Versatile e sostenibile, a Bergamo parte la coltivazione di bambù

Il ritorno all’agricoltura è spesso indicato come una strategia anticrisi. A patto che sia un’agricoltura intelligente e innovativa, capace di dare risposte efficaci ai bisogni di oggi e di domani. Chi l’avrebbe detto che l’“umile” bambù potesse essere una di queste risposte? Una soluzione all’insegna dell’ecosostenibilità, che sta muovendo i suoi primi passi in Italia e anche a Bergamo.

L’intuizione e la creazione di una vera e propria filiera pronta per proporsi sul mercato si deve ad OnlyMoso, azienda riminese che seleziona le piante madri di bambù da destinare alla coltivazione e che nella nostra provincia ha in Massimiliano Colombo il referente per la promozione e lo sviluppo del progetto. Tra le quasi 1.400 specie della graminacea – tipica delle zone tropicali e sub-tropicali, soprattutto orientali -, la scelta è caduta sul Moso, una varietà gigante che può crescere dal nord al sud Italia, poiché sopporta temperature fino a –25 gradi. L’altezza va da 14 a 25 metri, il diametro da 8 a 15 cm e produce un legno di qualità migliore, per durezza e resistenza, di quello di essenze pregiate come rovere e noce.
Ma il materiale non è interessante solo nel campo dell’edilizia, dell’arredamento e dell’artigianato. Si calcola che dal bambù si possano ricavare circa 1.500 applicazioni commerciali, tra cui carta, cosmetici, prodotti alimentari (germogli), pellet e altre applicazioni bioenergetiche. La resistenza e l’elasticità lo rendono prezioso soprattutto nella bioedilizia, settore che si sta affermando sempre più in tutto il mondo. Senza dimenticare il valore ambientale. La coltivazione di bambù va nella direzione opposta allo sfruttamento delle foreste. I bambuseti sono infatti in continua rigenerazione per la capacità delle piante di raggiungere la maturità in pochi mesi e di riprodursi con alta frequenza. Sono inoltre un polmone verde e un alleato del territorio. La radice del bambù è infatti una “spugna” per l’acqua e grazie alla capillarità con cui si affranca al sottosuolo rappresenta un’ottima soluzione al dissesto idrogeologico e un efficace sistema di depurazione naturale delle acque reflue.
Queste caratteristiche, unite ad un sistema di coltivazione collaudato e assistito dal Consorzio Bambù Italia, impegnato nella valorizzazione del prodotto e nel supporto agli operatori, rendono il bambù una solida opportunità di investimento. «Dopo una fase di progettazione, durata alcuni anni e partita in pratica da zero con l’individuazione della varietà più adatta e gli studi di fattibilità, lo scorso inverno è cominciata la ricerca dei terreni», racconta Massimiliano Colombo, commerciale da sempre impegnato su temi di avanguardia, dall’ecologia al riciclo, che ha seguito l’iniziativa sin dagli inizi. «Ad oggi – dice – in tutta Italia abbiamo chiuso contratti per 350 ettari, da nord a sud, con Puglia e Marche che si stanno dimostrando le aree più vivaci». Anche in Bergamasca però qualcosa si sta muovendo e a settembre si effettueranno i primi impianti di bambù Moso su circa dieci ettari complessivi, in appezzamenti dislocati in zone diverse della provincia. «Sono numeri destinati ad aggiornarsi rapidamente – precisa Colombo – anche perché ci sono già altri contatti in corso. Le potenzialità sono alte, la falsa credenza da sfatare è che per far crescere il bambù servano terreni paludosi, in realtà è una pianta molto rustica, che ben si adatta a diversi suoli. Anche il timore dell’invasività va rivisto, dal momento che può essere contenuta con semplici soluzioni».
La sfida ad una rivoluzione nei campi è rivolta agli agricoltori professionali, ma pure agli agriturismi (che possono trovare interessanti applicazioni anche in chiave di fattoria didattica), ai privati che abbiano a disposizione almeno mezzo ettaro di terreno, alle amministrazioni comunali che possono, ad esempio, recuperare porzioni di territorio marginali e renderle una risorsa ecologica, economica ed occupazionale. Più in generale, la filiera e l’organizzazione messi a punto da OnlyMoso sono tali da rendere la coltivazione di bambù una nuova opportunità di investimento per imprenditori alla ricerca di strade innovative, che permettono di coniugare il ritorno economico con valori fondamentali come la creazione di lavoro, il made in Italy e la sostenibilità ambientale. La richiesta e la versatilità del materiale fanno stimare, a bambuseto maturo e a pieno regime, un rendimento annuo attorno ai 50mila euro per ettaro. La garanzia di uno sbocco sul mercato è data dal Consorzio, che assicura a tempo illimitato il ritiro di tutte le produzioni degli associati, allocandole nelle filiere commerciali più remunerative.
I semi del rinnovamento, dunque, sono stati piantati anche a Bergamo. Chissà che il bambù diventi la materia prima a chilometro zero di settori cardine dell’economia provinciale come edilizia e artigianato o lo spunto per nuovi prodotti green.