Qual è il principale problema dell’Italia? Se me lo chiedessero, eviterei di indicare questioni pratiche, come l’immigrazione selvaggia o lo spread: quelle sono contingenze, cose che capitano e che, poi, non capitano più, come le invasioni barbariche o le epidemie di peste. Basta saper aspettare dieci o venti generazioni e chi si ricorderà più dello spread o dei barconi? Tanto, fra dieci anni l’Italia sparirà, secondo qualche economista inglese. Dunque, perché prendersela tanto? Perciò, parliamo di caratteri: di indole nazionale, se preferite. Io amo i massimi sistemi: “De minimis non curat historicus” è il mio motto. Mi vien da dire che, per quanto concerne l’indole nazionale, il principale problema dell’Italia sia l’assoluta, endemica, ineluttabile assenza di responsabilità. Fateci caso: tutto, alla fine, dipende da quello. Dalla totale mancanza di responsabilità, tanto individuale quanto collettiva. Perché un economista può permettersi di assumere la guida del Paese e catastrofizzarlo con le sue teorie surreali, se non per il fatto che, alla fine, nessuno mai gli presenterà il conto?
Perché un giudice può emettere sentenze paradossali, demenziali, criminali, se non per il motivo che, per quanto disastrosi siano gli effetti dei suoi svarioni, a nessuno verrà mai in mente di chiedergliene ragione? E lo stesso dicasi per gli insegnanti, i postini, i tifosi del football, i vigili, le infermiere, i primari, i giornalisti, l’esercito: non c’è nessuno, e dico nessuno, che si assuma fino in fondo le proprie responsabilità. Lo scaricabarile è lo sport nazionale: in quello surclasseremmo il Brasile e la Germania ad ogni campionato mondiale.
Ognuno, qui da noi, si sente libero di fare quel che gli pare: tanto, deve dirsi l’interessato, cosa mi può capitare? Ponzio Pilato e non Giulio Cesare è l’antico romano cui tutti facciamo riferimento. Mai un politicante che si dimetta, ad esempio: li inquisiscono, li condannano, li sputtanano, ma quelli, serenamente, continuano ad ammorbarci con le loro vanitosissime idiozie, proprio come se niente fosse. E non succede mai che un assassino che falcia una famiglia sulle strisce vada in prigione per più di due giorni, non capita mai che ti puniscano in modo esemplare.
Ma, pensate per un attimo a come sarebbe l’Italia, se vi regnasse il concetto della responsabilità! Immaginatevi gli impiegati agli sportelli, che galoppano come purosangue, che analizzano con la massima attenzione il vostro caso, perché, altrimenti, la responsabilità della vostra insoddisfazione sarebbe solo ed esclusivamente loro: non del coordinatore, non del funzionario, non del dirigente, ma loro. Pensate a come funzionerebbero gli uffici, i laboratori di analisi, i centralinisti dei call center: tra l’altro, sparirebbero quelle musichine sceme, che vi fanno tanto incazzare quando gli operatori sono momentaneamente occupati. Provate ad immaginarvi come cambierebbero le vostre relazioni con gli amministratori, tanto quelli pubblici quanto quelli condominiali, se ognuno fosse responsabile delle proprie azioni, delle proprie parole o delle proprie negligenze: saremmo un Paese del tutto diverso.
Parcheggi al posto dei disabili? Sequestrata l’auto per sei mesi: e poi vediamo quanti ci parcheggeranno ancora! Hai sbagliato una sentenza, favorendo un delinquente? Dieci stipendi in meno: garantito che, la prossima volta, starai più attento coi codici! Hai spiegato ai tuoi alunni che la radice quadrata è una forma particolare di vegetale? Sei retrocesso al ruolo di scopacessi: questo è il secchio e quello è lo straccio! E non dovete credere che questo regime draconiano dovrebbe andare avanti all’infinito: basterebbe qualche annetto, tanto per abituare gli Italiani ad assumersi la propria responsabilità.
Una volta avviata, la macchina si alimenterebbe da sola, perché la gente, dopo che ha imparato a rispettare e a farsi rispettare, ben difficilmente ritorna a comportarsi come una mandria di buoi. File ordinate, lavori ben fatti, strade pulite, notti sicure e silenziose: il paese di Bengodi, insomma. E tutto questo, semplicemente grazie a questa paroletta magica: responsabilità. Il che è precisamente il punto da cui siamo partiti: ciò che ci vorrebbe è precisamente ciò che più manca, la cosa più complessa da ottenere da un popolo come il nostro. Forse, perché, psicologicamente, siamo abituati a tifare per Pulcinella: ci sono simpatici i ladri più che le guardie e i furbi più che gli onesti. Oppure, perché siamo passati da una servitù nazionale ad una servitù politica: una volta c’erano gli Spagnoli, i Francesi, gli Austriaci, che ci mungevano. E noi muti: non contavano nulla. Adesso, ci mungiamo tra noi: e chi non sta dalla parte giusta, conta nulla, tale e quale. Sia come sia, siamo un popolo a responsabilità limitata: esprimiamo una sorta di incapacità civile. Dovremmo essere interdetti, probabilmente. Ma chi se ne assumerebbe la responsabilità?