Gorle, dopo settant’anni 
il bar Ponte passa di mano

Gorle, dopo settant’anni il bar Ponte passa di mano

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nella foto: il bar Ponte in una fotografia del 1945

«Non avrei resistito quasi settant’anni qui dentro se non fosse un ambiente speciale». Dire che Rosario Epis sia legato al suo locale è poco. Ci è cresciuto dentro, nel vero senso della parola. Vi è arrivato all’età di due anni, portato nello zaino dallo zio, in bicicletta da Oneta, quando la famiglia ha acquistato l’immobile nel ‘45, e nel tempo ne ha fatto la sua “creatura”. Stiamo parlando del bar Ponte, a Gorle – «un esercizio che chi passa non può non vedere», sottolinea -, a ridosso del ponte di origine romana sul Serio che collega con Scanzorosciate e con una terrazza sul fiume che invita ad una sosta con vista.
Dalla fine di ottobre, con tanto di festa d’addio, Epis ha passato la mano, senza rimpianti, nella consapevolezza di aver affidato la sua “Ferrari” a chi può sfruttarne appieno le potenzialità (cosa non scontata di questi tempi, anche per locali che hanno fatto la storia). Appena conclusi alcuni ritocchi, il locale riaprirà sotto la guida della famiglia Marino, da 15 anni al bar Stadio in città, che continuerà a gestire parallelamente alla nuova attività. «Le mie due figlie hanno scelto altre strade professionali – racconta Epis – e da tempo ero ormai solo nella conduzione. Cedere era una scelta obbligata e le offerte non sono mancate, ma erano poco congrue, per non dire peggio. È vero che c’è la crisi, non volevo però svendere ed ho tenuto duro finché non ho trovato chi mi dava garanzia di continuità». 
Anche perché il suo non è un posto come tanti. «I locali si possono anche arredare con l’oro, ma è la posizione che fa la differenza – rimarca -. Chi si beve un caffè su questa terrazza non se lo scorda più, è uno scorcio a contatto con la natura a due passi dalla città. E anche per chi ci lavora è tutta un’altra vita, gli ambienti sono esposti al sole per tutto il giorno e sono ariosi».
Nel giudizio, naturalmente, c’è il cuore di chi su quell’angolo affacciato sul Serio ci ha trascorso un’esistenza e con il ricordo ama tornare ai tempi in cui «qui era tutta campagna». Emblematica è la fotografia del 1945 che compare in formato gigante anche all’esterno della struttura. Sulla soglia del bar – che era anche tabaccheria (rivendita numero 1 a Gorle), trattoria e salumeria – c’è tutta la famiglia e lui è il più piccolo. «Allora passava ancora il tram, che arrivava fino in via Galliccioli, a Bergamo – racconta -. E le due lampadine che si intravedono sopra l’insegna, pochissimi watt, alimentate da una centralina idroelettrica, erano l’unica luce del paese». Il bar era un punto di ritrovo, «la classica osteria, dove si mangiava la trippa, si giocava a carte e a morra e non mancavano le risse. Mi padre per interromperle svitava le lampadine, così non ci si vedeva più e la gente se ne tornava a casa. Quando siamo arrivati non c’era nemmeno il pavimento, poi man mano abbiamo sistemato».
Nel ’60 al corpo originale dell’edificio si è aggiunta la salumeria del fratello Enrico, oggi diventata un negozio di ortofrutta, mentre nel ’65 il fratello Bruno apriva di rimpetto l’abbigliamento Giromoda. «Mio padre ci aveva visto giusto – commenta Rosario – avevamo realizzato un centro commerciale prima dei tempi, con tanto di parcheggi». A lui è stato affidato il bar tabacchi, affiancato da quella colonna che era mamma Maria, «la più conosciuta tra tutti noi – sottolinea -. È scomparsa cinque anni fa, a novant’anni, ed è rimasta dietro al bancone fino all’ultimo».
Un pallino di Rosario è sempre stato quello di valorizzare l’affaccio sul fiume, ma anche proteggere il locale, esposto alle bizze del corso d’acqua, così nell’82 è stato costruito il muro di contenimento. Nel ’90, invece, il bar Ponte è stato tra i primi in Bergamasca, forse addirittura il primo, a proporre il karaoke, «che fu un vero successo». Poi sono arrivati la pizzeria e una decina di anni fa l’ultima importante ristrutturazione con il ristorante. «L’ammodernamento e l’aggiornamento sono fondamentali in questo settore – afferma Epis, che ha fatto parte per due mandati del Consiglio direttivo del Gruppo Caffè e bar dell’Ascom -. È vero anche che in una storia così lunga si vivono alti e bassi, ma ciò che ho sempre cercato di difendere è il nome del locale».
Un’eredità che la famiglia Marino dimostra di volere valorizzare. Il capostipite Giovanni, originario di Palermo, di anni ne ha ben 86, 65 dei quali impegnati nella gestione di diversi locali in Bergamasca, e oggi è ancora contento di dare una mano al figlio Gianluca. «I tempi non sono dei più facili – commenta – ma le potenzialità ci sono. Certo bisogna saperle sfruttare tutte e far girare il locale a pieno regime e noi qui proporremo bar, ristorante e pizzeria».   

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