Cari lettori, ecco il rimedio per sconfiggere il doppiopesismo

Cari lettori, ecco il rimedio per sconfiggere il doppiopesismo

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Roberto Benigni
Roberto Benigni

Oggi vi voglio parlare di una cosa quasi rapsodica: di una peculiarità autoctona, che si chiama doppiopesismo. Da un punto di vista storico, ho ragione di ritenere che si tratti di un portato, sia pure alquanto muffoso, della cara vecchia guerra civile, origine e matriarca di tutti i mali italici. Stabilito che fu negli anni della guerra civile, e in quelli immediatamente successivi, che la verità, da una parte come dall’altra, venne ritenuta più un orpello luccicante che la materia essenziale della storia, ne deriva che il nostro bravo doppiopesismo altro non sia che l’ipocrisia storica trasferita nella realtà fenomenica, ovvero la sua applicazione tangibile. Mi spiego: in Italia esiste una percezione delle cose, di quelle materiali quanto di quelle spirituali, che, in determinate circostanze, trascura serenamente tanto il dato fisico che quello metafisico. A seconda di chi sia l’autore di un’azione, ad esempio, questa azione non solo diviene buona o cattiva, ma perfino vera o falsa, trascurabile o essenziale: insomma, non solamente le umane cose, qui da noi, appaiono relative, ma financo il loro baricentro, perfino lo Schwerpunkt. Prendiamo uno dei vati del pensiero democratico nazionale, che, essendo noi un Paese di giullari, non può che essere un comico: mi riferisco al miliardario comunista Roberto Benigni. Lo so che miliardario comunista è un po’una contraddizione in termini, un ossimoro, ma non stiamo tanto a sottilizzare.

Benigni, dicevo, qualche anno fa, ma nemmeno tanti, sosteneva che la nostra Costituzione è la più bella del mondo, e che nessuno può pensare di metterci impunemente mano. Ora, che la nostra Costituzione sia la più bella del mondo, mi pare un filino esagerato, date le evidenti pecche della Carta: ma diamogliela per buona, postulando che conosca le leggi superprimarie come conosce la Divina Commedia, ossia per annasamento, più che per studio. Quel che colpisce è che, quando l’attentatore costituzionale era Berlusconi, ossia, per Benigni, l’incarnazione del nemico, la sua attenzione in difesa della Costituzione era assolutamente vigile: oggi, che la medesima Costituzione viene modificata di brutto da uno che, peraltro, è stato scelto da un Parlamento dichiarato incostituzionale dalla Consulta, senza nemmeno il lasciapassare di un’elezione vinta, tutto va bene, Madame la Marquise.

Benigni, intanto, pisola e sonnecchia, nel suo dorato buen retiro, con la foto di Che Guevara e quella di Paperon de’ Paperoni: i suoi due modelli. Facciamo un altro esempio: parliamo di malaffare. Quando il malaffare pertiene ad una certa parte politica, si tratta di inquinamento mafioso, di tangentopoli 2, di dimissioni richieste a gran voce dall’altra parte politica. Quando sono i moralizzatori a finire nel mirino dei giudici, quelli che, fino ad un attimo prima erano i cattivi, impugnano la spada del diritto e reclamano le dimissioni di questi altri. Con una differenza di fondo: che quelli di centrodestra rubano e basta, mentre quelli di centrosinistra, oltre a rubare, ci tengono anche dei sermoncini sull’etica politica, da cui si evince che loro sono quelli bravi ed onesti, anche se li beccano con le mani nella marmellata. Doppiopesismo.

Sono doppiopesisti i politici, lo sono i giornalisti, lo sono perfino i giudici che, se sei un maschietto, in una causa di divorzio, ti danno torto quasi per presupposto; che, se sei uno straniero, ti fanno uscire di galera, ammesso che ci sia mai entrato, in tempi rapidissimi rispetto ad un Italiano. Alla fine, la gente si abitua al doppiopesismo, come si è abituata all’euro e, prima ancora, al passaggio dalle pertiche e dalle brente ai metri e ai litri: perché la gente si abitua a tutto. E su questo giocano proprio i doppiopesisti: una cosa, a forza di dirla, diventa vera: una regola, a forza di applicarla, diventa giusta. Dunque, non siamo più capaci di dubitare e, per conseguenza, di valutare: accettiamo le scempiaggini politichesi dei comici e delle soubrettes, come ne accettiamo gli svarioni ermeneutici in materia dantesca o gli errori di refilling delle labbra. E questo lo dobbiamo, in parte, proprio al doppiopesismo: all’idea che ciò che provenga dalla parte che percepiamo come ostile sia il male assoluto, l’errore, la volgarità. Mentre tutto ciò che porta la nostra targa è buono, bello, utile.

Questo, cari lettori, è l’esatto contrario della capacità critica: è l’acriticità faziosa. E su questo contano quelli che ci vogliono rimbambire, per poterci dare in pasto qualunque scemenza, senza che storciamo la bocca schifati. Il rimedio? Il rimedio è uno solo: la cultura. Contro la jattanza del settarismo culturale, ritornare alle origini: reimparare a leggere e a scrivere, per così dire. Capisco, tuttavia, che non è mica facile. Tutto rema contro: dalla scuola, che è una sentina di relativismo delirante, per cui se sbagli accenti ed apostrofi, ma esprimi due idee che collimino con quelle dell’insegnante, tutto va bene, per arrivare alla società civile, che raggiunge gradi di inciviltà inimmaginabili fino a qualche tempo fa. Oppure, c’è un’altra soluzione al doppiopesismo: eliminare i pesi. A cominciare dal Parlamento. Ma come si fa?