Bonacina: «Investiamo
sul talento per dare a Bergamo
un avvenire meno incerto»

Se fino ad ieri era difficile prevedere cosa ci avrebbe riservato il futuro, l’attuale incalzare vorticoso degli eventi, i radicali mutamenti di scenario, le crisi mondiale – ed epocale – che si sta abbattendo da ormai un quinquennio, senza allentare la morsa, rendono impossibile (e forse poco utile) quello che, di fatto, si rivelerebbe comunque un mero esercizio astratto, senza reali possibilità di trasformarsi in accadimenti di cui beneficiare.
La concretezza che ci caratterizza preferisce quindi spostare l’accento non tanto sulla astratte previsione, ma sulla progettazione, o, per essere più chiari, ci fa privilegiare la “fase attiva” capace di incidere sul cambiamento futuro, piuttosto che quella meramente “speculativa”, che si limita a ipotizzarlo.
Del resto siamo convinti che il domani non “piove dal cielo”, ma prende forma dalla germinazione e intelligente coltivazione dei molteplici fattori già oggi in incubazione.
E in questo processo noi tutti non siamo semplici spettatori, ma attori concreti, chiamati moralmente e civicamente a fare la nostra parte.
Ecco quindi che quando immaginiamo cosa sarà Bergamo e la Bergamasca fra un decennio, non possiamo permetterci il lusso sterile di un mero esercizio speculativo, ma siamo coinvolti in prima persona, ciascuno per il proprio ambito e ruolo, sia privato cittadino o istituzione, anche pubblica.
È un preciso dovere quindi orientare le nostre scelte quotidiane, il nostro lavoro, i nostri investimenti, le nostre speranze e passioni, già oggi verso un territorio che sappia fare tesoro del presente, del dato di fatto – bello o brutto che sia – per considerarlo come materiale di costruzione della “casa futura” ove noi e i nostri figli andremo ad insediarci nel prossimo decennio.
Una casa che deve tener conto di fattori di estrema rilevanza, come l’attuale grande trasformazione infrastrutturale in atto (Bre.Bemi., TEM, Pedemontana, TAV, Aeroporto Il Caravaggio); di appuntamenti e accadimenti di risonanza mondiale, come l’EXPO 2015, o Bergamo capitale Europea della Cultura 2019; di probabili trasformazioni sul piano istituzionale, col mutare di ruolo che dovranno avere le Province; della sempre più marginale funzione delle pubbliche istituzioni nel welfare, con un corrispondente spazio lasciato, in questo settore, dall’intervento del privato e, dunque, con la maturazione di una sensibilità solidale; della funzione “eurocentrica” – storicamente e geograficamente inconfutabile – di un territorio della pianura vocato a baricentro e cerniera sulle direttive nord-sud per il corridoio Berlino-Palermo, est-ovest per il corridoio Lisbona-Kiev, e parimenti centrale fra quattro aeroporti di spicco, come appunto Orio al Serio, Montichiari, Verona e Linate, oltre che strategicamente importante sul piano ferroviario.
Fra poco tempo il “cittadino europeo” sarà in grado di spostarsi in qualsiasi parte del continente per motivi di lavoro, di studio, di svago (e parimenti le merci o quant’altro) con una celerità fino ad oggi impensata e, per farlo, passerà sicuramente dalla pianura bergamasca, come peraltro già fecero a suo tempo (certo con modalità e ritmi temporali assai diversi) i grandi flussi di transito registrati dalla storia, a cominciare, allora, dagli eserciti.
Se questo è il “palcoscenico” – carico sostanzialmente di valenze positive, proprio perché, di fatto, crogiolo in cui si fonderanno, come già si fusero in passato, valori culturali, economici, spinte sociali, preziosi nella loro eterogeneità identitaria – su cui ci stiamo muovendo e sul quale dovremo dare concretezza al nostro domani.
Non possiamo però ostinarci ad ignorare, o negare, gli aspetti negativi – alcuni pesantemente negativi e forieri di drammatiche conseguenze – come il progressivo e inesorabile dilagare dell’illegalità e della criminalità organizzata in questo territorio, fenomeni che costituiscono il cancro della civile convivenza e che, se trascurati, portano alla disgregazione dell’humus sociale su cui si regge ogni società armoniosa, prospera e responsabile.
Una particolare riflessione merita poi l’intelligente messa a frutto del patrimonio culturale – artistico, storico, di costumi e tradizioni – che anche in terra bergamasca, come peraltro in tutto il Paese, costituisce una preziosissima risorsa, capace di costituire quel plus qualitativo sul quale investire nella costruzione appunto del nostro futuro.
Un futuro che dovrà naturalmente passare dal rilancio del nostro sistema produttivo, finalizzato a creare nuova occupazione, recuperando il pesante gap accumulato nei cinque anni di crisi.
Dovremo attivarci per recuperare i numerosi posti di lavoro e le molte imprese persi e, per fare ciò sarà prioritario puntare sull’ export.
Certo siamo ben consapevoli che i nostri progetti debbono confrontarsi con condizioni  in merito alle quali il nostro margine d’azione è davvero assi risicato, se non inesistente, poiché riguarda scelte generali come la riduzione del debito dello Stato, la limitazione della pressione fiscale su lavoro e redditi di impresa, l’aumento del potere di acquisto delle famiglie, la semplificazione del fisco e della normativa sul lavoro, l’investimento dell’intero Paese sull’istruzione e sulla ricerca. Merita un cenno a sé, nel costruire il nostro futuro, un freno al consumo di suolo e la spinta alla riqualificazione delle aree dismesse e dei fabbricati esistenti. Non dimentichiamo infatti che la Bergamasca è la zona della Lombardia che ha registrato la maggior crescita percentuale media annua di superfici antropizzate nel periodo 1955. Non meno strategico sarà il tema del potenziamento del polo universitario bergamasco e della sua capacità di creare sinergie internazionali. Ma, francamente, non è facile essere ottimisti, in proposito, visto le recenti decisioni di liquidare il decennale positivo esperimento dell'Università di Bergamo a Treviglio. Se il futuro di Bergamo e della Bergamasca nel prossimo decennio avrà respiro, esso dovrà senz’altro essere disegnato intorno alla conoscenza. Bergamo e la Bergamasca, che storicamente hanno saputo trasformare il lavoro in cultura, hanno  tutte le credenziali per divenire polo europeo del sapere, integrato nel più ampio sistema universitario lombardo.
Investire sul talento oggi vuol dire rinnovarsi nei campi della cultura scientifica e umanistica, puntando sulla ricerca e sulla più alta specializzazione, e abbracciando tanto gli ambiti della competenza industriale quanto le specializzazioni legate ai servizi e le humanities, per le quali l’Italia è riconosciuta a livello internazionale.
Non dimentichiamo infatti che il domani della nostra manifattura e dei nostri servizi è strettamente correlato con la “dose di conoscenza” che sapremo mettere nei nostri prodotti.
Ma non meno necessaria e determinante sarà, costruendo il futuro dei prossimi dieci anni bergamaschi, un’adeguata dose di coraggio e passione, perché siamo fortemente convinti che senza l’anima non ci sarà rinascita.

GianFranco Bonacina
*Presidente della Cassa Rurale di Treviglio