Dopo circa un mese dalla pubblicazione del decreto liquidità, non esiste una stima precisa delle imprese bergamasche che abbiano richiesto ed ottenuto i tanto agognati 25 mila euro promessi. Al netto dei ritardi causati dal fermo e poi dal rientro scaglionato dei dipendenti degli istituti di credito, in base ai numeri diffusi dai media, si può dire che siamo di fronte ad uno strumento non gradito dalle imprese oppure poco efficace. Alcune banche stanno interpretando meglio di altre il rapporto con il cliente, comprendendone l’urgenza delle richieste. In generale, tuttavia gli istituti vanno in ordine sparso e questo ha rafforzato difficoltà e confusione. I giornali evidenziano quotidianamente il grido di aiuto degli imprenditori circa le complicazioni dei documenti o il rifiuto della garanzia ma questo distoglie lo sguardo dal centro della questione. Il problema non sono le banche, che restano al centro dell’attenzione, ma l’inadeguatezza della misura e le condizioni delle imprese che sono giunte a questo snodo cruciale per la sopravvivenza, già indebolite da anni di crisi dei consumi e di liberalizzazioni selvagge.
La modifica della misura è già al vaglio del Governo che sta pensando estenderla a chi ne è rimato escluso, come start up e terzo settore. Nei soli settori del commercio e del turismo, con il turnover in corso, possiamo stimare che il 10% delle imprese siano quelle che ad oggi non possono accedere alla misura. Se a questo sommiamo un grande numero di PMI, circa il 20%, con situazioni pregresse che non consentono di ricevere il credito, stimiamo che almeno un terzo del totale, circa 7mila imprese tra commercio e turismo del nostro territorio, siano in questo momento abbandonate a loro stesse.
Troppe e con molti posti di lavoro a rischio per pensare di lasciarle indietro a morire.
Mai come oggi il rischio vero è che molte di queste imprese siano vulnerabili all’usura, cioè siano facilmente adescabili dal racket per esigenze di liquidità. Il nostro territorio che già vive questo fenomeno, pur circoscritto e sempre ben contrastato dalle Forze dell’ordine, oggi potrebbe subire l’affondo decisivo della malavita. Un tessuto così denso di attività di impresa e con un numero così alto di imprenditori in difficoltà è territorio di caccia per l’illegalità. Senza dimenticare che chi fa usura predilige chi può pagare gli interessi e poi, forse, restituirli. Anche con la propria impresa quando questa ha prospettive di ripresa e rappresenta una possibile fonte di guadagno futura.
Il problema è noto, è il momento a renderlo fortemente attuale. Confcommercio partecipa alla cabina di regia nazionale nata per contrastare questi fenomeni. Il Ministero dell’interno ha diramato diverse note ai Prefetti ed ai Questori per sollecitare un attento monitoraggio della situazione. Le forze dell’ordine, Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza con le quali ci stiamo già confrontando, sono al lavoro ed in contatto con le nostra Associazione.
L’appello a tutti gli imprenditori è di denunciare ogni eventuale contatto e di rivolgersi alla nostra Associazione. L’omertà non ha mai aiutato nessuno e soprattutto in questa fase non è certamente una vergogna denunciare di avere difficoltà finanziarie. La richiesta che ci sentiamo di rivolgere al nuovo Prefetto di Bergamo è di ripristinare l’Osservatorio territoriale che era lo strumento di monitoraggio dei fenomeni criminosi, attivo fino a dieci anni fa.
Infine occorre trovare soluzioni nuove. I progetti passati con i Fondi antiusura e di prevenzione- almeno nel nostro territorio – non hanno mai funzionato. Occorre che a livello centrale si trovino i fondi e i progetti in grado di dare risposte realmente efficaci a chi è in difficoltà