Nuove frontiere del commercio: un questionario sulle tecnologie digitali

L’iniziativa lanciata da un gruppo di studenti universitari magistrali della Bocconi per un progetto di ricerca rivolto proprio ai negozianti

In quale direzione sta andando il mondo del commercio? E quali sfide deve affrontare per dribblare la crisi che la pandemia ha scatenato? Domande a cui un gruppo di studenti universitari magistrali dell’università commerciale Luigi Bocconi vuole provare a dare risposta proponendo un progetto di ricerca rivolto proprio ai negozianti. Si tratta di un questionario di ricerca che vuole mappare le difficoltà che i commercianti hanno verso l’utilizzo, in modo efficiente, di tecnologie digitali e della competizione patita dai sistemi di compravendita online.
Nell’ultimo anno, a causa della pandemia e della crescita del commercio online, la Confcommercio ha infatti riportato che 70.000 negozi italiani erano a rischio di chiusura definitiva. In particolar modo, solamente nel primo bimestre 2021, gli acquisti presso la grande distribuzione e i piccoli commercianti si sono ridotti, rispettivamente, del 3,8% e 10,7%.  Il corretto utilizzo – e lo sviluppo – di piattaforme digitali potrebbe quindi portare ai piccoli commercianti benefici per resistere a tale competizione e a crescere nonostante le difficoltà portate dalla pandemia e tramite questo breve questionario l’obiettivo è capire meglio la relazione che i negozianti hanno con le tecnologie digitali e contribuire allo sviluppo e alla ricerca di soluzioni digitali appropriate.

I commercianti interessati sono invitati a compilare il questionario (il tempo richiesto per il completamento è inferiore ai 5 minuti) cliccando qui https://unibocconi.qualtrics.com/jfe/form/SV_da5oNfLvvQQeTI2


Italia Paese del controsenso: il lavoro c’è, mancano i lavoratori e si aumentano gli ammortizzatori sociali

Siamo il Paese del controsenso. Il lavoro oggi c’è ma mancano i lavoratori. In quasi tutti i settori fatichiamo a trovare candidati e personale qualificato.

Cosa facciamo? Con la prossima manovra del 2022, secondo le indiscrezioni, aumenteremo le indennità per chi perde il lavoro. Durata, importo e requisiti. Non mettiamo in discussione la necessità di sostenere le famiglie in difficoltà. Ci mancherebbe. Così facendo però aumenteremo anche la platea dei lavoratori che preferiranno godersi l’indennità piuttosto che tornare a lavorare. E, soprattutto, quella dei furbi che sono molti e che vivono a spese delle imprese e dei lavoratori in attività.

Dovremmo fare proprio l’opposto. Ridurre la durata e l’importo e concedere proroghe e aumenti solo a coloro che effettivamente cercano il lavoro ma non sono ricollocabili mentre dovremmo riconoscere una parte dell’indennità a imprese e ai lavoratori che si ricollocano per incentivarli economicamente a tornare a lavorare. Peraltro, con il coinvolgimento delle imprese private che erogano i servizi al lavoro non avremmo nemmeno il “collo di bottiglia” degli uffici pubblici e le difficoltà dei “navigator”.

Troppo difficile o poco gradito agli uffici ministeriali?

Dino l’acidino

 

 

 

 


Gioco d’azzardo: il 19 novembre convegno Bper Banca e Ats

Al Centro Congressi Giovanni XXIII saranno presentati i dati di un’indagine Nomisma e le attività frutto della collaborazione tra Ats e Istituti di credito

Bper Banca rinnova il proprio impegno nel contrasto al gioco d’azzardo con un’iniziativa di sensibilizzazione che si terrà il giorno 19 novembre alle 10.30 presso il Centro Congressi Giovanni XXIII di Bergamo e in diretta streaming sul canale YouTube.
Durante l’evento sarà presentata la ricerca realizzata da Nomisma sui comportamenti della cosiddetta Generazione Zeta in merito al tema delle scommesse e del rapporto con i giochi d’azzardo, nonché un’analisi effettuata sugli over 65 (Silver Age) che indaga anche gli effetti della pandemia sul fenomeno. Inoltre, il Dipartimento di Igiene e Prevenzione Sanitaria dell’Ats di Bergamo, con il quale è attiva da anni una collaborazione volta a creare un’alleanza responsabile sul tema tra gli istituti di credito del territorio, introdurrà la campagna di sensibilizzazione sull’utilizzo delle carte prepagate realizzata con un linguaggio accattivante da alcuni studenti delle scuole secondarie.

Il programma

Ore 10.30 – Saluti di benvenuto 
Vittorio Stefano Kuhn, Chief Business Officer Lombardia Bper Banca e Michele Sofia, Direttore Sanitario ATS Bergamo

Ore 10.35 – Osservatorio Gioco 2021. Comportamenti di GenZ e Silver Age
Silvia Zucconi, Responsabile Market Intelligence Nomisma

Ore 11 – Istituti di Credito e ATS un’alleanza in evoluzione – La campagna di sensibilizzazione sulle carte prepagate ISIS Zenale e Butinone, Treviglio
Luca Biffi | Responsabile UOS Prevenzione delle Dipendenze Dipartimento Igiene e Prevenzione Sanitaria Ats Bergamo

Ore 11.40 – L’impegno di BPER Banca contro il gioco d’azzardo patologico
Giovanna Zacchi | Responsabile ESG Strategy Bper Banca Q&A dal pubblico

modera Eugenio Tangerini | Responsabile External Relations and Csr Bper Banca

La partecipazione all’evento è possibile anche in presenza (per prenotare clicca qui)
L’accesso in sala sarà consentito previa esibizione del Green Pass (per favorire le attività di controllo del Green Pass si richiede l’arrivo in sala dalle ore 10.00).
Per maggiori informazioni sull’evento scrivere a osservatori@nomisma.it – sostenibilita@bper.it


Quanto costa aprire un negozio a Bergamo? Dai 40 agli 80mila euro

Quest’anno quasi 300 aperture in più. Ma bisogna fare i conti con gli investimenti necessari per avviare l’attività e le difficoltà legate all’accesso al credito

È una ripresa in chiaro scuro quella che sta vivendo il terziario bergamasco. Se da un lato infatti i numeri sorridono al settore in termini di nuove aperture, dall’altro bisogna fare i conti con gli investimenti necessari e l’accesso al credito.
Entrando nel merito dei numeri, si sta registrando l’aumento del numero delle imprese (+ 283 imprese nei primi tre trimestri del 2021). Il dinamismo imprenditoriale bergamasco deve però fare i conti con l’investimento necessario per aprire un’attività commerciale: secondo un’analisi di Ascom Confcommercio Bergamo, infatti, per chi si vuole mettere in proprio l’investimento iniziale è sostenibile per le attività svolte tra le mura domestiche, mentre quelle esercitate in un punto vendita richiedono investimenti più robusti.
“Sono molte le persone che alla ricerca di un lavoro o di una nuova opportunità stanno aprendo nuove imprese commerciali – commenta Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -. Le aperture più gettonate riguardano in questo momento i negozi di prodotti non alimentari (abbigliamento, calzature, cartolerie, casalinghi, articoli regalo ecc); mentre si stanno risvegliando piano piano le aperture relative a nuovi bar, attività tra le più colpite dalla pandemia”.

Quanto costa aprire un negozio

Secondo Ascom Confcommercio Bergamo, per aprire una nuova impresa l’investimento varia a seconda della tipologia: si va dai 2.000 euro per aprire un’attività di vendita on line (per avvio di impresa e iscrizioni alle principali piattaforme), ai circa 40.000 euro per un negozio di 50 mq non alimentare (dove l’acquisto di merci iniziali, i mobili e gli arredi e l’anticipo del canone sono le principali voci di spesa preventiva), ai 70.000 euro – investimento minimo – per un bar di circa 80 mq (dove spesso la voce mobili e arredi è sostituita dalla quota di avviamento pagato anticipatamente al cedente).
“In questo momento la spinta ad aprire nuove imprese e a investire i propri risparmi è alta – conclude Fusini (guarda qui l’intervista su Bergamo Tv) -. Il paradosso è che questi investimenti, che sono significativi per le persone che li realizzano quasi sempre senza sostegno né pubblico né del sistema bancario, risultano per lo più insufficienti per fronteggiare una situazione di mercato di grande concorrenza e di difficoltà. In altri termini aprire costituisce spesso un azzardo. L’entusiasmo della ripartenza non deve far perdere la bussola rispetto alla realtà nella quale il recupero delle attività commerciali e dei pubblici esercizi non è completa rispetto a prima della pandemia. Infine, la richiesta di contributi a fondo perduto non è la soluzione del problema perché le nuove imprese devono rendersi economiche a lungo termine. Meglio puntare a una decisa riforma del sistema fiscale che tocchi tutte le imprese, anche quelle già in attività”.

 

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La rivincita della barbabietola: da prodotto povero a protagonista di piatti stellati

C’è quella da zucchero e quella da foraggio, quella da orto e la «cruenta»; gli antichi più che in cucina, la utilizzavano per le sue proprietà medicinali, tanto che ancora oggi è considerata un toccasana per le ossa grazie alle sue intrinseche quantità di calcio e magnesio, oltre che un’arma efficace – chi l’avrebbe mai detto? – contro la depressione. Insomma, si fa presto a dire barbabietola. La sua fama, inutile nascondersi, non è tra le migliori: sarà per il suo colore rosso scuro non troppo accattivante o per il sapore dolciastro che è in grado di sprigionare e che difficilmente sposa i gusti dei palati più sopraffini e delicati. Tubero fin troppo bistrattato rispetto alla più democratica patata o al «trendissimo» topinambur, la barbabietola sta tuttavia concedendosi un meritato riscatto in cucina, grazie soprattutto all’intuizione e all’azzardo di qualche chef. Perché di azzardo, in fondo, si tratta, quando si decide di proporre ai clienti dei propri ristoranti, anche stellati, una ricetta a base di questo ingrediente povero dell’orto e ancora poco apprezzato, perché forse troppo poco conosciuto.

Vincente per Enrico Bartolini

Ma quando a cedere alla tentazione di rielaborare la barbabietola, rendendola addirittura protagonista di un piatto «stellato», è nientemeno che l’enfant prodige della cucina italiana Enrico Bartolini, 42 anni e 8 stelle Michelin nel suo palmarès, allora forse è il caso di soffermarsi un attimo per capire quali risorse può offrire alla carta di un ristorante (e, perché no, anche alla cucina di casa), un ingrediente come la rapa rossa. L’azzardo che ormai 16 anni fa ha portato Enrico Bartolini a proporre un risotto con barbabietola e gorgonzola ha premiato il pluristellato cuoco toscano – presente a Bergamo con il suo «Casual» di Città alta – al punto che quella ricetta oggi rappresenta il suo piatto più iconico, cucinato su richiesta in ogni parte del mondo, dall’America all’Estremo Oriente, agli Emirati, fino agli appuntamenti mondani più prestigiosi, come la «prima» della Scala. 

Prima di lui lo aveva fatto anche il maestro della cucina italiana e del risotto, Gualtiero Marchesi; ma è grazie ad Enrico Bartolini e alla sua intuizione durante un soggiorno in Oltrepò Pavese, che la barbabietola ha iniziato ad entrare nelle carte dei ristoranti. «In Oltrepò le rape rosse si coltivano, così come il riso – dice lo chef –. E siccome da quelle parti si ha l’abitudine di mangiare gorgonzola, mi sembrava che un risotto con questi ingredienti potesse raccontare il bene territorio». Così nel 2005 nacque la ricetta che Bartolini proposte da subito nel suo ristorante «Le Robinie Bistrot» di Montescano (Pv). «È stato apprezzato così tanto – ammette – che non abbiamo più smesso di farlo. La combinazione di questi ingredienti è risultata piacevole al gusto e alla vista e per anni è rimasto in carta. A un certo punto, sembrava che questo piatto avesse un aspetto tecnico più debole rispetto ad altri, perciò abbiamo pensato di complicarlo un po’, aggiungendo un’essenza di noci e una salsa di ciliegie o di more, in base alla stagione: le note della frutta esaltano l’acidità della rapa, mentre il gusto della noce è tannico, profumato, quasi amaro e dà un grado di complessità al piatto».

Inutile chiedere allo chef se pensa di rimettersi di nuovo in gioco con un’altra ricetta a base di barbabietola: «È un ingrediente ricco di personalità – dice – e non avendo carte molto lunghe nei miei locali, sarebbe una ripetizione. È un ortaggio cui sono molto affezionato, ma arriva inevitabilmente il momento in cui c’è voglia di cambiare. Quando iniziammo a utilizzarla, la barbabietola si usava molto poco. Ricordo che da piccolo, negli hotel, vedevo queste rape tagliate, messe nei barattoli che sapevano di terra. Forse per questo ne abbiamo un ricordo sbagliato. Oggi la barbabietola è molto popolare, soprattutto nelle cucine del Nord Europa, dove un tempo veniva data da mangiare alle mucche o spedita per le mense ospedaliere in altri Paesi».

In Italia c’è anche chi ha provato a centrifugarla e a servirla al ristorante come aperitivo, «ma è una tecnica che rilascia le proprietà lassative della barbabietola – avverte Bartolini –, per cui non mi sembra una buona idea. Detto questo, vedo che c’è senz’altro della creatività attorno a questo ingrediente, che probabilmente sta prendendo sempre più piede in questi anni. Se coltivato bene è buono e può dare spunti interessanti a chi lo cucina».

 

Divertente per Filippo Saporito

Decisamente più consono è l’utilizzo che fa della barbabietola Filippo Saporito, chef dello stellato «La Leggenda dei Frati» di Firenze, che pure la propone come antipasto: «Amo molto il mondo vegetale e cerco sempre di esaltarlo al massimo – dice –. La scelta della barbabietola arriva da uno stimolo di alcuni clienti vegani. Noi abbiamo sempre in carta un menù pensato per loro, ma che è in grado di accontentare un po’ tutti. Utilizzare la barbabietola mi diverte, innanzitutto perché inganna l’occhio, sembrando una bresaola, poi perché si possono comporre piatti colorati, freschi e con sapori delicati. E i nostri clienti rimangono piacevolmente stupiti. Fino a 10 anni fa era persino difficile trovarla cruda, oggi con l’avvento della cucina nordica c’è stato senz’altro un ritorno anche nelle nostre cucine».

Versatile per Massimo Amaddeo

A Bergamo, l’estate scorsa, è stato il ristorante «Da Mimmo ai Colli» a proporre la barbabietola in più versioni nei suoi menù: non solo come ingrediente di punta nel risotto, ma anche nell’impasto degli gnocchi o preparata a maionese nei club sandwiches. «È senz’altro un tubero molto interessante, che dà molto colore ai piatti e che quindi può essere una scelta vincente – spiega il titolare del ristorante, Massimo Amaddeo –. Cruda, cotta o rielaborata in tanti modi, la barbabietola può dare grandi soddisfazioni. Si possono fare gli gnocchetti, per esempio, inserendo nell’impasto spezie come la cannella, che dà una spinta forte, in contrasto con la dolcezza della barbabietola. Un ottimo condimento può essere un crumble di Agrì di Valtorta, che è presidio SlowFood, oppure lo Strachitùnt, con il suo naturale contrasto di bianco e blu». Una ricetta “veloce” per un’esperienza culinaria senza dubbio inedita (meglio se arricchita da foglie di salvia fritta come decorazione). «Come tutti i tuberi – dice ancora Amaddeo – la barbabietola è un po’ bistrattata. Peccato, perché la natura ci ha dato una biodiversità incredibile, che spesso non sfruttiamo. In particolare, la barbabietola ha sempre suscitato un po’ di diffidenza, forse a causa del suo particolare aspetto cromatico, ma ora la gente si sta avvicinando. Non è invadente nei piatti, quindi non predomina, anche se bisogna saper dominare quel suo carattere dolciastro per raggiungere un equilibrio apprezzabile. Noi, per esempio, l’abbiamo proposta anche come piatto da finger o da pranzo e, in chiave più moderna, preparando una maionese di barbabietola con pane tostato, verdure e formaggio».

Dopo i suggerimenti degli chef, torniamo a scoprire qualche altra proprietà «nascosta» della barbabietola. Ricca di sali minerali, vitamine e oligoelementi, è anche un ricostituente naturale contro stanchezza, mancanza di appetito e anemia grazie alla presenza di microelementi che rivitalizzano i globuli rossi e riequilibrano i livelli di ferro nel sangue. Pochi ingredienti in cucina hanno un colore così acceso: quello della rapa rossa è dovuto alla betaina, un pigmento solubile in acqua; dalle barbabietole si estrae un colorante naturale che viene normalmente utilizzato nell’industria alimentare, ma anche per la tintura tradizionale di tessuti.

 


Farina, cacao e caffè: dopo energia e gas rincarano anche le materie prime. E i bar lanciano l’allarme

Farina e cacao gli aumenti più incisivi, seguiti da latte e caffè. Beltrami: “Con tutti questi rincari si rischia di lavorare solo per coprire le spese”

Non è solo il Covid a spaventare il mondo del terziario in vista delle festività natalizie: l’emergenza sanitaria è infatti anche emergenza economica e alle difficoltà legate alla ripresa si aggiungono le forti tensioni inflattive che riguardano materie prime, energia, utenze e servizi. Una congiuntura in atto che sta già avendo ripercussioni sul listino prezzi di locali, bar, ristoranti, pizzerie e, in generale, sui pubblici esercizi del territorio alle prese con un aumento dei prezzi considerevole. A pesare sui bilanci dei locali sono soprattutto i rincari dei principali generi alimentari che seguono quelli dei consumi energetici: una miscela amarissima per i bar e locali di Bergamo e provincia che alle difficoltà di ripresa dopo oltre un anno di chiusure e sacrifici devono fronteggiare un caro prezzi insostenibile.

“Tra gli aumenti più incisivi ci sono quelli della farina e del cacao, saliti rispettivamente del 38% e del 20% in questi ultimi mesi – conferma Giorgio Beltrami, presidente del Gruppo Bar Caffè di Ascom Confcommercio Bergamo e vicepresidente regionale del coordinamento di Fipe Lombardia -. Anche il latte non è da meno con un rincaro del 4% del prezzo all’acquisto. Tutto questo ricadrà ovviamente sulle tasche dei consumatori: a seguito dei rincari della farina, ad esempio, si prevede un aumento del 20% del prezzo finale di panettoni e lievitati natalizi”.

Anche il caffè rischia di salire: le principali torrefazioni stimano infatti rincari di 2 euro al kg, circa 10% in più per i bar “Oggi un caffè costa un euro o massimo 1,10 euro ma tra non molto il cliente potrebbe arrivare a pagarlo 1 euro e 20 centesimi – sottolinea Beltrami -. Secondo uno studio di Ascom Confcommercio Bergamo che prende in considerazione il prezzo più alto di un caffè al bar (1,10 euro) emerge che il rapporto tra costi e ricavi è sbilanciato. E quest’indagine era stata fatta prima dell’aumento del costo di gas ed energia”.

La componente energetica resta dunque la vera Spada di Damocle a pendere sulla categoria: di prospetta entro questo mese un aumento del 20%, fino a toccare un +40% tra dicembre e gennaio. Il rischio è che il rialzo dell’inflazione anche transitorio diventi strutturale e in una situazione in cui le attività stanno faticosamente cercando di tornare ai livelli di consumi pre-Covid, questi aumenti rischiano di minare la fiducia dei consumatori e ridurre il potere d’acquisto delle famiglie. “È necessario che il Governo attivi presidi di monitoraggio e controllo, oltre a sostenere nuove misure che possano favorire la ripresa, come un alleggerimento del costo del lavoro e una politica di agevolazioni per gli imprenditori che decidono di assumere – conclude Beltrami -. Non vogliamo fare allarmismo ma con tutti questi rincari il rischio oggettivo è che si debba lavorare solo per coprire le spese”.


Libere professioni non ordinistiche, più opportunità legate al Pnnr ma anche un equo compenso per tutti

Mongelli, presidente del gruppo Libere Professioni di Ascom Bergamo: “Politiche su misura per i professionisti che possono essere i nuovi protagonisti della ripresa”

Valorizzare il ruolo delle libere professioni non ordinistiche nella gestione del Pnrr, purché vengano riconosciuti ruoli, competenze e, soprattutto un equo compenso. Il futuro delle libere professioni assume contorni più definiti in vista dell’attuazione del Pnnr e delle opportunità professionali per le partite Iva non aderenti a un Ordine. Stiamo parlando di tutti quei professionisti del settore ambiente e sicurezza, amministratori di condominio, wedding planner, professionisti dell’ICT, designer, consulenti aziendali, formatori, professionisti del wellness, optometristi e guide turistiche: un “esercito” che dal 2008 al 2019 è cresciuto dell’89%, arrivando a quota 429.000 unità, e che plaude la decisione del ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Andrea Orlando di puntare ad estendere l’equo compenso ai contratti della P.a ed estenderlo anche ai contratti nell’ambito del Pnrr.

“Siamo soddisfatti che il ministro Orlando, intervenuto durante i lavori del convegno di Confcommercio Professioni dedicato alla ripartenza e alle prospettive delle professioni non ordinistiche, ha confermato la possibilità di coinvolgere le libere professioni non ordinistiche nei progetti del Pnnr” sottolinea Matteo Mongelli, presidente del gruppo Libere Professioni di Ascom Confcommercio Bergamo, presente al convegno a Roma.

Il tasso di incremento elevato è confermato anche dal +10% del 2019 rispetto al 2018 con i liberi professionisti ordinistici e non ordinistici che a fine 2019 erano oltre 1 milione e 400 mila lavoratori (di cui circa 400 mila non ordinistici). Numeri che si rispecchiano anche in Bergamasca dove nel primo semestre di quest’anno sono state aperte 4.804 nuove partite Iva, ovvero 1.093 in più rispetto allo stesso periodo del 2020. Il rovescio della medaglia è nell’andamento inversamente proporzionale tra la crescita dei professionisti e il loro reddito: quello generato da queste professioni cresce di oltre il 40% nel periodo 2009-2019 mentre quello pro capite diminuisce di oltre il 25%, fermandosi a poco più di 15.900 euro.

“Per ripartire occorrono innanzitutto politiche su misura per i professionisti che con le loro competenze possono essere i nuovi protagonisti dell’attuazione del Pnrr – conclude Mongelli -. In quest’ottica, il Ministro ha aperto uno spiraglio per definire un equo compenso per le prestazioni professionali anche per le professioni non ordinistiche e soprattutto nei confronti della Pubblica amministrazione. Altrettanto importante sarà il tema del welfare integrativo: Orlando ha annunciato infatti l’intenzione di convocare un tavolo con il mondo delle professioni per discutere sui temi più importanti come le politiche attive per la formazione e riqualificazione professionale”.


Dehors, in scadenza a fine anno le concessioni semplificate di oltre 250 spazi in città

Dal 1 gennaio si torna all’iter tradizionale: uffici comunali pronti

Scadono a fine anno le semplificazioni per i dehors previste durante l’emergenza sanitaria per consentire a bar e ristoranti di lavorare all’aperto: per mantenere gli spazi di somministrazione nati o ampliati nell’ultimo anno e mezzo, gli uffici del Comune di Bergamo si apprestano a ricevere le domande nel modo “tradizionale”, mettendosi a disposizione di ristoratori e baristi.
Come noto, per gli anni 2020 e 2021, grazie ad una norma dello stato Sostenuta dalla messa a disposizione di fondi da parte dell’Amministrazione comunale, è stato possibile concedere la collocazione di dehors sul territorio cittadino attraverso la presentazione di  una domanda redatta in forma semplificata, senza versamento di alcun tipo di onere (marche da bollo, canone occupazione di suolo) e senza necessità di presentare planimetrie e documentazioni redatte da tecnici abilitati. Ad approfittare delle semplificazioni sono stati molti operatori economici della città: ben 280 sono stati i bar e i ristoranti che hanno realizzato o ampliato il proprio dehors grazie allo snellimento normativo e alla gratuità dell’occupazione di suolo dell’ultimo anno e mezzo.

Tali semplificazioni, però, scadono il 31 dicembre 2021. Il Governo sta valutando, su sollecitazione dei Sindaci, di concedere anche per l’anno 2022 alcune semplificazioni delle procedure. In attesa di tali determinazioni o nel caso non venissero approvate, a partire dal 1° gennaio 2022 tornano in vigore le ordinarie norme nazionali e regolamentari in materia.

Il Comune di Bergamo invita pertanto gli esercenti interessati a presentare domanda per la concessione di suolo pubblico per la posa di dehors seguendo le ordinarie procedure indicate sul sito del Comune di Bergamo e senza attendere la scadenza del 31 dicembre. Ciò consentirà agli uffici di evadere tutte le richieste in tempo utile. Si segnala sin d’ora che alcune concessioni sono state rilasciate nella considerazione che in periodo di chiusura delle scuole e dello svolgimento del telelavoro da parte dalla maggioranza dei lavoratori, il traffico risultava particolarmente limitato, consentendo l’occupazione di spazi che, in situazioni ordinarie, potrebbero non essere più disponibili. Resta inteso che, se verranno approvate le semplificazioni/agevolazioni all’esame del Governo, l’Amministrazione comunale prontamente le applicherà anche a coloro che nel frattempo avranno già presentato la domanda.

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Confcommercio Milano: petizione online contro i cortei al sabato

Aperta su change.org dopo che i tre sabati “No green pass” sono costati a negozi e locali 10,2 milioni di euro

Confcommercio Milano prende posizione a favore di uno stop al diluvio di cortei dei “No green pass” che ormai ogni sabato bloccano la città. Lo fa attraverso una petizione su Change.org in cui si legge che “Milano produttiva vuole dire con chiarezza che la città non può e non vuole dividersi sulle soluzioni per combattere la pandemia. Milano vuole far sentire la voce pacifica ma ferma della grande maggioranza dei propri cittadini che non condivide la paralisi ogni sabato della città per cortei ripetitivi che spesso non rispettano le regole creando disagi crescenti e rischi per la collettività”. “In vista del periodo natalizio Milano non può accettare, dopo tutta la sofferenza di questo lungo anno e mezzo di pandemia, che si crei un clima di contrapposizione dannoso per la società civile e per il mondo delle imprese”, si legge ancora nella petizione.

Sangalli: “Appello alla responsabilità nel rispetto della libertà di tutti”

“La probabile estensione dell’emergenza sanitaria – commenta il presidente Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio Milano – dimostra che la pandemia resta ancora un problema aperto e una fonte di preoccupazione. Proprio per questo è fondamentale ricordare che è il Covid il nemico comune e non le soluzioni per combatterlo. La petizione che abbiamo voluto lanciare è un appello forte alla responsabilità da parte di tutti, nel rispetto della libertà di tutti. Dopo un anno e mezzo drammatico Milano, e il nostro Paese, hanno assoluto bisogno di tornare a crescere in sicurezza. Tutti insieme per il bene comune e per la libertà”.

 

Tre sabati “No green pass” sono costati a negozi e locali 10,2 milioni di euro

Solo per l’area del centro e corso Buenos Aires il costo delle manifestazioni “No Green pass” è stato di 10,2 milioni di euro negli ultimi tre sabati, ovvero una perdita del 27% del  fatturato di negozi, bar e ristoranti. La stima è dell’Ufficio Studi di Confcommercio Milano effettuata in base a un sondaggio condotto su 613 imprese. “È un bilancio che potrebbe essere ben più pesante se dovesse perdurare questa situazione di caos con un impatto significativo sull’attrattività della città. Chi sarebbe infatti invogliato a recarsi in città – si chiede Marco Barbieri, segretario generale di Confcommercio Milano – sapendo di trovare confusione e disagi per cortei più o meno autorizzati? Il danno economico rischia seriamente di aggravarsi con l’avvicinarsi del periodo natalizio”.

Dal sondaggio emerge che il 70% si dice favorevole all’obbligo di green pass sui luoghi di lavoro e che il 73% non ha riscontrato criticità legate al relativo controllo. Il 71%, poi, risente ancora dei danni subiti per effetto dell’emergenza Covid, percentuale che si innalza nella ristorazione: 86%. Il 68% delle imprese, infine, ritiene non condivisibili le proteste anti green pass e il 16% chiede percorsi definiti e un maggior controllo da parte delle forze dell’ordine.

 

 

 


Nuove imprese straniere: nel terziario 1 su 2 è donna

Nel terzo trimestre sono in crescita le attività del commercio non alimentare che con 23 nuove aperture guidano la classifica, rappresentando il 42% del totale 

La pandemia non frena l’iniziativa imprenditoriale straniera e, in particolare, quella individuale e femminile: le imprese del terziario a conduzione non italiana iscritte nel Registro Imprese della Camera di Commercio di Bergamo sono infatti in crescita e si attestano a quota 2482, pari al 10% del totale (24.901). Ma non solo: su un totale di 267 imprese aperte nel terzo trimestre 2021 sono 55, oltre il 20%, quelle con titolare nato all’estero.
E se il trend è in linea con i dati dell’Osservatorio delle imprese della Camera di Commercio – circa mille imprese in più nel terzo trimestre con un aumento dell’1,4% su base annua – questo  boom dell’imprenditorialità straniera non rispecchia il calo degli stranieri residenti in Bergamasca dopo anni di crescita significativa.

“È un dato in controtendenza ma che testimonia il fatto che la vivacità economica del nostro settore offre numerose opportunità anche all’universo multietnico presente sul territorio – sottolinea Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -. Quello che ci colpisce è che nell’ultimo trimestre un’impresa nuova  su 5 è straniera e a spingere questa nuove attività sono soprattutto le donne che superano gli uomini (54,5%)”. Ma c’è di più: con solo un’apertura nel trimestre, gli ambulanti stranieri confermano il loro calo ormai strutturale, mentre sono in netta crescita le attività del commercio non alimentare che con 23 nuove aperture guidano la classifica, rappresentando il 42% del totale delle nuove imprese. Bene anche la ristorazione (16 nuovi bar e ristoranti) che si piazza al secondo posto (29%). Resistono infine i servizi (8 nuove attività, pari al 14,5%) e il commercio alimentare (7 attività, pari al 12,7%).

“Non deve passare in secondo piano il fatto che il totale delle imprese avviate nel terzo trimestre sia composto solo ed esclusivamente da ditte individuali, un dato in linea con il totale delle imprese del terziario per cui solo il 5,% sono società -conclude Fusini -.La piccola impresa si conferma quindi un importante salvagente nel ‘mare’ economico attuale, soprattutto per gli stranieri. È un segnale sia di maggiore intraprendenza e di emancipazione sociale se pensiamo all’aumento delle donne titolari di impresa oppure, al contrario, specchio delle difficoltà di trovare un’occupazione dipendente in un periodo come questo in cui il mercato del lavoro è sempre più selettivo”.