Dalle false lauree alla Vw, meglio convivere col verosimile

Dalle false lauree alla Vw, meglio convivere col verosimile

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vw-logoManzoni, sull’onda del Romanticismo imperante, ci rifilò il Verosimile: cose che non erano la realtà, ma che, pure, si lasciavano scambiare tranquillamente per la realtà. A nessuno, ad esempio, suona strano che una contadina ed un operaio brianzoli, agli inizi del XVII secolo, si esprimessero come un avvocato o un ingegnere fiorentino dell’Ottocento: questione di verosimiglianza. D’altronde, se Renzo e Lucia fossero stati creati in ossequio alla realtà, non avrebbero insegnato niente a nessuno: anzi, quasi tutti i lettori non avrebbero neppure capito cosa dicevano. Il punto è che il Verosimile esiste in una visione educativa della rappresentazione delle cose: è funzionale ad un utilizzo esemplare della storia e delle vicende umane. Però, in fondo, rimane una balla. Una balla ben confezionata, ben infiocchettata, ben camuffata, ma pur sempre una balla. La verosimiglianza sta alla nostra mente come il trompe l’oeil sta ai nostri occhi: ci apre orizzonti nuovi, spalanca finestre inesistenti, dilata paesaggi, simula architetture. E’ tutto bello, ma è tutto finto. D’altronde, proprio il Manzoni postulava essere la bellezza uno strumento per conseguire l’utile: il maledetto utile, che ha sempre affossato certa letteratura, certi libri, certe idee didattiche in bocca a certe professoresse, con certe borsette. Ora, la questione dell’oggi non è più quella dell’uso didascalico della verosimiglianza: il problema si è fatto più semplice e più stringente ad un tempo. La questione è quella del riconoscere il Verosimile dal Vero. Perché, a pensarci bene, uno a capire che una contadina secentesca che parla il toscano dei Benparlanti sia un caso patente di verosimiglianza manzonica ci può ben arrivare per conto suo. Però, se la balla è circostanziata, ubiqua, onninamente invasiva, alla fine, il poveraccio non la distingue più: come fa a sapere che è una balla? E qui cade l’asino: ossia noialtri, generazione di somari digitali.

A forza di relativismi, di chomskismi, di benaltrismi e di tutto il variegato assortimento di –ismi che quest’epoca progressiva e magnifica porta seco, abbiamo perso la capacità di riconoscere la panzana, quando ce l’ammanniscono in carta argentata. Siamo talmente costretti a dubitare quotidianamente della nostra vista, dell’olfatto, del tatto, dell’udito, del gusto, che, esausti, abbandoniamo le difese, caliamo la guardia, ed accettiamo supinamente il declino della realtà, la vittoria del Verosimile. Vediamo cose che non sappiamo giudicare: un missile che parte e che esplode. Chi l’ha lanciato? Chi se l’è beccato in testa? Dobbiamo fidarci, anche se, dentro di noi, percepiamo vagamente di stare prendendola in saccoccia. E questa carne sarà carne? Quest’olio verrà da olive italiane? La fanciulla possiede davvero quel clamoroso decolleté, o è il prodotto di bisturi ed ingegneria plastica? Vedete bene che, alla fine, ci si deve arrendere: non si può fare analizzare ogni cucchiaio d’olio, non si possono palpare le tette a tutte le donne del mondo! Così, il Verosimile vince: per forza vince, per abbandono, esaurimento, fate voi. E il ciarlatano prospera, coccolato, garantito e giustificato da un intero sistema di pensiero: addirittura, la denuncia di certune palesi contraffazioni della realtà giova al Verosimile, come il prosperare delle cellule giova alle neoplasia.

Prendiamo il caso della Volkswagen, che sembra rallegrare tutto quell’esercito di sciovinisti deboli di logica e di meningi che vedono nella figuraccia degli spocchiosi alemanni solo una sorta di rivincita dei poveracci, dei vituperati Welschen: o che vi credete, grulli, che si tratti della verità che, alla fine, vince sempre? E’ una versione attualizzata della seconda guerra mondiale, anime sante: gli Usa che sgambettano la Germania, per vendere loro quel che non vendono gli altri. Pensate davvero che l’ideuzza di gabbare gli ecologisti sul tema delle emissioni sia venuta solo ai Tedeschi? Ovvero, un Paese che ha usato il protocollo di Kyoto per nettarsi il fondamento, vi pare l’accusatore ideale, in una causa per inquinamento? Dubito ergo sum, avrebbe chiosato il Descartes. Niente è come sembra: dalle marmitte ai titoli di studio, dai bilanci alle bilance. Per questo, miei cari lettori, vi invito a rassegnarvi: a convivere serenamente con il Verosimile. Piegate il capo, di fronte alla dittatura della bugia: non si può evitare, in un mondo come questo, di essere ingannati, raggirati, presi per i fondelli. Ma, perlomeno, abbiatene coscienza: rassegnatevi a mente lucida, per così dire. Questo vi eviterà di cadere dal pero, le rare volte che le panzane verranno svelate: non resterete con la bocca aperta, come un bambino davanti alla vetrina di un giocattolaio. E, infine, vi incazzerete di meno, se le cose non vi giungono inaspettate. Non c’è figura più da fesso di quella di chi dice: e chi l’avrebbe mai detto?