Nel Padiglione Lombardia di Expo l’annuncio dell’assegnazione del titolo di Regione Europea della Gastronomia alla Lombardia Orientale. Presenti per Bergamo il presidente della Camera di Commercio Paolo Malvestiti ed il sindaco di Bergamo Giorgio Gori. Roberta Garibaldi dell’Università cittadina è la coordinatrice scientifica del progetto
Il dopo Expo di Bergamo parlerà ancora di cibo. È di questi giorni infatti l’assegnazione alla Lombardia Orientale del titolo di Regione Europea della Gastronomia per il 2017, che sarà ufficialmente conferito il prossimo 29 settembre proprio nell’ambito della manifestazione milanese, a segnare, se vogliamo, un simbolico passaggio di testimone verso una nuova sfida.
La nostra provincia si è infatti “alleata” con Brescia, Cremona e Mantova – unite da obiettivi ma anche caratteristiche comuni – per un progetto di valorizzazione integrata dei temi legati al food e alla sostenibilità, che ha conquistato il favore della giuria internazionale di esperti indipendenti, selezionati dai membri di Igcat, Istituto Internazionale per la Gastronomia, Cultura, Arte e Turismo, che coordina e gestisce la competizione.
Insieme alla Lombardia Orientale, nel 2017 potranno fregiarsi del titolo la regione centrale della Danimarca che fa capo ad Aarhus e quella di Riga-Guja, in Lettonia, mentre per il 2016 i vincitori sono stati la Catalogna e il Minho (Portogallo).
L’Award è stato concesso al termine di un processo di valutazione iniziato nel 2014 ed è il frutto di una partnership composta da Regione Lombardia, i Comuni di Bergamo, Brescia, Cremona e Mantova, le Camere di Commercio di Bergamo e Cremona e l’Università di Bergamo come coordinatore scientifico. A guidare lo staff di progetto, la professoressa Roberta Garibaldi, direttrice del CeSTIT, Centro Studi per il Turismo e l’Interpretazione del Territorio della nostra Università.
Professoressa Garibaldi, il titolo di Regione Europea della Gastronomia suona bene, ma cosa significa in concreto per le aziende e gli operatori dell’area food?
«È un’occasione di promozione per i nostri territori e per le aziende, per dare un’identità più forte all’area sui temi del cibo e dell’enogastronomia. Sarà una vetrina per le eccellenze, che sono tante, ma spesso non così percepite all’esterno».
In effetti, i luoghi cult della gastronomia italiana nell’immaginario straniero sembrerebbero altri…
«Eppure nell’area interessata il patrimonio è vastissimo. Va dai prodotti certificati Dop, Igp e tradizionali ai vini Doc, Docg e Igt, dai presidi Slow Food ai 23 ristoranti insigniti della stella Michelin, senza dimenticare le strade del vino (8 delle 12 presenti in tutta la Lombardia) e i centri di musealizzazione della civiltà contadina e gli ecomusei. Il progetto vuole proprio mettere a sistema tutto questo e arrivare a caratterizzare più fortemente il territorio, creando attrazione».
Cosa vorrà dire vivere in una capitale della gastronomia?
«Sarà una benefica operazione culturale, un anno ricco di eventi, attività ed iniziative che di certo risulterà interessante per gli appassionati di cibo. Che sono tanti. Basti pensare che più di 29 milioni di italiani si definiscono “appassionati”, ovvero persone a cui piace informarsi e parlare di cibo, secondo la recente ricerca del Censis presentata a Expo».
Perché il cibo è diventato una leva così importante per l’attrattività turistica?
«Perché il turista vuole vivere esperienze, entrare in contatto con gli aspetti culturali del territorio che visita, vuole leggerne l’identità. Il cibo in questo senso è un mezzo molto diretto ed efficace, nel cibo ci sono origini, storie, processi, prodotti. Che sia importante lo dicono, del resto, le indagini quando affermano che la possibilità di gustare buoni piatti e prodotti è una delle variabili che pesano nella scelta di una destinazione. E lo conferma la spesa di tutto ciò che è enogastronomia da parte dei turisti. Se l’Italia è riconosciuta numero uno al mondo per patrimonio artistico e culturale, l’abbinamento al cibo è in grado di dare una marcia in più».
Quali sono le carte migliori che Bergamo può giocare nel progetto di Regione Europea della Gastronomia?
«La ristorazione e poi le produzioni, a cominciare dai formaggi, per i quali può vantare il primato di provincia con più Dop, nove. Ma anche l’acqua».
Abbiamo già qualche caso interessante di valorizzazione?
«I circuiti InGruppo e 035 creati dai ristoratori sono esempi attivazione di reti che stanno dando buoni risultati. Possono essere considerati delle best practice».
Sono stati misurati, in altre aree, gli effetti del titolo di Regione Europea della Gastronomia?
«Le prime regioni a fregiarsi del riconoscimento saranno Barcellona e il Minho in Portogallo, l’anno prossimo. Ciò che si può dire al momento è che molti dei territori che partecipano al programma sono già stati Capitale europee della Cultura, hanno perciò già visto i risultati di manifestazioni e progetti che si basano sulle reti e le sinergie, ne hanno verificato l’utilità e il valore e per questo sono pronti a proseguire anche su questo nuovo versante del cibo».