si sente di dare ai giovani?

2 Che impresa aprirebbe oggi se dovesse ripartire da zero?

3 Quali sono gli scenari per Bergamo da un punto di vista economico da qui a dieci anni?

Ercole Galizzi – Confindustria Bergamo
«Bisogna ripartire dalla fatica e dal senso di responsabilità»

1. Non mi stanco di ripetere ai giovani che bisogna partire e ripartire dal sudore, dalla fatica, dall’impegno, dal senso del dovere e della responsabilità. Bisogna insistere e difendere le proprie idee perché alla fine, anche se con grande fatica, si riesce ad arrivare. Coloro che sono nati negli anni Trenta e Quaranta ce lo dimostrano: senza fatica non avrebbero ricostruito il Paese.
2. Aprirei la stessa impresa che ho oggi (la Argomm di Villongo, specializzata nella lavorazione di materiale plastico, ndr.). Mi identifico molto in quello che faccio e credo che non sia possibile fare impresa senza una profonda identificazione con essa.
3. Bergamo ha dei valori profondi e forti, radicati nel nostro proverbiale attaccamento al lavoro e nella propensione al sacrificio. È grazie a queste qualità che la nostra città, nonostante tutto, presenta, in un contesto di grande difficoltà, dei dati economici buoni se confrontati con quelli – a tratti disastrosi – nazionali. Per questo, senza dubbio tra dieci anni il contesto sarà diverso, ma migliore di oggi. A patto che si veda nella collaborazione e nell’apertura ad altri contesti un’opportunità e non una minaccia.

Angelo Carrara – Associazione Artigiani
«Il modello su cui abbiamo fondato il nostro benessere non esiste più»

1. In questo momento bisogna cercare di non pensare ai problemi e impegnarsi per fare la propria strada e inseguire i propri sogni, anche se il percorso si profila davvero ad ostacoli. È chiaro che partire da questa prospettiva è estremamente difficile in questo contesto, ma oggi come non mai serve ottimismo per andare avanti, anche perché non costa nulla e può fare molto.
2. Oggi aprirei un’azienda innovativa. Un’impresa piccola, ma davvero hi-tech e specializzata, pronta a cogliere le sfide delle nanotecnologie e dell’edilizia con fibre di carbonio.
3. Purtroppo Bergamo oggi è una città di vecchi e dobbiamo andarcene tutti. Servono nuove leve perché il benessere che è stato costruito in questi anni ci ha abituato troppo bene ed è un modello purtroppo inattuale, impossibile da replicare. La Bergamo che fino ad oggi abbiamo conosciuto non esiste più ormai né tanto meno esisterà ancora, bisogna ripensare seriamente al nostro futuro.

Paolo Malvestiti – Ascom 
«La mentalità sta cambiando, ora c’è più sostegno ai giovani»

1. Non è il momento di demoralizzarsi, perché la crisi – che stiamo affrontando senza sosta e respiro – sta portando ad un cambio di mentalità e ad una nuova e maggiore considerazione delle nuove e giovani imprese, fondamentali per il nostro sistema. Alcuni esempi? La Camera di Commercio ha stanziato un milione di euro per favorire l’inserimento lavorativo dei più giovani e supporta le nuove imprese accompagnandole nella crescita attraverso Bergamo Sviluppo, mentre Ascom offre percorsi formativi in grado di rispondere ad ogni esigenza.
2. Aprirei di nuovo un’impresa nel mio settore (pelletteria e calzature). Ogni imprenditore si deve sentire competente nel proprio ambito e oggi non esiterei a scegliere di nuovo un prodotto in cui ho creduto da subito e che in cinquant’anni ha retto la mia famiglia, quella dei miei genitori e oggi quella dei miei figli. È con orgoglio che mi pongo come obiettivo futuro aziendale la continuità nella famiglia.
3. Abbiamo due grandi opportunità da cogliere: Expo, occasione unica di portarci ben oltre i confini nazionali, e la scommessa da vincere di diventare Capitale europea della cultura nel 2019. Dobbiamo uscire dal nostro orticello e cercare altrove, attraverso l’internazionalizzazione, nuove opportunità e sbocchi. Diventare Capitale europea della cultura sarebbe un’opportunità unica e si sta lavorando molto per presentare al meglio la candidatura, con progetti importanti che Bergamo dovrebbe realizzare in ogni caso, anche se non dovessimo essere selezionati, per rilanciare il territorio. Perché la cultura è un capitale prezioso.

Ottorino Bettineschi – Ance
«Il futuro avrà bisogno della massima collaborazione tra associazioni»

1. Ai giovani consiglio di essere ottimisti e di credere di avere l’occasione di veder realizzato il proprio sogno imprenditoriale.
2.  Se dovessi ricominciare tutto da capo oggi aprirei un’impresa che si occupa di ambiente e di tutela dell’ambiente, magari sempre legata all’edilizia.
3. La nostra economia futura avrà bisogno della massima collaborazione tra associazioni. I giovani imprenditori ci insegnano come sia possibile condividere problemi e mettere in campo strategie comuni attraverso un’operazione di coordinamento. Le associazioni oggi sono infatti chiamate a sfide importanti, a ripensare il loro ruolo e a riorganizzarsi per sopperire le carenze del sistema Paese, in primis della politica. Da un punto di vista meramente economico credo che Bergamo abbia tutte le carte in regola per assicurarsi un futuro buono. Tra i migliori presupposti la nostra forza e tenacia, che ci spingono a resistere e a non mollare mai, lavorando sodo per raggiungere i nostri obiettivi. Ma la nostra debolezza è ancora rappresentata dalla nostra incapacità a lavorare insieme. La nostra vera ricchezza di domani starà nell’aver messo da parte egoismo, individualismo e rivalità.

QUI JUNIOR
LE DOMANDE 

1 Che imprenditore vorrebbe essere a 50 anni?
2 Quali sono i freni allo sviluppo per le giovani imprese in un sistema poco incline a favorire nuove idee?
3 Tra i giovani una buona fetta di coloro che non si scoraggiano fuggono all’estero. Come impedire la fuga di cervelli e talenti?

Luca Bonicelli – Giovani Imprenditori Ascom
«Le vecchie guardie non hanno fiducia in noi, ci tengono in naftalina»

1. Vorrei essere l’imprenditore che sono oggi, con ancora lo stesso entusiasmo e passione per il mio lavoro. Senza dubbio vorrei veder realizzati gli obiettivi che mi sono prefissato, in primis creare benessere per chi viene dopo di me, per i miei due figli. Non intendo con questo solo benessere economico, ma una ricchezza ancora più preziosa perché immateriale, fatta di valori, idee, passione e fiducia. Sono convinto oggi ci siamo fermati perché al nostro futuro, a differenza di quanto fatto dai nostri nonni con risorse infinitamente più limitate, non ha pensato proprio nessuno.
2. Le vecchie guardie non hanno fiducia nei giovani. Temono il confronto perché non sono stati in grado di allevare talenti e di farli crescere. Ci tengono in naftalina, come fa il Pd con Renzi.
3. Finché non si crea un sistema idoneo per forza in tanti scappano! Le capacità per crescere ci sono anche qui. Noi italiani siamo capaci di inventarci dal niente e il futuro non deve rappresentare per noi un problema. Le qualità non ci mancano, ma dobbiamo lavorare ancora molto sull’aspetto umano e sui valori che abbiamo perso per strada.

Marco Bellini – Giovani Imprenditori Confindustria
«Con la fuga di giovani e idee stiamo finanziando gli altri Paesi»

1 Mi immagino alla guida di un’impresa più grande, la stessa che ho contribuito finora a far crescere. Gli obiettivi che vorrei veder realizzati sono l’internazionalizzazione e l’affermazione del marchio.
2 Dobbiamo scatenarci e rompere le catene che ci limitano ed iniziare davvero a liberare le nostre energie. Abbiamo un sistema Paese che ci blocca, come se ci tenesse immersi nel cemento, e tarpa le ali ad ogni nostra iniziativa tra vincoli e ostacoli. Il sistema è davvero penalizzante per la libera imprenditorialità e lo è ancora di più per le imprese giovanili. Mancano azioni concrete per favorire e supportare la nascita di nuove imprese: non vogliamo sussidi, ma un sistema che consideri i giovani come una risorsa e non come una minaccia.
3 Dobbiamo creare delle opportunità per valorizzare la nostra forza, le nostre idee e la nostra capacità di trovare soluzioni innovative a problemi complessi. I Paesi nordici riconoscono questo nostro talento, oltre alla nostra capacità ideativa, e non mancano di richiedere in ambito lavorativo queste qualità. Noi invece lasciamo fuggire idee e competenze all’estero, finanziando di fatto le economie altrui, negando opportunità ai giovani migliori. La nuova generazione di venticinquenni e trentenni ha una marcia in più: in questo periodo difficile e catastrofico per l’occupazione i ragazzi hanno ormai capito di doversi creare un lavoro. Sta nascendo una nuova generazione di imprenditori e il nostro Paese non può perdere l’occasione di lasciarsi sfuggire di mano il proprio futuro e quello di tutta la nostra economia.

Daniele Lo Sasso – Giovani Imprenditori Associazione Artigiani
«Il credito e la burocrazia scoraggiano anche i più determinati»

1. Vorrei essere un imprenditore aperto a nuovi cambiamenti ed evoluzioni del mercato, attento al sociale, che è fondamentale, e all’ambiente, attraverso l’impegno nell’utilizzo delle fonti rinnovabili. A 50 anni spero di non sentirmi mai arrivato e di essere pronto a cogliere, se non ad anticipare, le nuove tendenze del mercato.
2. L’accesso al credito è il primo grande muro per ogni start-up, con la richiesta di garanzie impossibili. Il secondo scoglio è rappresentato dalla zavorra burocratica che frena e scoraggia anche l’imprenditore più determinato. Poi di traverso si mette una tassazione elevatissima che porta sempre più in là nel tempo il break-even, ormai di 11-12 mesi. C’è ancora troppa diffidenza verso nuovi progetti ed idee. Ottime iniziative imprenditoriali vengono ancora viste male da chi invece dovrebbe considerarle semplicemente un ottimo investimento. La formazione poi è costante e permanente, ma i percorsi tradizionali sono slegati dalla realtà.
3. I giovani vanno all’estero perché per realizzarsi devono fare le valigie e accettare malincuore di essere nati in un Paese che non sa valorizzarli. Finché non si creeranno condizioni favorevoli per fare impresa redditizia in Italia è difficile immaginare un cambiamento.

Francesco Savoldelli – Giovani Imprenditori Ance
«Il traguardo più bello? Condividere gli obiettivi con i dipendenti»

1. Vorrei essere un imprenditore realizzato nel mio settore delle costruzioni. Considerata la situazione attuale avere un’impresa anche quando avrò 50 anni mi sembra già un buon traguardo. Senza dubbio sarò un imprenditore diverso da quello che sono oggi in un’azienda più tecnologica ed evoluta. Spero che il futuro riservi un’immagine ed un ruolo diverso al costruttore edile, che non sia più visto come un palazzinaro o uno speculatore. Ma la costruzione più importante che mi piacerebbe veder realizzata è quella sociale, con maestranze ed operai più vicini, impegnati a lavorare ad una mission comune. Perché per costruire un futuro migliore bisogna partire dal sociale.
2. Per le imprese giovani è impensabile raggiungere o anche solo avvicinarsi alle rendite di posizione delle imprese più strutturate e storiche che fanno azione di lobbying ed impediscono lo sviluppo di nuove imprese.
3. Il primo passo credo sia quello di creare una sinergia tra università e imprese, in modo che al termine di un percorso formativo si creino contatti utili con il mondo imprenditoriale. Chi ha maggiori qualifiche va pagato di più, non di meno, altrimenti come purtroppo accade oggi l’università resta un investimento non pagato. Chi è più qualificato non trova la collocazione che merita, in un sistema che non valorizza le competenze. Prima di entrare nell’impresa di famiglia, da neo-laureato in ingegneria, non posso purtroppo dire di aver trovato le porte spalancate dal sistema lavorativo.