L’immancabile agnello, la pasta fatta in casa, verdure di stagione, torte salate e dolci tipici: sono i cibi che caratterizzano la Pasqua che, nonostante il detto, gli italiani preferiscono trascorrere in famiglia o con le persone care, attorno alla tavola apparecchiata con stoviglie, tovaglie e decorazioni che richiamano i colori della primavera. Ecco i piatti più diffusi da Nord a Sud dello Stivale
L’AGNELLO CON CARDONCELLI E UOVA
Non c’è Pasqua senza agnello. Questo è un piatto della tradizione foggiana, primaverile come la sua verdura, il cardoncello. Prevede come elemento essenziale i pezzi di carne d’agnello, il che giustifica l’alternativo nome di spezzatino d’agnello. Gli ingredienti da utilizzare per quattro persone sono: 500 grammi di carne d’agnello, olio, uno spicchio d’aglio, un chilo e mezzo di cardoncelli, 4 uova e il parmigiano. Per prima cosa bisogna soffriggere l’olio (almeno due o tre cucchiai) e l’aglio in una pentola. Nel frattempo, si taglia l’agnello a pezzetti e lo si mette nella pentola quando l’aglio ha assunto il colore dorato. Chi vuole può sfumare con un po’ di vino bianco. In un altro tegame, si mettono a lessare i cardoncelli (tagliati e ben lavati). Quando l’agnello è ben rosolato, si possono mettere i pomodori pelati, sale e pepe. Quando i cardoncelli sono pronti, è possibile condirli con il sugo dello spezzatino, aggiungendo formaggio, pepe e agnello. Si mescola il tutto e aggiungono le uova sbattute e altro formaggio; si gira per far amalgamare e poi si impiatta.
BRASATO AL BAROLO PIEMONTESE
Il Piemonte è forse l’unica regione italiana dove il secondo piatto pasquale non è l’agnello, bensì il brasato al Barolo. Il conte Camillo Benso di Cavour mangiò un piatto di brasato al Barolo il 29 aprile 1859 dopo aver respinto l’ultimatum austriaco al disarmo, una scelta che spianò la strada all’Unità d’Italia. Il taglio di carne ideale per questa ricetta è il cappello del prete (mezzo chilo per quattro porzioni). La marinatura della carne e la lunga cottura sono i segreti per un piatto perfetto insieme al ricco e denso fondo di cottura con cui irrorare le fette di brasato. Si tagliano le carote, il sedano e la cipolla a dadi e si raccolgono in un recipiente con la carne, i chiodi di garofano, le bacche di ginepro, l’alloro e la cannella, coprendo con il vino. Si lascia marinare in frigo per almeno 12 ore, girando due o tre volte la carne. Si scaldano 40 grammi di burro chiarificato in una padella, unendo poi la carne scolata dalla marinatura, insaporendo con sale e pepe, rosolando a fiamma viva su tutti i lati finché non si sarà formata una crosticina di colore bruno-dorato. Si rosolano le verdure scolate dalla marinata in una pentola ovale con un cucchiaio di burro chiarificato per un paio di minuti. Si uniscono la carne, 3⁄4 della marinata e si cuoce a fiamma bassa con il coperchio per tre ore, girando un paio di volte la carne. La carne va tagliata a fette e servita con le verdure, irrorando tutto con la salsa. Si accompagna a piacere con purè o polenta.
I PILLUS SARDI
Sono numerose le regioni dove, nei giorni di festa, non può mancare un bel piatto di pasta fatta in casa con la classica sfoglia all’uovo. I pillus sardi sono strisce di pasta di semola di grano duro da condire con ragù di manzo o maiale (per la variante più saporita) oppure spezzatini di carne di capra, ragù di coniglio e zafferano. La loro ricetta è tra le più antiche e tipiche del Sulcis. Per prepararli occorre impastare la farina di semola (250 grammi) insieme a due uova, un tuorlo e un pizzico di sale: si radunano tutti gli ingredienti in una ciotola e si lavorano fino a quando non si ottiene un impasto liscio e compatto, che va avvolto nella pellicola e messo a riposare in frigo per 30 minuti. Nel frattempo si prepara il ragù: si mette a rosolare il trito di carota e cipolla in padella insieme a quattro cucchiai di olio extra vergine di oliva,poi, dopo un paio di minuti, si unisce la carne di macinata. Si cuoce per cinque minuti, poi si unisce la passata di pomodoro. Quando inizierà a sobbollire, si insaporisce il ragù con il sale e una foglia di alloro, abbassa la fiamma e lascia cuocere per 30 minuti. Con l’impasto si realizza una sfoglia sottile tirandolo con il matterello sulla spianatoia infarinata e, con l’aiuto di una rotella, si ricavano delle losanghe larghe due centimetri. I pillus si cuociono in abbondante acqua salata, poi si versano nella padella con il ragù e si cospargono con pecorino sardo grattugiato.
IMPANATA RAGUSANA
Si tratta di una focaccia formata da sfoglie che possono essere riempite in vario modo, ma che a Pasqua sono farcite con la carne d’agnello o di capretto, cotta con vino rosso e conserva di pomodoro. Per prima cosa la carne (un chilo di polpa a cubetti grossi) va messa a riposare in una ciotola con l’olio, il prezzemolo tritato, sale e pepe. Si dispone la farina (un chilo) a fontana sulla spianatoia. Al centro si fa una fontanella e si dispone il lievito sbriciolato sciolto con un pochino d’acqua tiepida. Si aggiungono l’olio evo e si inizia a impastare. Si unisce, ora, il sale. Dall’impasto si formano dei panetti: due leggermente più grandi e due più piccoli, che saranno rispettivamente le basi e i coperchi delle impanate.
Si mette a lievitare per un paio d’ore l’impasto, incidendolo con un coltello a punta come a formare una croce, così quando l’impasto sarà ben lievitato la croce si aprirà.
Trascorso il tempo di lievitazione si riprende il panetto e lo si stende con il mattarello cercando di dare una forma tonda alla sfoglia che non deve essere troppo sottile.
Al centro si dispone la carne. Si aggiungono un pochino di sale e un filo di olio di oliva. I panetti si ricoprono con il cerchio di pasta più piccolo e chiudono bene, creando un bordino merlato. Poi si punzecchiano le superfici con i rebbi di una forchetta e si unge con olio evo. Si cuociono per circa un’ora a 200° controllando che le impanate di carne siano belle colorate sia sopra sia sotto. Si servono tiepide.
TORTA PASQUALINA
Nata a Genova nel XV secolo, è una torta salata costituita da 33 sfoglie, secondo le ricette più antiche a ricordo degli anni di Cristo, che sono farcite con un ripieno di bietole o carciofi, prescinseua ligure (una cagliata fresca dal sapore acidulo), uova e maggiorana. Si impasta la farina con l’olio, il sale e acqua quanto basta per ottenere una pasta dalla giusta consistenza. Si lavora il tutto molto bene e divide in 10 pallottoline – 33 se si segue la ricetta originaria -, che poi si coprono con un tovagliolo umido e sopra uno asciutto e lasciano riposare per un quarto d’ora. Intanto, si lessano le bietole (o i carciofi) e si insaporiscono con il soffritto di cipolla e l’olio. Si lavora la ricotta con il latte e si unisce un pizzico di sale. Poi si tirano le sfoglie sottilissime con la pasta: la prima va stesa su una tortiera unta e infarinata. Va spennellata con un poco d’olio e si ritaglia con un coltello il cordone di pasta che cresce dalla tortiera. Si stendono altre cinque sfoglie, spennellandole sempre con l’olio, poi si fa uno strato con le verdure e uno con il formaggio. Sul formaggio si preparano sei fossette e, in ciascuna, si mette un pezzetto di burro, rompendoci dentro un uovo; si condisce con un pizzico di sale, pepe, maggiorana e parmigiano. Si coprono le rimanenti sfoglie spennellandole con l’olio. Si punzecchia con una forchetta l’ultima sfoglia, la si unge bene e si ritaglia il cordone di pasta che cresce dalla tortiera. Si passa in forno a calore moderato per 60 minuti. La torta deve prendere un bel colore biondo.
TORTA AL FORMAGGIO UMBRA
La torta al formaggio dell’Umbria è consumata a colazione la mattina di Pasqua, accompagnata da salumi, formaggi e uova sode. Appartiene anche alla tradizione gastronomica marchigiana, dove è chiamata crescia. Si inizia amalgamando in una ciotola la farina, il lievito sciolto nel latte tiepido e il sale, poi si aggiungono l’olio e lo strutto (è possibile sostituire lo strutto con altri grassi come burro, margarina e olio evo). Si sbattono le uova in un’altra ciotola e si aggiungono al composto insieme ai formaggi grattugiati e a quelli a cubetti. Si amalgama molto bene fino a ottenere un impasto elastico che si stacca dalle pareti della ciotola. Si divide l’impasto in tre parti e si adagia negli stampi unti con lo strutto. Si fa riposare in un luogo riparato e caldo per 5-6 ore, fino a quando l’impasto non raggiunge il bordo dello stampo. Si inforna a forno statico a 200° per almeno un’ora (se la torta al formaggio prende troppo colore in superficie, va abbassata la temperatura a 190°). Una volta cotta, si sforna e lascia intiepidire prima di rimuoverla dallo stampo.
LA RESCA DI COMO
E’ il dolce della Domenica della Palme. La resca rappresenta la lisca del pesce ed è un antichissimo simbolo che si ricollega alla fede cristiana. La specialità lombarda superlievitata ha una forma tipica e un bastoncino di ulivo infilato al centro. Per prima cosa si sbriciola il lievito in mezzo bicchiere d’acqua tiepida, si aggiungono farina quanto basta per ottenere un impasto morbido. Si forma una pallina, la si avvolge in uno strofinaccio umido e la si lascia riposare, al tiepido, finché la pasta raddoppia. Ci vuole un’ora. Nel frattempo, l’uvetta va fatta rinvenire in poca acqua tiepida. Si sminuzza la frutta candita e si grattugia la scorza di limone. L’impasto lievitato va mescolato con lo zucchero, le uova, la scorza di limone e il burro ammorbidito finché si ottiene una pasta elastica. Si forma una palla, che va avvolta in uno strofinaccio umido e lasciata lievitare un’altra oretta. Anche questa volta il volume dovrà raddoppiare. Si scola e strizza l’uvetta. Si passa nella farina insieme ai frutti canditi, quindi si cosparge il tutto sulla pasta. All’impasto va data una forma ovale e al centro si mette il rametto d’ulivo senza le foglie. Con un coltello si fanno dei solchi nell’impasto, perpendicolari al bastoncino di legno e rivolti verso l’alto, come se si trattasse delle lische di un pesce. Si mette il pane in forno a 190° per 45 minuti finché apparirà gonfio e dorato. Va servito freddo.