La scomparsa dei negozi e il venir meno dei servizi commerciali minimi non è rimasto un fenomeno circoscritto alle piccole realtà di montagna, ma ha “contagiato” la città, come dimostra il caso del Villaggio degli sposi. È partito da qui – e dai dati che inesorabilmente segnalano, anno dopo anno e ancor più per via della crisi, il calo delle insegne (665 attività tradizionali perse negli ultimi dieci anni in Bergamasca) – il confronto lanciato dai Giovani Imprenditori dell’Ascom nell’ambito di Unibergamo Rete, la serie di eventi con cui l’Università di Bergamo, fino al 4 maggio, si apre al territorio. “Il valore dei piccoli” era il titolo del convegno, organizzato nella sede di via dei Caniana. L’incontro ha voluto mettere a fuoco, in particolare, la sostenibilità del piccolo commercio, ossia come trovare un punto di equilibrio tra il valore sociale e culturale universalmente riconosciuto alle attività di vicinato con l’imprescindibile necessità di far quadrare i conti. Vi hanno preso parte Piera Molinelli prorettore all’Orientamento, Luca Bonicelli presidente del Gruppo Giovani Imprenditori Ascom, Roberto Marchesi consigliere del Gruppo, Oscar Fusini vicedirettore dell’Ascom, Roberto Ghidotti responsabile dei Distretti del Commercio per l’Associazione e Silvia Salvi ricercatrice junior dell’Osservatorio Cores, Gruppo di ricerca su consumi, reti e pratiche di economie sostenibili dell’Università.
L’incontro ha messo nero su bianco lo scenario, le problematiche – con un approfondimento da parte di Fusini sull’insostenibilità dei canoni di affitto e la necessità di passare a nuovi criteri per la vendita e la locazione se si vuole che attività di servizio come macellerie, panifici, fruttivendoli e alimentari tornino ad aprire – e gli strumenti a disposizione, su tutti i distretti del commercio, illustrati di Ghidotti.
Ma è stata anche l’occasione per rilanciare il ruolo dei giovani imprenditori, visto che buona parte del futuro del commercio passa proprio da loro. Lo ha evidenziato senza trascurare l’autocritica Roberto Marchesi, 33 anni, consigliere del Gruppo Giovani che dopo una laurea in Scienze politiche con tesi proprio sul rilancio del commercio in ambito urbano e un’esperienza nella gestione delle fiere, ha scelto di portare avanti il panificio di famiglia, di cui ha recentemente aperto il quarto punto vendita, in piazza Pontida. «L’accessibilità e la qualità dell’ambiente – ha evidenziato – sono fattori fondamentali per fare in modo che gli operatori lavorino bene. Sono aspetti in carico alle amministrazioni, che dovrebbero essere garantiti come condizioni base per l’esercizio delle attività economiche e che invece restano il più spesso delle volte problemi irrisolti». Ma anche i negozianti sono chiamati a fare la propria parte, cominciando dalla collaborazione. «Ad esempio, non ha senso – prosegue Marchesi – che, nella stessa zona, ognuno applichi un orario diverso, che qualcuno tenga aperto la domenica e qualcun altro no: occorre finalmente capire che se non ci si mette insieme non si combina niente, che si deve per forza rinunciare ad un po’ della propria libertà imprenditoriale per ottenere qualche risultato». Non è certo un discorso nuovo e Marchesi, per quanto giovane, lo sa. «Ormai sono passati dieci anni da quando ho scritto la tesi ed il materiale su cui mi sono documentato risale a qualche anno prima – ricorda -. Concetti come integrazione e rete sono alla base di ogni progetto di rilancio del commercio urbano, ma le associazioni sanno quanto è dura riuscire a coinvolgere tutti, basti pensare alle difficoltà che ogni anno si incontrano semplicemente per allestire le luminarie natalizie!». La seconda stoccata alla categoria riguarda il tipo di proposta. «Il rischio è che il nostro più che commercio tradizionale – dice provocatoriamente – sia un commercio vecchio. Bisogna essere capaci di ascoltare il mercato, capire cosa chiede e rispondere con prodotti e servizi, consapevoli che ciò che andava bene anche solo cinque anni fa oggi potrebbe essere già superato».
Ma cosa chiedono oggi i consumatori? Secondo il quadro tracciato da Silvia Salvi del Cores sulla base di due indagini in Bergamasca, le famiglie, pur attribuendo importanza alla qualità e alla sicurezza dei prodotti, affermano che è il fattore prezzo a prevalere sulla decisione finale di acquisto. «Ma il piccolo negozio – fa notare il presidente dei giovani Bonicelli – è luogo di interscambio, di conoscenza, di aggregazione e di aiuto. Lo si dice spesso, ma forse ciò che manca è capire che tutti devono essere attori nella salvaguardia di questo valore, negozianti, amministrazioni e consumatori stessi. Noi commercianti innanzitutto non dobbiamo stare ad aspettare che le soluzioni arrivino da fuori, ma diventare protagonisti del nostro destino. Possiamo farlo innanzitutto mettendo la nostra professionalità al servizio del consumAttore, intendendo con questo termine un consumatore che conosce il peso delle proprie scelte. Aiutarlo a capire che non è un oggetto, che nelle botteghe ogni cliente non è un numero ma ha nome ed un cognome, può essere la chiave che apre molte opportunità imprenditoriali e innescare un meccanismo di consumo consapevole, più legato al territorio di appartenenza e alla possibilità di mantenerlo vivo e vitale». «Il commerciante – spiega – deve in qualche modo “educare” a questa visione il consumatore, ma anche capire ciò che vuole ed essere “mobile” per andare incontro alle sue esigenze e cercare nuove strade di fronte alla crisi». E alla fine ecco lo sprone: «Gli imprenditori – sintetizza – devono mettersi in gioco, gli amministratori uscire più spesso dagli uffici per capire di cosa c’è effettivamente bisogno, mentre i Distretti sono il collante tra il commercio, le amministrazioni e i cittadini, che vogliano impegnarsi per il rilancio di un territorio».