Anche il mondo dei professionisti risente della crisi economica. Non solo notai e avvocati, ma anche i commercialisti, figure considerate una roccaforte privilegiata, sono in difficoltà.
“Il problema non è il lavoro, ma riuscire a farsi pagare – taglia corto Michele Viscardi, 35 anni, da cinque in un suo studio associato a Treviolo -. A non pagare la parcella non sono le piccole e medie aziende a conduzione familiare, dove contano l'orgoglio e il rapporto di fiducia, ma i grandi gruppi. Non possiamo farci niente, hanno il coltello dalla parte del manico, perché se hai un cliente importante non puoi perderlo, aspetti che prima o poi versi il dovuto”. A parte gli studi di fama, tutti gli altri arrancano, devono far fronte, oltre ai mancati pagamenti, a un lavoro sempre più laborioso: “Sono in aumento gli adempimenti fiscali e le scadenze che lo Stato impone ai contribuenti – prosegue il professionista -. La normativa è in costante cambiamento e richiede un aggiornamento continuo”.
A sottrarre ai commercialisti una larga fetta di mercato sono anche i caf, i centri di assistenza fiscale, che forniscono supporto per la dichiarazione dei redditi. “Il costo di un modello è inferiore – precisa Viscardi – e la concorrenza si fa sentire”.
Alberto Donadoni, 40 anni, lavora presso lo studio associato Mazzucotelli di Bergamo. Non si occupa di 730, ma fornisce consulenze. “Siamo tra due fuochi. Da un lato siamo costretti a rapportarci con un apparato farraginoso, disposizioni del legislatore sempre diverse che ci portano a lavorare il triplo – dichiara -: dall'altro, il cliente è sempre più esigente e per soddisfarlo si fanno i salti mortali”. Gianpaolo Barcella, 64 anni, è un commercialista di lungo corso. Esercita la professione nel suo studio in via Paleocapa, a Bergamo. “Oggi è però impossibile stare in studio da soli come una volta. E’ necessario associarsi. Contano sempre meno gli schemi familiari come un'attività ereditata e più le leggi della concorrenza, l'intreccio delle competenze, il fare rete – ammette -. A pesare, attualmente, sono le disposizioni sull'aggiornamento. La nostra è un'attività a 360 gradi, dove nessun ambito è escluso. Non smetti mai di studiare durante anni e anni di carriera”.
Il lavoro? Non è in calo. La crisi ha portato a un incremento di pratiche per fallimenti e concordati. “Sono l'ultimo passo, prima si effettuano passaggi intermedi, si cercano salvataggi, recuperi, bisogna intraprendere azioni con l'ufficio delle imposte”, spiega Barcella.
Anche Maria Rachele Vigani ha uno studio nel capoluogo, è iscritta all'ordine dal 1980 ed è il segretario del consiglio dell'Ordine di Bergamo. “Noi donne rappresentiamo l'altra metà del cielo anche in questa professione – sorride -. E' un mestiere che si è evoluto ingrandendosi, per questo richiede una formazione e aggiornamenti continui, è come se facessimo un master universitario perenne”. Sono infatti 60 le ore di formazione d'obbligo ogni anno, che vengono però sempre superate. Altro mito da sfatare è il grande guadagno: un tempo si prevedeva di fare soldi facendo il commercialista: “Non è più così – afferma Vigani -: è una tra le professioni più dispendiose per tempo e risorse”.
Qual è allora l'ottica giusta per guardare al futuro? “L'aggregazione con altri colleghi, dove c'è l'esperto di mercati esteri, quello di cessioni e acquisizioni di società, di ristrutturazione del debito e così via”.
Luca Capelli, 41 anni, divide con il padre ad Almé lo studio che vanta una decina di dipendenti. “Il sistema normativo non è lineare, può avere diverse interpretazioni – spiega il commercialista -. Quindi non è semplice rapportarsi con la burocrazia. La forza di noi professionisti è il rapporto che instauriamo con il cliente. Lo aiutiamo nel suo percorso imprenditoriale, forniamo un'assistenza quando attraversa momenti di difficoltà o deve raffrontarsi con regole non sempre chiare”. La soluzione tra interessi privati e collettivi? “Cerchiamo di trovare una risposta adeguata operando nella correttezza e senza avere a disposizione la bacchetta magica”.