La manovra sulla sosta in città è servita. Nessuna riflessione o consultazione, come pure aveva lasciato intendere in un’ intervista di qualche mese fa l’assessore alla Mobilità, Stefano Zenoni. La strada è tracciata: aumento delle tariffe orarie, pagamento anche nei festivi, ticket annuo per i residenti. In soldoni, ecco altri 600 mila euro (in aggiunta ai tre milioni che vengono introitati oggi) sfilati dalle tasche dei cittadini. “Lo facciamo per disincentivare l’uso dell’auto privata” dicono da Palazzo Frizzoni. E già qui vien da storcere il naso. Perché se si vuole essere credibili, e quindi essere presi sul serio, non ci si può limitare solo agli interventi “punitivi” (ammesso che questi servano perché un aumento di 20 centesimi all’ora non scoraggia nessuno, è solo un’extragabella che sul singolo incide poco ma sul totale delle soste fa cassetta). Occorre mettere in campo misure che accompagnino le restrizioni offrendo alternative. Nell’annuncio dell’assessore Zenoni non ve n’è traccia. O meglio, si parla di soldi che andranno all’Atb per potenziare il bike sharing (utile, senz’altro, ma non può essere un’alternativa al mezzo privato, non solo l’auto, per tutti), l’infomobilità (come quegli assurdi cartelli dei parcheggi sotterranei?) e l’introduzione delle emettitrici automatiche sugli autobus (un servizio in più, certo, ma nessuno prende il mezzo pubblico solo perché può fare il biglietto a bordo, ci vuol altro…).
Pannicelli caldi, orpelli, fumo negli occhi, chiamateli come volete. Se il Comune vuole davvero spostare quote di traffico deve agire più in profondità. Come? C’è solo l’imbarazzo della scelta: agevolazioni tariffarie (oggi una famiglia di tre-quattro persone non ha nessunissima convenienza a salire a bordo di un bus), convenzioni con parcheggi (a Brescia con il biglietto emesso dal parcometro viaggi per lo stesso tempo pagato sul mezzo pubblico), potenziamento delle frequenze, nuovi collegamenti (perché non sperimentare, magari solo nelle ore serali-notturne, una circolare?), avviare finalmente, togliendolo dal cassetto nel quale giace da oltre un anno, il progetto del tram bus promesso in campagna elettorale (due anni e mezzo fa, non ieri l’altro…). Questo sarebbe il vero reinvestimento dei soldi incassati con gli aumenti.
E invece, more solito, si agisce solo sul lato della tosatura, regalando in cambio solo briciole. Quando non nulla del tutto, come rischia di succedere ai residenti che pagheranno la sosta senza avere alcuna certezza di poter lasciare l’auto nelle strisce gialle. Sarebbe più onesto chiamarla imposta (una delle tante, una in più), allora, più che tariffa perché non c’è alcun corrispettivo garantito. E va aggiunto, rispetto ad alcune informazioni fatte filtrare capziosamente da Palazzo Frizzoni con paragoni scelti ad hoc, che la sosta a pagamento nei festivi e quella per i residenti nelle strisce gialle si applicano in pochissime città (si contano sulle dita di una mano). Che siano tutti ritardati gli altri, magari perché schiavi del partito dell’auto, o i cervelloni stanno solo a Bergamo?
E’ bene chiederselo anche perché su questo tema della mobilità e sosta, lo diciamo da tempo, la Giunta Gori mostra lentezze e contraddizioni che su altri piani non denota. Tanto è lungimirante e attiva sul fronte urbanistico (Montelungo, ex Riuniti) quanto non pare aver ancora colto l’importanza di elaborare una strategia ad ampio spettro sul fronte del traffico. Una strategia di breve ma anche di medio-lungo periodo. Come quella che si rende necessaria alla luce dei cambiamenti che stanno intervenendo nel cuore della città. Si leggono sui giornali di progetti di trasformazione di grandi contenitori (gli uffici statali, l’ex cinema Nuovo) in punti di ristoro e di shopping e di abbandono di altri (Italcementi, Confindustria) per nuove soluzioni. Per non dire del recupero dell’ex Diurno. Bisognerà pur porsi la domanda di come arriveranno in città i fruitori di questi servizi, quali mezzi utilizzeranno e dove eventualmente lasceranno l’auto. Sono risposte necessarie ad un processo che va anticipato per meglio governarlo. Anche a questo sarebbe servito, e servirebbe come il pane, il famigerato concorso d’idee sul centro città che ad elezioni vinte il sindaco Gori aveva promesso. Mezzo mandato è passato ma di idee non se n’è vista mezza. Forse è il caso di darsi una mossa, di trasmettere ai cittadini qualche indicazione su quel che si pensa sarà la Bergamo dei prossimi dieci-quindici anni. Solo progetti chiari, trasparenti, condivisi con chi li deve “subire” possono rendere accettabili, anche se gravose, le misure che il Comune intende poi adottare. In assenza, è davvero difficile cancellare dalla mente il dubbio che si agisca per trovare risorse che altrove non affluiscono più. Un metodo che sa tanto di vecchia politica.