Federmobili, Mamoli
sferza la categoria

Il via libera all’estensione dell’Ecobonus a mobili e arredi, oltre che a grandi elettrodomestici, è stata la prima battaglia vinta dalla Federmobili, grazie a un grande spirito di squadra e alla condivisione del medesimo obiettivo. Sono questi i valori invocati dal neopresidente Mauro Mamoli per accelerare una ripresa che tarda ad arrivare. Individualismo e scarsa trasparenza frenano il comparto mobili e arredamento alle prese con una guerra sterile e controproducente sui prezzi, tra ribassi e sconti. E’ inutile abbassarsi al gioco della grande distribuzione a suon di volantini: i valori da comunicare, oltre alla qualità dei prodotti e dei servizi, sono  la progettualità e la capacità di creare ambienti esclusivi e su misura. Sono queste le armi vincenti che distinguono i negozi di arredo dalla Grande distribuzione organizzata. Nell’abilità di valorizzare  attraverso un progetto tutti i valori e il gusto che hanno  fatto del modo di arredare e vivere la casa degli italiani un  modello unico al mondo è racchiuso il futuro delle insegne indipendenti.
Quali sono gli obiettivi per il suo mandato?
“Intendo lavorare con le Confcommercio territoriali e con l’organizzazione nazionale affinché siano sempre in primo piano le richieste e le soluzioni ai problemi della categoria. Mi piacerebbe far aumentare l’aggregazione tra soci, tra colleghi, sfruttando anche l’opportunità offerta dai contratti di rete. L’unione e la collaborazione consentono di acquisire maggior  coraggio e  forza: insieme si possono affrontare le difficoltà con meno timori e,  forse, meno rischi. Credo fortemente, da sempre, che presentandosi uniti e numerosi le sfide e le battaglie si vincano sempre e comunque”.
Quali sono le problematiche del settore ?
“Individualismo, poca trasparenza, poca voglia di fare sistema sono i principali problemi del settore, non solo tra rivenditori ma anche tra produzione e distribuzione. Spero che la collaborazione fattiva messa in atto per ottenere il bonus fiscale sugli arredi sia solo un punto di partenza delle tante cose che insieme si potrebbero fare per cercare di risollevare le sorti di un mercato interno che continua a perdere terreno. Una comunicazione di “sistema” potrebbe aiutare, anche perché non fa  certo bene al settore che i messaggi che si lanciano nel comparto del mobile e dell’arredamento siano solo legati a prezzi, ribassi e sconti. La distribuzione tradizionale di arredamento ha altre peculiarità che andrebbero comunicate: qualità di prodotti e servizi, professionalità e progettualità, personalizzazione delle proposte e montaggi accurati, ascolto del cliente e tempo dedicato”.
In questo momento il via libera agli incentivi per l’arredamento può contribuire a rilanciare il comparto?
“L’inserimento dell’arredo nel decreto per le ristrutturazioni è stato per prima cosa una vittoria “Istituzionale”. Per la prima volta dopo anni di richieste, la politica si è resa conto che anche il nostro comparto merita la giusta attenzione. Pensiamo che possa dare una mano al commercio in quanto si incentiva una spesa che l’utente ha già preventivato. Chi sta ristrutturando la casa ha deciso che investirà dei soldi nella propria abitazione, ha già fatto una scelta importante che è quella di “spendere” del denaro. Questa decisione è aiutata dal fatto che la metà dell’importo speso entro il 31 dicembre di quest’anno, sarà restituita  in dieci anni. Ora chi ristruttura può aggiungere alle sue spese e alla successiva detrazione, un bene che prima non era interessato da alcuna agevolazione. Si presume che per la  ristrutturazione i consumatori cerchino personalizzazione e progettualità: due leve che distinguono la distribuzione tradizionale dalla Grande distribuzione organizzata. Senz’altro gli incentivi rappresentano un’opportunità da cogliere”.
Qual è lo stato del comparto italiano e del made in Italy?
“La collaborazione tra industria e distribuzione può e deve migliorare. Per anni le industrie produttrici hanno visto il rivenditore come loro cliente dimenticandosi che il cliente per entrambi, industria e commercio, è il consumatore finale. Una filiera, degna di questo nome, deve pensare che tutti lavorano per lo stesso obiettivo, la soddisfazione del cliente finale.  Per quanto riguarda il Made in Italy, i negozi di arredamento sono sicuramente quelli che vendono prevalentemente, ma direi anche esclusivamente, prodotti italiani. Anche in questo caso una comunicazione che esaltasse questo “plus” aiuterebbe a comprendere che certe offerte di “prezzo” sono sostenibili da altri sistemi distributivi solo perché la merce non viene totalmente prodotta in Italia”.  
Quali opportunità intravede  nei nuovi mercati per le imprese del settore?
“Allo stato attuale le opportunità nei nuovi mercati e all’estero in generale sono quasi esclusivo appannaggio dell’industria. Per la distribuzione ci potrebbero essere degli sbocchi commerciali,  ma solo per le strutture più organizzate. Anche in questo caso credo che una collaborazione fattiva tra imprese industriali e commerciali potrebbe aiutare. All’estero non è solo apprezzato il Made in Italy ma anche il modo di vivere la casa degli Italiani. Il gusto e la personalizzazione degli arredi è fatto dai negozi di progetto e di proposta. Si potrebbe dunque iniziare ad esportare non solo il prodotto italiano fine a se stesso, ma anche il modo di vendere e proporre l’arredamento tipico dei punti vendita di qualità della distribuzione tradizionale Italiana”.
Il design italiano viene sempre più copiato anche dalle grandi catene. Le aziende non possono creare, come fanno molte industrie della moda, una linea più democratica ed acquisire  così nuove quote di mercato?
“Qualche azienda produttrice l’ha fatto o sta tendando di percorrere anche questa strada. Credo però che il compito di trovare il giusto mix merceologico da proporre al consumatore dei tempi attuali spetti ancora alla distribuzione. È l’imprenditore della distribuzione che deve essere in grado di studiare e proporre un’offerta che sia accattivante a livello economico ed esclusiva a livello di prodotto. Non ci deve essere la rincorsa al prezzo più basso ma all’offerta più in linea con i desideri del cliente”.
Come è cambiato il modo di acquistare mobili da parte degli italiani? La sensazione è che si spenda di più o meno?
“Non credo che ci si possa limitare a guardare come è cambiato il modo di acquistare i mobili ma che si debba ampliare la visuale a come è cambiato il modo di acquistare in generale. Penso che tutti gli acquisti siano fatti in modo più consapevole, secondo un bisogno reale e non per mero consumismo. La sensazione è quella che la gente voglia spendere bene i propri soldi: se si  ritiene che ciò che si desidera acquistare valga il prezzo richiesto allora si conclude la vendita, altrimenti si rimanda l’acquisto o vi si rinuncia del tutto.
Qual è l’angolo della casa che merita  in genere gli investimenti maggiori?
“Da sempre in Italia la cucina è l’ambiente per il quale è richiesto l’investimento maggiore. In questo periodo di crisi, non a caso, è  però stato  il prodotto che ha subito i maggiori cali di vendita”.
Quali strategie per stare sul mercato per i rivenditori?
“Se avessi una ricetta univoca e vincente sarei felice di poterla condividere con tutti i colleghi che lottano ogni giorno per aprire il negozio e trovare le motivazioni e l’energia per farlo! Sono convinto però che se si riesce a trovare un nuovo equilibrio economico per la propria azienda, l’unica strategia attuabile sarà quella della differenziazione dell’offerta e del prodotto. La grande distribuzione organizzata attrae una grande fetta di pubblico, ma non può soddisfare tutte le richieste. Il cliente che ha bisogno di consulenza, consigli, soluzioni particolari ed uniche deve  e dovrà rivolgersi  ad un altro tipo di distribuzione sempre più qualificata, formata e specializzata nella progettualità”.