Agricoltura, 
a Bergamo parla 
straniero il 36% 
della manodopera. 
E l’integrazione si rafforza

Agricoltura, a Bergamo parla straniero il 36% della manodopera. E l’integrazione si rafforza

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Offrono lavoro, ma anche solidarietà e sostegno all’integrazione. Le imprese agricole bergamasche per molti lavoratori provenienti da diverse realtà culturali e religiose rappresentano non solo un’opportunità di occupazione, ma anche un supporto importante per  stabilirsi  nel nostro paese  ed entrare a far parte della nostra società.
E’ il caso dell’azienda agricola Gatti di Martinengo. “Abbiamo due dipendenti indiani che lavorano in stalla e nei campi – spiega Franco Gatti, uno dei titolari -; quando sono arrivati da noi ci siamo adoperati per aiutarli a inserirsi nella nostra comunità e per risolvere alcuni problemi logistici. Come prevede il contratto, gli abbiamo fornito l’abitazione e abbiamo anche voluto mettere a loro disposizione  un orto dove possono coltivare le verdure per le loro famiglie. Finché non sono riusciti ad acquistare una macchina, per dare loro la possibilità di essere autonomi, gli abbiamo permesso di utilizzare la nostra. Cerchiamo di aiutarli quando ne hanno bisogno perché la solidarietà e il rispetto della persona e del lavoratore per noi aderenti a Coldiretti sono valori imprescindibili dal fare impresa”.
Molto spesso il rapporto di lavoro si trasforma anche in un rapporto di amicizia. “Abbiamo un mungitore indiano – racconta Mario Facchinetti, titolare con il fratello dell’azienda “Enrico e Mario Facchinetti” di Brignano Gera d’Adda – che con la sua famiglia abita in un appartamento di circa 100 mq che, che gli abbiamo messo a disposizione come prevede il contratto che abbiamo stipulato. Devono sostenere solo le spese della corrente elettrica perché abbiamo deciso di farci carico noi delle spese di acqua e gas. Abbiamo lo stesso ingresso e condividiamo la veranda, inoltre coltivano una parte del nostro orto per le loro necessità. Prima abbiamo assunto per la stalla il  papà e poi il figlio; questo ha permesso alla famiglia di riunirsi. Poiché quando sono arrivati non sapevano bene la nostra lingua, mia sorella, che è un insegnate in pensione, per due giorni alla settimana, gratuitamente, ha fatto loro lezione e oggi non solo sanno parlare l’italiano ma lo sanno anche scrivere. Questo ha permesso al figlio di conseguire la patente di guida. Dal 1992 al 2010 abbiamo avuto alle nostre dipendenze anche un altro mungitore indiano che ha abitato nella nostra azienda con la famiglia. Ora si sono trasferiti India perché desideravano ritornare nella loro patria, ma i nostri rispettivi figli sono regolarmente in contatto tramite Facebook. Ci chiamano “zii” ed è rimasto un legame di affetto”.
E’ all’insegna dell’integrazione anche l’esperienza della Floricoltura Morotti con sede operativa nel Bresciano, a Capriolo, e sede legale a Sarnico.
“Nella nostra azienda lavorano dipendenti di diverse nazionalità – dicono i titolari – ma per noi non esistono differenze. Abbiamo il massimo rispetto per chi lavora con senso di responsabilità e fa il proprio dovere. Facciamo il possibile per far sentire  tutti “a casa” e favorire l’integrazione. Ogni giorno c’è una persona che cucina secondo le varie tradizioni e poi si pranza tutti insieme seduti allo stesso tavolo, anche noi titolari. Poiché crediamo molto nell’importanza di mantenere un clima lavorativo improntato alla collaborazione e alla cordialità, spesso presso la nostra sede organizziamo momenti di socializzazione che coinvolgono non solo i nostri collaboratori ma anche le loro famiglie”.
Secondo il presidente della Coldiretti bergamasca Alberto Brivio, i lavoratori immigrati , contribuiscono in modo strutturale e determinante all'economia agricola provinciale e rappresentano una componente indispensabile per garantire i primati del  settore. Nelle imprese agricole gestite da Coldiretti Bergamo ne sono attualmente impiegati circa 400, il 36 % della manodopera totale. “Poiché fino a poco tempo fa era praticamente impossibile trovare manodopera italiana, per l’orticoltura, la floricoltura e l’allevamento i lavoratori immigrati si sono rivelati una risorsa importante – sottolinea Brivio – e le imprese, in linea con la politica della nostra Organizzazione, sono sempre attente a operare nel pieno rispetto della legalità e della convivenza solidale, componenti essenziali non solo per la qualità dei prodotti ma soprattutto il loro valore economico ed etico”.
Un’integrazione favorita dal ricongiungimento con le famiglie è l’esperienza vissuta nell’azienda agricola Viscardi di Lurano specializzata nel produzione di verdura IV gamma. “I nostri operai – rileva Ezio Viscardi, uno dei titolari – hanno iniziato a collaborare con noi circa 20 anni fa e da allora, con reciproca soddisfazione, non hanno più lasciato la nostra azienda e con le loro famiglie vivono in case vicine, riuscendo così a ricomporre un ambiente familiare anche se lontani dal Marocco, il loro paese d’origine”.
La piena comprensione delle rispettive esigenze ha fatto si che l’azienda orticola Eustacchio di Levate abbia nel corso degli anni incrementato il numero dei lavoratori stagionali ai quali affidarsi per la raccolta della sua produzione di insalate e verdure a foglia fresche. “Dopo i primi 5 operai assunti come stagionali una quindicina di anni fa – ricorda uno dei titolari, Ferrante Eustacchio – per rispettare le loro esigenze di mobilità e flessibilità lavorativa, abbiamo deciso, anche su loro richiesta, di continuare con questa formula. Con il tempo, lo sviluppo dell’azienda, ma soprattutto con la volontà di rendere sempre più agevole e meno pesante il loro lavoro, abbiamo incrementato sempre più il numero dei collaboratori, riducendo il monte ore per ogni singolo operaio, e siamo arrivati ad adottare orari molto flessibili per garantire le migliori condizioni di benessere. Da noi non si va in serra sotto il sole battente d’agosto e non ci si congela mai le mani con il rigore dell’inverno”.
Per la Coldiretti bergamasca le imprese agricole hanno un ruolo di primo piano nel processo di integrazione dei lavoratori che provengono da altri paesi. “La nostra Organizzazione – conclude Brivio – è da tempo impegnata nel far crescere tra i propri associati una cultura della legalità e della solidarietà. Siamo fermamente convinti che i comportamenti illegali vadano perseguiti con ogni mezzo per evitare lo sfruttamento e l’umiliazione di persone che vengono in Italia per cercare di dare un futuro di speranza alla loro esistenza. Per noi contrastare atteggiamenti illegali significa anche garantire la libera concorrenza e permettere all’imprenditoria onesta di potersi confrontare sul mercato a parità di condizioni e di costi consentendo loro di poter avere una traiettoria di futuro. Si tratta di temi che devono essere trattati con molta serietà, evitando le facili generalizzazioni. Non si può e non si deve criminalizzare un intero comparto perché si sono rilevati  alcuni casi di non corretta gestione. Questo ovviamente non significa sottovalutare gli eventuali fenomeni di illegalità nelle campagne, proprio su questo aspetto recentemente Coldiretti ha realizzato un rapporto sulle agromafie. Riteniamo però che non si debbano gettare in modo indiscriminato ombre pesanti sulla maggior parte delle aziende agricole che perseguono un comportamento di assoluto rispetto come testimoniato dai numerosi esempi di virtuosa integrazione, il più delle volte sconosciuti, che avvengono nelle nostre campagne”.