Dal Made in Italy al Sense of Italy (SofI), che vale 123 miliardi di euro

Dal Made in Italy al Sense of Italy (SofI), che vale 123 miliardi di euro

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Un super brand, come il turismo, che agisce positivamente e a lungo termine sull’economia Il 15 aprile  il nostro Paese ha festeggiato la prima giornata del “Made in Italy”,promuovendo il valore e la qualità delle opere dell’ingegno e dei prodotti italiani. Il  Forum Internazionale di Confcommercio, organizzato a Roma in collaborazione con Ambrosetti a Villa Miani, invita ad andare oltre il concetto di “Made in Italy” e ad ampliarlo al “Sense of Italy” SofI, che vale nel complesso 123 miliardi di euro, considerando il saldo tra esportazioni e importazioni. Il “fatto in Italia” è troppo riduttivo per semplificare la portata dei prodotti italiani. Attorno ad ogni singolo prodotto ruotano servizi e alla combinazione tra prodotti e servizi, lo stile di vita e il gusto italiano, quell’”italian sound” che rappresenta una vera e propria molla per i consumi. Si consumano prodotti perché si apprezza la bellezza dell’Italia. E ciò vale soprattutto per i consumatori stranieri. I numeri  lo confermano: nel 2022 a fronte di 713 miliardi di valore di esportazioni complessivi, la differenza con le importazioni ha creato un disavanzo della bilancia commerciale di -29,5 miliardi.

Eppure le quattro A dei settori del “Made in Italy”- Agroalimentare, Abbigliamento, Arredamento e Apparecchiature consumer-  hanno realizzato, con il turismo consumer esportazioni per 213,6 miliardi e un saldo positivo di 123  miliardi. Perdiamo su tutto quanto non richiama il Sense of Italy- Sofl: un saldo negativo di 152,5 miliardi con un disavanzo pauroso sull’energia (-120,5 miliardi).  Ciò vuol dire che il “Sense of Italy” Sofl è il motore trainante del nostro Paese. In questo macro- settore, dopo la moda, il turismo – come servizio esportato agli stranieri-  è la seconda voce con 44,3 miliardi di esportazioni e un saldo di 25,3 miliardi.

Il SofI  è un super- brand o meta-brand e ribadisce come la scelta dei consumatori sia guidata anche, se non soprattutto, dall’origine e provenienza, dal cosiddetto “Country of origin effect”. Esprime scelte che vanno ben oltre quella razionale del rapporto qualità-prezzo, ma che si lasciano guidare da fattori emozionali ed esperienziali, proprio come il desiderio indotto da un’esperienza. Vale a dire, acquisto dall’Italia perché ho visitato l’Italia e amo il suo cibo, il suo modo di vivere, vestire, abitare, et cetera.

In altri termini, il Sense of Italy, può rappresentare per svariate ragioni un’opportunità. Consente politiche di prezzo molto soddisfacenti, risente meno dell’andamento del ciclo economico e finanziario, oltre a  pagare abbondantemente la bolletta energica (importata) e ad incorporare ridotte importazioni da altri Paesi.

Secondo l’Ufficio Studi di Confcommercio il SofI non solo è una voce concreta dell’economia, ma un indicatore che raccoglie la “parte più desiderata e pregiata della nostra economia”, peraltro caratterizzata da “parametri che la rendono resistente al ciclo economico e non troppo soggetta a insidie di prezzo”. È infatti una voce molto elastica al ciclo positivo, cioè quando l’economia mondiale rappresentato dal PIL pro capite cresce maggiormente, 3,1 contro il 1,5 del non Sofl, meno elastico al ciclo negativo (2,4).

Infine esiste una contaminazione positiva tra export di beni e presenze turistiche. Secondo una ricerca di Confcommercio che riguarda le presenze turistiche straniere in Italia dal 2013 al 2019 e le esportazioni verso 45 Paesi europei ed extraeuropei, al crescere dell’1% delle presenze in Italia degli stranieri di un Paese, a parità di altri condizioni, le importazioni dall’Italia di quel Paese crescono tra lo 0,5% e lo 0,9%.

L’effetto positivo del turismo non agisce quindi solo a breve sulla bilancia commerciale ma con un effetto di lungo termine.  Non male per un settore ancora da molti – e a torto- considerato di seconda serie,  che dovrebbe essere invece centrale nei piani industriali del nostro Paese.