Vava77: “Inviterei a cena Freddie Mercury e gli cucinerei i casoncelli”

Vava77: “Inviterei a cena Freddie Mercury e gli cucinerei i casoncelli”

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“Vava77, pò cunusit come Ol Vava. L’è ü creadùr de parodie in bergamasch che lü al realìsa in furma de dopiàgio e de cansù”. Inizia così, in bergamasco perfetto, la descrizione su Wikipedia di Daniele Vavassori, in arte Vava77. Musicista, doppiatore, cantante, attore. Chi è Vava77 che spopola in rete, rivisitando unicamente, la canzone “We Are The World” che segnò una delle tappe più importanti nel mondo della musica? Un John Belushi all’italiana che con la sua straordinaria capacità di esprimersi utilizza la lingua e le note per creare video divertenti e ironici in bergamasco doc mantenendo viva la tradizione e il dialetto. Ma qual è la sua relazione con la cucina? Quale la pietanza italiana a cui non resiste? Sarà bravo ai fornelli come nei video che crea? Vava77 ha parlato con noi e ha raccontato tutto.

A quali piatti della cucina bergamasca non rinunci? Forse ai casoncelli visto che gli hai dedicato anche una canzone?
In realtà c’è un altro piatto che non è bergamasco ma nazionale: pasta aglio, olio e peperoncino. Lo adoro. Mia moglie, però, non è contentissima perché puzza tutta la casa e io (ride).

Chi inviteresti a cena?
Bellissima domanda. Inviterei Freddie Mercury. Lui aveva dei gusti molto speziati, ha fatto anche la scuola a Bombay, quindi gli cucinerei qualcosa di quel tipo. E ovviamente i casoncelli.

Cucini? Qual è il tuo cavallo di battaglia?
Aglio, olio e peperoncino. È l’unico piatto che mi riesce. È un piatto povero, con pochi ingredienti ma difficile da realizzare e basta poco per rovinarlo.

C’è un ingrediente che ami in cucina e nella vita?
Il peperoncino.

Raccontaci una storia legata alle tradizioni e alla cucina che ricordi dalla tua infanzia.
Le croste di polenta da staccare dallo stegnat, il paiolo della polenta.

Ristorante o trattoria?
Trattoria.

Qual è la tua preferita nella bergamasca?
L’Osteria “Al Gigianca” che è di un mio amico e ci vado molto volentieri.

Hai mai partecipato a un concorso di cucina?
Sì, a quello dell’Accademia del Gusto di Ascom. Puoi immaginare cosa ho cucinato: aglio, olio peperoncino (ride). Mi confrontavo con degli chef di alto livello. Uno dei giudici era Pierangelo Cornaro, “Chef Patron” del Ristorante Colleoni in Città Alta e mi diede qualche dritta sulla cottura. Andò bene.

Parliamo del tuo successo assoluto: la rivisitazione bergamasca di “We are the world” che ha ricevuto 5.300 likes, 13.000 shares e 457.000 views. Perché ha avuto così tanto successo secondo te?
Sicuramente c’è l importanza del brano, che è uno dei più famosi degli ultimi 50 anni. Credo che la “viralità” sia stata data dall’accostamento tra questo mastodonte della musica e dal fatto di averlo portato con i piedi per terra in un contesto locale. Mi piace sempre giocare con il dialetto e la contrapposizione con i pezzi così famosi e storicamente grandi. In realtà, spesso ci si aspetta che quello che viene dal dialetto sia un pò rozzo, poco strutturato. Invece noi abbiamo lavorato questa canzone in un modo molto serio, professionale e ognuno di noi ha dato il massimo. Le voci a cui ho chiesto di partecipare sono tutte molto importanti. Credo che ce l’abbiamo fatta. Siamo riusciti a far venire la pelle d’oca anche se i contenuti sono parodistici.

“Orgoglio bergamasco”, “Sei fantastico”, “Mi piace da matti”, ma anche “Non penso sia il modo migliore per valorizzare il nostro dialetto”, “Luoghi comuni e occasione sprecata”, sono alcuni dei commenti sulla tua pagina. Cosa rispondi a entrambi?
Questi sono pareri. Sull’ “occasione sprecata” credo volessero dire “hai in mano un pezzo così bello perché non usare un tono consono?”. Io rispondo di no perché si può anche scherzare con serietà e responsabilità. Se sono consapevole di una parodia non vuol dire che questa non ha dignità. Può non piacere, però se uno va più a fondo, aldilà del linguaggio da bar, si rende conto che io ho parlato di una certa tipologia di atteggiamenti che sono condivisibili dal mondo femminile. Non punto il dito per distruggere, faccio parodia. Non c’è una demonizzazione della donna, anzi la stessa presenza delle donne nella canzone è proprio a dire “guardate che queste mezze f…e non sono le donne, ma una tipologia. Ci sono anche i mezzi uomini”. La classica che “se la tira” dà fastidio sia alle donne che agli uomini.

Sei riuscito a riunire 40 bergamaschi, tra calciatori, cantanti, musicisti per il solo scopo di divertirsi e fare divertire. È questo che manca dalla nostra vita quotidiana? La leggerezza e il divertimento?
Vedo l’utilizzo che la gente fa dei social. È una bella cosa quando si crea un’interazione costruttiva. Quando però ci si confronta sui social come leoni da tastiera diventa sempre brutto. Sicuramente c’è da sorridere un po’, bisogna anche sforzarsi. Uno che sorride non vuole dire che ha il vuoto nel cervello, a volte costa fatica sorridere ma è anche bello cercare di farlo, ovviamente con una certa educazione.

Sei considerato una super star nella provincia di Bergamo. Non vuoi superare i confini della bergamasca? Hai rifiutato l’invito ad una nota trasmissione televisiva perché non volevi fare il “solito cliché bergamasco”.
Quando vuoi una cosa non è detto che succede. Il fatto che io utilizzi il dialetto non è sempre un confine per forza, a volte capita che io faccia delle cose in dialetto che vanno a “bucare” oltre Bergamo, perché probabilmente comanda il pezzo, come “We are the world”. La lingua nel fatto musicale non è un limite così grosso. Quanti sono i tormentoni che ascoltiamo e non capiamo nulla?Riguardo la TV, ha ancora un effetto leva sulla gente, però non è che se vado in onda ho un’occasione per forza. Se ti chiama un autore che a malapena sa chi sei ma sa che hai qualche numero e lo può sfruttare per muovere il proprio stagno, e tu devi fare il pagliaccio per 30 secondi non ha senso. Ho risposto se devo fare il cretino faccio quello che dico io (ride). Questo è stato interpretato come un mio essere virtuoso. Invece no, è una questione di volere fare una cosa e la TV non fa bene per forza.

Facebook è stata la catapulta e tu sei arrivato a migliaia di followers. Come hai gestito inizialmente la situazione di essere diventato famoso?
La rete è impressionante. Fai delle cose, le pubblicizzi e non ti rendi conto di quanta gente le veda. La gente ha cominciato a fermarmi per strada, a salutarmi e a sorridermi. Questo è bellissimo, quando mi parlano è meraviglioso. “Bello l’ultimo video che hai postato”, mi dicono. L’altro giorno hanno mandato in onda la canzone su RadioDeejay e hanno commentato la parodia che ho fatto sui Golden Globes durante la premiazione di Rami Malek. Dopo la trasmissione ho scritto un’email a Linus ringraziandolo e mi ha risposto: “SuperVava, avresti dovuto fare tu Bohemian Rapsody”.

In effetti gli assomigli. Il baffo sembra ispirato proprio da Freddie.
È parecchio ispirato da Freddie, anche se il mio papà ha sempre avuto il baffo quindi è di famiglia.

Grazie ai tuoi nonni hai imparato il dialetto locale, che è una vera e propria lingua ma che sta scomparendo tra i giovani. Potrebbe sopravvivere anche grazie a te?
Non sono legato al dialetto in maniera forzata. Faccio anche delle cose che non c’entrano col dialetto. Grazie ai miei nonni l’ho imparato, sì. Spero di dare un piccolo contributo. Ci sono tanti adolescenti che mi seguono e che magari non sono quelli della città. L’adolescente che vive in città è molto diverso da quello che vive in un paese piccolo. Il vero lavoro è di non allargare molto la macchia di scomparsa del dialetto, di oblio. Secondo me sarebbe bello se i ragazzi capissero che è un arma in più. Cent’anni fa si parlava in dialetto perché era l’unico strumento per comunicare, adesso abbiamo tanti strumenti e lingue da imparare e in questo scenario il bergamasco è un’arma in più, che magari non ti porta in America, ma è un contatto con le nostre radici.

Nonostante il bergamasco aspirato, la tua pronuncia britannica è perfetta. Hai vissuto in Inghilterra?
Ho avuto amicizie e ho vissuto in Inghilterra. Tutto il mio inglese salta dalla musica. È passione. Se ti piace una cosa in qualche modo ce la fai.

*Vava77 con capelli e baffi neri e denti sporgenti si mette di nuovo nei panni di Freddie Mercury e prepara un remake tutto italiano della canzone “Somebody to love” per i 20 anni dello Zoo di 105. Il testo per la sigla è stato scritto da Vava77 con lo spirito e l’umorismo che lo contraddistingue, mentre il video divertente che accompagna la rivisitazione della canzone vede partecipi anche tutti i membri della trasmissione radiofonica più ascoltata in Italia nella fascia pomeridiana.